Ci sono minacce che l’Europa non ha saputo prevenire, permettendo che i suoi porti più importanti diventassero l’architrave di un’evoluzione criminale mai vista prima, e altre a cui ha reagito con dinamismo, creando una collaborazione per contrastare le reti di telefonia criptata che hanno permesso l’ascesa dei nuovi narcos. Sono due volti della risposta alla metamorfosi dei clan descritta nel libro-inchiesta Macro Mafia, che mette in luce la mafia nel futuro: il potere sta già passando dai vecchi boss ai broker, figure capaci di rivoluzionare il traffico di cocaina grazie ad organizzazioni logistiche e finanziarie di portata mondiale. Una storia che può apparire incredibile: il patto tra quattro quarantenni venuti dal nulla – un olandese, un irlandese, un bosniaco e un italiano – e arrivati nel giro di un decennio a dominare una fetta rilevante del mercato della droga, comportandosi come una sorta di Opec in grado di stabilire quantità da smerciare e prezzi nell’intero continente.
Mentre le attenzioni delle polizie erano rivolte alle famiglie calabresi o alle cosche albanesi, questi padrini del Terzo Millennio hanno aperto una nuova rotta che dal Sud America fa sbarcare tra i container di Anversa, Rotterdam e Amburgo quantità incredibili di stupefacenti: i sequestri record registrati – 70 tonnellate in un anno nel porto olandese, 100 in quello belga – testimoniano solo lo tsunami di polvere bianca che sta invadendo il continente. Il più importante è Daniel Kinahan, nato a Dublino, che ha potenziato le attività criminali del padre trasferendole prima in Spagna e poi negli Emirati: attualmente è il most wanted della Dea statunitense, che lo considera di gran lunga più pericoloso di qualsiasi narcos colombiano o messicano, tanto da mettere su di lui una taglia da cinque milioni di dollari. Poi c’è Edin Gaçanin, noto con il soprannome di Tito i Dino, che evoca le sue origini jugoslave e la sua passione per le Ferrari, partito dagli orrori di Sarajevo per costruire una filiera completa della cocaina: dalla produzione nelle vallate peruviane, al trasferimento via nave e quindi alla commercializzazione. Quindi Ridouan Taghi che nella provincia olandese ha messo su una gang con un livello di infiltrazione e ferocia tale da terrorizzare l’intera nazione: Peter R. de Vries, tra i più famosi giornalisti televisivi che indagava sulle sue attività, è stato assassinato nel centro di Amsterdam. Infine Raffaele Imperiale, figlio di un piccolo imprenditore campano che dai ristoranti sparsi per l’Europa si è dedicato ai rifornimenti di cocaina per i boss della camorra: teneva in casa due quadri di Van Gogh trafugati nei Paesi Bassi.
Sono criminali cosmopoliti, non legati a un territorio o a un Paese, la cui storia però è accomunata da alcune tappe come i Paesi Bassi, il luogo dell’importazione, e Dubai, il rifugio di lusso che per anni li ha protetti dai mandati di cattura. Hanno portato avanti i loro affari dai grattacieli dorati del Golfo, comunicando esclusivamente attraverso le chat di telefonini criptati.
Proprio il sequestro dei server usati dai cellulari a prova di intercettazione ha fermato l’ascesa di questa Macro Mafia: i messaggi, decifrati e condivisi tra le polizie della Ue, si sono trasformati nelle prove per incriminarli e hanno convinto le autorità emiratine a farli arrestare. Due di loro sono però ancora liberi e una nuova leva li sta già rimpiazzando, facendo dei broker l’evoluzione della specie che globalizzerà le dinamiche criminali e cambierà per sempre il modo di agire delle mafie.