La nuova Politica Agricola Comune (PAC) è entrata in vigore l’1 gennaio 2023, all’indomani del suo 60° anniversario (1962-2022), con l’assetto definitivo di tutti gli obiettivi già descritti nel mio articolo del 20 novembre 2021.
Dopo la transizione 2021-2022 e con l’approvazione il 31 agosto 2022 dei primi piani strategici dei Paesi dell’UE, a gennaio 2023 la PAC è diventata dunque operativa, tracciando il percorso dei prossimi 5 anni in ciascun Paese comunitario.
Il sostegno alle comunità rurali, agli agricoltori e all’industria agroalimentare nei 27 paesi dell’UE si basa sul quadro giuridico della nuova PAC e sulle scelte specificate nei piani strategici nazionali, una struttura complessa approvata dalla Commissione Europea con una forte impronta ambientale, sulla base del Green Deal europeo – articolato su condizionalità rafforzata, ecoschemi e interventi dello sviluppo rurale per il clima e l’ambiente, con azioni volte a mitigare i cambiamenti climatici e ridurre le emissioni di CO2 – e delle strategie «dal produttore al consumatore» e «biodiversità».
Nel nostro Paese il confronto tra l’Unione Europea, l’Italia e le regioni ha prodotto un piano strategico nazionale (Piano Strategico PAC o PSP) di oltre 3600 pagine. Aiuto al reddito degli agricoltori e competitività restano gli obiettivi principali, ma vengono quindi affiancati da un forte impegno per la sostenibilità ambientale. Per approfondire gli argomenti trattati raccomandiamo la guida scaricabile al seguente link.
Dal 2023 fino al 2025 vi sarà comunque un periodo di sovrapposizione tra le due programmazioni, con la possibilità per gli agricoltori di fare domanda di aiuto sia sul PSR 2014-2022 sia sul PSP 2023-2027.
Le risorse
Le risorse (35,15 miliardi di euro) sono pressoché invariate rispetto alla scorsa programmazione, un dato certamente positivo, e si dividono in tre “pilastri”: pagamenti diretti, con 17,60 miliardi (il 50,1% del totale); sviluppo rurale, con 15,74 miliardi (44,8); sostegno settoriale, con 1,80 miliardi (5,1% del budget).
Mentre pagamenti diretti e sostegno settoriale sono regolati da norme uguali su tutto il territorio nazionale e si suddividono in cinque tipologie di pagamento, lo sviluppo rurale è deciso dalle singole regioni, le quali stabiliscono quali impegni adottare e il budget da allocare per ogni attività.
I pagamenti diretti
I pagamenti diretti sono suddivisi in cinque differenti linee di intervento: sostegno di base al reddito o pagamento di base (1.688 miliardi, 48% del totale); regimi per il clima e l’ambiente o ecoschemi (887 miliardi, 25%); pagamento accoppiato (524 miliardi, 15%); sostegno ridistributivo al reddito (352 miliardi, 10%); sostegno ai giovani agricoltori (70 miliardi, 2%).
Il sostegno di base al reddito non viene quindi più realizzato con l’integrazione pagamento base-greening, ma facendo interagire le diverse misure indicate secondo le caratteristiche delle singole aziende, misure che in diversi modi aumentano l’impegno agricolo sul fronte ambientale.
La cosiddetta «architettura verde» introdotta dalla nuova PAC prevede tre tipologie di impegno ai fini ambientali: condizionalità rafforzata (obbligatoria); pagamenti agro-climatico-ambientali (volontari e parte del secondo pilastro, lo sviluppo rurale); ecoschemi (volontari e parte del primo pilastro).
Il sostegno di base al reddito è l’intervento più corposo e la sua distribuzione avviene per titoli, ma ricalcolati nel 2023 ponendo un tetto di 2000 euro al loro valore massimo (fino al 2022 ne esistevano anche di 42.000 euro), penalizzando chi aveva titoli alti e redistribuendo le risorse sui titoli bassi, in modo che tutti arrivino almeno all’85% del valore medio di 167 euro/ettaro, quindi a 142 euro. Nel 2028 si dovrebbe inoltre arrivare all’eliminazione dei titoli e allo stesso pagamento di base per tutti gli agricoltori.
Il pagamento di base richiede però anche la condizionalità rafforzata, cioè un insieme di adempimenti (9 Bcaa, Buone condizioni agronomiche ambientali – come l’obbligo di rotazione colturale (Bcaa 7) e quello di tenere il 4% dei terreni a riposo (Bcaa 8) – e 11 Cgo, Criteri di gestione obbligatori), per la maggior parte già presenti nella PAC precedente, quindi già rispettati dagli agricoltori, e la condizionalità sociale, cioè il rispetto da parte dell’azienda della normativa sul lavoro e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, norme sinora sanzionate per legge, ma senza la perdita del diritto ai fondi Pac.
Bcaa 7 e Bcaa 8 sono però derogabili in aziende dove il 75% dei seminativi è coltivato ad erba o altre piante erbacee da foraggio, in quelle biologiche, nelle aziende del Sud e in quelle di montagna. In queste ultime la stessa coltura può essere replicata per 3 anni di seguito.
La difficile situazione di mercato conseguente alla guerra in Ucraina e i cattivi raccolti di cereali avvenuti nel 2021 e 2022 hanno determinato l’introduzione dell’obbligo di rispettare la Bcaa 7 soltanto dal 2024.
Gli ecoschemi, che assorbono il 25% delle risorse, sono suddivisi in 5 tipologie di impegni: Eco 1, riduzione dell’antimicrobico resistenza, con la riduzione dell’impiego di antibiotici e l’obbligo di pascolo nelle aziende zootecniche; Eco 2: inerbimento delle colture arboree, con l’inerbimento dell’interfila nelle parcelle dedicate a colture arboree (frutteti, oliveti, vigneti, eccetera); Eco 3, salvaguardia degli olivi di valore paesaggistico, con gli obiettivi di sostenere l’olivicoltura, aumentare la produttività dei sistemi tradizionali e tutelare il territorio. Prevede un premio ad ettaro per le superfici olivetate di particolare valore paesaggistico e storico, con gli obblighi di potatura biennale, di non bruciare i residui in loco e di non modificare la struttura dell’oliveto, ad esempio con infittimento delle piante; Eco 4, avvicendamento colturale nei sistemi foraggeri estensivi di due categorie di colture: leguminose, foraggere e da rinnovo, senza limiti di avvicendamento, altre colture, principalmente cereali a paglia, che non possono succedere a loro stesse; Eco 5, misure specifiche per gli impollinatori, per tutelare l’apicoltura, a forte rischio per l’uso di diserbanti chimici e altri prodotti fitosanitari in fioritura, applicando nel resto dell’anno la difesa integrata e dedicando almeno 0,25 ettari alla semina delle essenze di interesse apistico.
Il pagamento accoppiato è al terzo posto nell’utilizzo delle risorse del primo pilastro (15%), con specifici aiuti per capo di bestiame o per specifica coltura che hanno come obiettivo quello di agevolare determinate produzioni strategiche per il Paese o in sofferenza. Il 42% delle risorse è destinato alla zootecnia, mentre sul fronte delle produzioni vegetali è indirizzato a colture particolarmente redditizie, quali la barbabietola da zucchero o il riso. Per ottenere il pagamento accoppiato occorre il rispetto di alcuni obblighi, come l’impiego di sementi certificate o l’adesione a contratti di filiera o di certificazione della qualità.
Il sostegno ridistributivo al reddito (10% delle risorse) di fatto serve a sostenere le aziende medio-piccole, considerando il loro stretto legame col territorio e la loro fragilità nei momenti di crisi, anche se un’azienda può ottenere tale aiuto per non più di 14 ettari.
Il sostegno complementare al reddito per i giovani agricoltori è l’ultimo strumento del primo pilastro (2% delle risorse) e viene erogato su un massimo di 90 ettari per ogni anno fino a un massimo di 5 ad agricoltori con le seguenti caratteristiche: entro i 40 anni, capo azienda, con adeguata formazione e competenza, con diritto all’aiuto di base, con ettari ammissibili.
Lo sviluppo rurale
La programmazione affidata alle regioni ha ceduto oggi il posto al piano strategico nazionale, all’interno del quale vengono elencate le politiche di sviluppo rurale delle singole regioni o province autonome, riunite nel CSR, Complemento Regionale per lo Sviluppo Rurale.
La gestione delle domande e la suddivisione delle risorse rimane regionale (bandi, graduatorie, assegnazione dei fondi e controlli). Le vecchie misure sono sostituite dalle tipologie di intervento, identificate con lettere dalla A alla H: A, impegni in materia di ambiente e di clima e altri impegni in materia di gestione; B, vincoli naturali o altri vincoli territoriali specifici; C, svantaggi territoriali specifici derivanti da determinati requisiti obbligatori; D, investimen ti, compresi gli investimenti nell’irrigazione (ex misura 4.1); E, insediamento dei giovani agricoltori e avvio di nuove imprese rurali (ex misura 6.1); F, strumenti per la gestione del rischio; G, cooperazione (ex Misura 16); H, scambio di conoscenze e diffusione dell’informazione.
La singola regione sceglie, per ogni tipologia di intervento previsto dallo Stato, l’impegno da attivare.
La nomenclatura degli impegni è anch’essa differente, ad esempio il premio al biologico viene identificato con il codice SRA 29. dove SR indica «sviluppo rurale», A indica la tipologia (gli impegni ambientali), 29 identifica l’intervento specifico, in questo caso il biologico. Se cambiano i termini, nella sostanza però il secondo pilastro finanzia gli stessi interventi previsti dal passato PSR.
Gli interventi a sostegno di settori specifici
Il terzo strumento è stato ideato per l’aiuto a specifici settori dell’economia agricola europea, nel caso dell’Italia i prodotti ortofrutticoli, quelli per l’apicoltura, il comparto vitivinicolo, quello del luppolo, quelli dell’olio d’oliva e delle olive da tavola.
Nella PAC 2023-2027 risorse specifiche sono state poi assegnate alla filiera pataticola, per ridurre lo squilibrio sul fronte dell’export.
In conclusione: una struttura ambiziosa, quella della nuova Politica Agricola Comune, che mira a un’agricoltura con evidenti caratteristiche di impresa, vista la quantità e diversificazione delle misure previste, e nello stesso tempo costituisce una sfida per un futuro di maggiore benessere ambientale e salvaguardia delle comunità rurali.
Immagine di apertura: Fioritura delle lenticchie, Castelluccio di Norcia, foto di E. Scarponi, Unsplash