Il termine transizione, assai in uso per varie trasformazioni del nostro tempo, ha in genere un significato promettente e positivo. Le transizioni ecologiche, energetiche, digitali ricevono opportuna attenzione nelle scelte politiche e nei modelli economici e sociali.

Una grande mostra dal titolo Transizioni, ora al Palazzo Reale di Genova, invita a riflettere sui grandi cambiamenti iniziati nel nord ovest italiano con l’industrializzazione verso la metà del XIX secolo, e proseguiti nel XX secolo e oltre. Organizzata dalla Fondazione Ansaldo, la mostra utilizza il materiale dell’Archivio Storico Ansaldo, raccolto nei 140 anni di storia della grande società industriale genovese, confluita nel 1993 nella Finmeccanica.

Lungo tutta la mostra, una serie di pannelli rossi illustrano le trasformazioni sociali che nel tempo hanno accompagnato le transizioni economiche e industriali. Nel pannello rosso del decennio 1880-90 si legge: “Non si concepisce il concetto di ascesa sociale. Lo status nella comunità è già deciso dalla nascita e cambiarlo, o migliorarlo, appare inconcepibile, un attacco all’ordine costituito”.

I pannelli rossi successivi, sempre sugli aspetti sociali e uno per decennio, raccontano il lento itinerario della costruzione di un welfare e i tentativi di introdurre, specie attraverso la scuola, un possibile ascensore sociale. Le difficoltà di questo itinerario e le sue battute di arresto si intrecciano con le vicende del paese.

Quando ho visitato la mostra Transizioni, con il menzionato pannello rosso 1880-90, avevo da poco appreso alcuni recentissimi dati numerici, che evidenziano l’attuale stato di fatiscenza, se non di rottura, dell’ascensore sociale.

Mi riferisco ai dati contenuti nel Rapporto sulle disuguaglianze in Italia, realizzato dalla Fondazione Cariplo e presentato a Milano il 28 marzo scorso. Circa cento pagine, con il sottotitolo, e una consistente parte, su “la crescita e i percorsi di istruzione”.

I dati sulle disuguaglianze sono in genere espressi dall’indice di Gini, l’indicatore più accreditato a livello internazionale. Introdotto poco più di un secolo fa dallo statistico Corrado Gini, l’indice di Gini misura le disuguaglianze di reddito o di ricchezza in una scala fissata, che spesso si sceglie da zero a cento. Il valore minimo zero è per un ipotetico contesto di uguaglianza assoluta, il valore massimo cento per un altrettanto ipotetico contesto in cui tutta la ricchezza è concentrata in un unico soggetto. Impressionante in Italia la crescita dell’indice di Gini dei redditi prima dell’intervento pubblico, ovvero dei redditi al lordo di imposte e sussidi. Secondo i dati del World Inequality Database, tale indice di Gini lordo è passato in Italia da 35,4 nel 1980 a 38,8 nel 1990, a 42,6 nel 2000, a 43,0 nel 2010 fino a 44,4 nel 2021.

Corrado Gini, by no coneguts
Wikimedia Commons

Forse più esplicitamente, una tabella del Rapporto illustra l’evoluzione negli ultimi quarant’anni della distribuzione dei redditi e della ricchezza. Nel 1980, il reddito lordo era percepito per il 26% dal 50% più povero della popolazione e per il 5,5% dall’1% più ricco. Nel 2021 il reddito lordo è invece solo del 20,7% per il 50% più povero e arriva al 8,7% per l’1% più ricco. Variazioni ancora maggiori si hanno per la distribuzione della ricchezza, nel 1980 posseduta per il 10,2% dal 50% più povero e per il 16,4% dall’1% più ricco. La distribuzione della ricchezza passa nel 2021 al 2,5% per il 50% più povero e al 22,1% per l’1% più ricco.

Come accennato sopra, una parte consistente del Rapporto si concentra su scuola e formazione. Del tutto nuovo lo studio dell’evoluzione, dalla seconda elementare alla terza media, di gruppi di bambini e ragazzi di provenienza familiare e sociale diversa. Questo studio evidenza la difficoltà assai maggiore degli studenti con origine sociale svantaggiata a mantenere eventuali buoni risultati iniziali e ancor più a migliorare i risultati, se inizialmente meno soddisfacenti. Altre analisi riguardano il confronto di competenze non cognitive, p. es. la fiducia in sé e la visione che i ragazzi hanno del loro futuro.

Barra, Neaples by Leviver, CC BY 2.0

Nell’interessante presentazione del Rapporto, alcune interviste a bambini e ragazzi mostrano che chi proviene da un ambiente più svantaggiato vede spesso il suo futuro nella stessa città o anche nello stesso quartiere. A differenza di chi proviene da famiglie e contesti con più possibilità, che tende non di rado a immaginare un futuro di cittadino del mondo.

Nella stessa presentazione, l’intervento del Cardinale Zuppi sottolinea come il Rapporto non sia per gli addetti ai lavori, o per alcune categorie, ma sia per tutti. Non solo perché le disuguaglianze non riguardano “altri”, i più svantaggiati di noi, ma ci riguardano tutti poiché il futuro si costruisce insieme, investendo sulle persone. Soprattutto sui giovani: bambini e ragazzi, oggi assai meno numerosi che in passato, e ostacolati dalla rottura di un ascensore sociale, che nell’interesse di tutti dovrebbe funzionare al meglio.

Il Cardinale Matteo Maria Zuppi

Il Cardinale Zuppi ci ricorda opportunamente l’articolo 3 della Costituzione: È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Dopo aver evidenziato l’anacronistica retorica sul merito, ci ricorda altresì che nel 2023 ricorre il centenario della nascita di don Lorenzo Milani: la famosa “professoressa” cui fu scritta la lettera possiamo essere un po’ tutti, preoccupati del nostro ambiente di riferimento e dei nostri “clienti”, che pensiamo ci siano sempre.

Non possiamo dunque accettare il “pugno nello stomaco” rappresentato dal Rapporto sulle disuguaglianze e dalla rottura dell’ascensore. Di qui l’invito alla consapevolezza, all’impegno, e perché no anche a sognare. Guidati, conclude il Cardinale Zuppi, dalle altissime parole di Papa Francesco: “Sogniamo insieme perché sono stati proprio i sogni di libertà e di uguaglianza, di giustizia e di dignità, i sogni di fraternità a migliorare il mondo, e sono convinto che attraverso questi sogni passa il sogno di Dio per tutti noi, che siamo suoi figli”.

 

Immagine di copertina “minding the gaps” by Chris Wolcott, CC BY 2.0