Da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, quasi tutti i giornalisti sono diventati esperti di geopolitica, tutti sembrano sapere tutto della Russia, dell’Ucraina ma anche della Nato, degli USA e della Cina.
Ovviamente, avendo insegnato il diritto e l’organizzazione internazionale per quasi trent’anni, leggo ed ascolto le analisi e i dibattiti dei professori e dei commentatori più qualificati, cioè coloro che presentano un vero curriculum di studi e di esperienze in materia di rapporti internazionali, come per esempio Marta Dassù, Lucio Caracciolo e altri ricercatori di Limes.
Quella che comunemente tutti chiamano geopolitica però, è una tematica così ampia, che è difficile pensare che uno specialista, per quanto anziano e preparato, possa parlare con la stessa competenza di tutte le aree e di tutti i paesi del mondo. Ne nasce una competizione a chi ne sa di più, e lo spettatore televisivo, colui che non è esperto in materia, assiste a interventi e dibattiti nei quali giornalisti e professori fanno a gara per dire la loro, e, per ragioni di audience, alcuni la dicono più grossa di altri, secondo il noto principio che non importa cosa si dice purché si parli di chi lo dice.
La maggiore confusione però nasce dalla commistione fra fatti ed opinioni, perché i fatti sono scarni mentre le opinioni possono essere molto affascinanti e articolate e mettono in rilievo l’analista. Con la guerra in Ucraina, si è sviluppata una pandemia di opinioni che genera soprattutto incertezza e confusione. L’aspetto peggiore però si verifica quando le analisi sono unidirezionali o parziali, perché così chi le propone non informa l’uditorio, ma lo influenza, volontariamente o involontariamente. Si può facilmente immaginare quale sia l’attendibilità di esperti e giornalisti che si azzardano a ipotizzare cosa si sono detti Putin e Xi Jinping nel loro recente incontro, e quanto possano valere queste simpatiche chiacchiere.
Facciamo un esempio più concreto. Dario Fabbri, oggi ospitato in moltissime trasmissioni televisive, è sicuramente un esperto attendibile di geopolitica, come dimostra il suo cospicuo curriculum. Mi ha colpito di recente una sua affermazione: ‘la Cina ha interesse al perdurare della guerra in Ucraina, perché essa indebolisce la Russia e concentra l’attenzione del mondo occidentale, distogliendola dal crescente ruolo della stessa Cina in Asia e nel panorama geopolitico mondiale’.
Questa opinione è rispettabilissima, ma potrebbe non essere l’unica. Avendo personalmente lavorato nel grande progetto cinese denominato Via della Seta, (per conto dell’UNIDO, organizzazione ONU per lo sviluppo industriale) ho potuto constatare da vicino l’immenso investimento che la Cina stava compiendo per creare un corridoio terrestre e marittimo volto a facilitare scambi commerciali e investimenti con l’Europa. L’Europa rappresenta infatti un gigantesco mercato per i prodotti cinesi, ma anche una incredibile opportunità per investimenti e programmi di scambi industriali e tecnologici. Allora ci potrebbe essere una seconda opinione, diametralmente opposta a quella di Dario Fabbri. La guerra in Ucraina potrebbe costituire un grave danno per il progetto cinese, interrompendo, certamente per molti anni, la realizzazione del grande corridoio economico e commerciale.
Voglio dire che Dario Fabbri si sbaglia? Assolutamente no, ma proporre una sola ipotesi, quando ce ne possono essere altre, può essere il risultato o di ignoranza – nessuno può sapere tutto – oppure dell’intenzione di influenzare il pensiero degli ascoltatori per una qualche ragione, come per esempio supportare gli interessi di qualcuno, Putin, la Nato o altri, oppure, più semplicemente, primeggiare rispetto ad altri commentatori. Dario Fabbri è quasi sicuramente in buona fede, ma si può dire lo stesso di molti altri giornalisti ed esperti?
Dicevo ai miei studenti, per promuovere il loro pensiero critico, che se da una piazza si dipartono tre strade ma io dico loro che ce n’è una sola, non li aiuto a capire, anzi in pratica li sto imbrogliando. Al contrario se le descrivo tutte e tre sto spiegando loro che esistono sempre scelte, anche quando sono difficili.
Un buon giornalista (“Guardian”, “Economist”, “Le Monde”) parte sempre dai fatti, quelli che sono incontestabili, per poi suggerire quelle che potrebbero essere le ragioni alla base di quei fatti, e quando avanza opinioni, usa spesso il condizionale. Ovviamente questo tipo di serietà nell’analisi può essere applicato a tutte le scienze umane, dal momento che solo le verità scientifiche – e non tutte – sono incontestabili.
Con la guerra in Ucraina abbiamo assistito a una pandemia della geopolitica che crea confusione, quando non una disinformazione, che distorce intenzionalmente la realtà per qualche tipo di interesse.
E non si deve dimenticare che quella che chiamiamo geopolitica è particolarmente soggetta a quella “Société du spectacle” che il filosofo francese Guy Debord, aveva predetto nel lontano 1967.
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