La crisi del clima attraversa popoli e Paesi con una velocità ineffabile. Lo scoramento generale che ha preso giovani e meno giovani durante la pandemia equivale – punto più, punto meno- a quello provocato dai continui stravolgimenti atmosferici. E’ banale ripetere che le attività umane hanno contribuito ( e purtroppo contribuiscono ancora) ad alterare l’equilibrio del pianeta. La banalità del concetto, però, è pari alla sua drammaticità. Giova anche misurarla per capire chi resta dentro lo scoramento e chi riesce a starne fuori con una vena di ottimismo. L’ottimismo coincide con la capacità degli uomini di fermare la catastrofe ambientale rendendo, appunto, lo sviluppo dei prossimi anni, sostenibile.

inquinamento in città

Inquinamento urbano- Pixabay

L’Europa è al centro di un riscatto ambientale i cui esiti, purtroppo, non sono scontati. Il Continente è attraversato in ogni stagione dell’anno da fenomeni di tutti i tipi che provocano migliaia di morti. Le opzioni climatiche sono diventate strategie di lungo periodo, come abbiamo scritto più volte. Deve essere chiaro che senza cittadini consapevoli non si costruisce un sistema nuovo. L’Agenzia Yugov recentemente ha condotto un’indagine pubblicata dal quotidiano The Guardian per scoprire chi e quanto tra sei Paesi (non tutti Ue) fosse disponibile a cambiare il proprio stile di vita in favore dell’ambiente. L’indagine non era facile per due principali ragioni. La prima che in ogni Paese ci sono abitudini consolidate che cambiano da zona a zona, da Nord a Sud, da Est ad Ovest, da Regione a Regione. Le abitudini rappresentano la cultura di un popolo, tradizioni che mutano di generazione in generazione per questo poco catalogabili. La seconda ragione, riguarda il clima, la tutela dell’ambiente, la governance dei territori. I Paesi hanno differenze profonde sia per i fenomeni naturali che per la prevenzione e le politiche ambientali. Le classi dirigenti hanno responsabilità enormi e, tuttavia, c’è chi va in una direzione e chi in un’altra. Non bisogna essere indulgenti con coloro che remano contro. I risultati del sondaggio hanno riconosciuto agli italiani la maggiore flessibilità nel modificare lo stile di vita, pur di non soccombere a inquinamento, ad emissioni di anidride carbonica, a mobilità non pulita. Un successo, forse inatteso. Ma l’Italia ha bisogno anche di credere di più in se stessa.

automobilista Pixabay

automobilista Pixabay

L’81% degli intervistati vuole adoperarsi come privato cittadino nel cambiare abitudini e spese per abbattere l’ansia da inquinamento. Francesi, spagnoli, inglesi, tedeschi e svedesi sono tutti dietro gli italiani con percentuali che oscillano tra il 60 e il 70%. Ci si può compiacere di un simile risultato ? Certo che no, perché pur esprimendo la propria disponibilità a cambiare modo di vivere e relazionarsi, è sempre necessario avere politiche ed azioni pubbliche. Le misure che comportano meno sacrifici sono le più suggerite, ha commentato il sito Rinnovabili.it. Ma l’Italia è un Paese più complesso di Svezia e Germania. La burocrazia, per esempio, che resta asfissiante su ogni azione pubblica. Peggio ancora quando si tratta di far rispettare norme ambientali che vanno applicate in maniera tempestiva e cogente. Se per vivere ( e respirare ) meglio bisogna piantare alberi, come vuole anche la transizione ecologica, non basta metterne a dimora qualcuno nel proprio giardino. Ci voglio alberi pubblici, nelle scuole, lungo i viali, nelle piazze e la responsabilità è dei poteri pubblici. Gli italiani dicono di preferire case efficienti,  di saper rinunciare alla plastica usa e getta, meglio dei francesi e dei tedeschi. Allo stesso modo i tedeschi dicono che non amano mangiare frutta e verdura di stagione, quindi prendono prodotti già preparati. La cucina Made in Italy è apprezzata in tutto il mondo. Guarda caso, per vivere in un ambiente più salubre, gli italiani dichiarano di saper fare a meno di carne e latte. Sono disposti a camminare di più a piedi e in buona salute rinunciando perfino (!) all’automobile. Poi, nonostante il caos dei mezzi pubblici e le storiche proteste verso le aziende di trasporto, romani, milanesi, torinesi e via elencando, sono favorevoli all’uso di bus, metro e tram. Sono al secondo posto dopo gli spagnoli. L’opinione dei cittadini è più radicale di quella della classe dirigente ?  Realmente i nostri concittadini sacrificano riti contemporanei per salvare il pianeta ?  Si può non credere ai sondaggi, ma  non ricordo chi ha detto che i numeri non sono nulla, sono le persone che contano davvero.