Eternamente giovane, questo sembra essere il destino di Daniel Cohn Bendit, che di anni oggi ne ha 78, ma essendo stato uno dei principali leader del Movimento studentesco del ’68 in Francia è rimasto nell’immaginario collettivo… eternamente giovane. Forse per questo tutti lo chiamano ancora “Dany”, alcuni Dany il rosso, anche per i capelli ramati, alcuni il verde, anche se negli anni questo uomo politico franco tedesco ha acquisito una grande esperienza, soprattutto a livello europeo, ed è diventato tra gli uomini più popolari sia in Francia che in Germania. Ed è a lui, che è stato membro del Parlamento europeo dal 1994 al 2014, presidente insieme a Monica Frassoni del gruppo Verde dal 2002 e grande sostenitore dell’ideale federalista, che rivolgiamo qualche domanda sulle prossime elezioni europee ed in particolare su qual è la posta in gioco principale di quelle consultazioni.
Il dibattito sull’Europa oggi non è più lo stesso di vent’anni fa quando si parlava ancora di Costituzione europea, di una Europa sempre più integrata e quindi alla fine un’Europa federale. Oggi invece le sfide a cui siamo confrontati a partire dalla pandemia che in quanto tale resta quindi sempre un’ipotesi possibile, oltre alla sfida climatica e naturalmente la guerra in Ucraina, ridefiniscono completamente la necessità di avere un’Europa e di conseguenza il dibattito su come riformare e far progredire l’Europa.
Da notare poi che dopo il Brexit ma anche dopo l’esperienza delle sfide appena citate, in pratica nessuno oggi vuole più uscire dall’Europa. Né Meloni e neanche Le Pen che adesso vogliono un’Europa con poteri nazionali rinforzati, ma non chiedono più per esempio l’uscita dall’Euro. Il dibattito quindi non è più se sì o no all’Europa ma quale Europa e come riorganizzare le due sovranità, quelle nazionali e quella europea.
Negli ultimi anni per esempio abbiamo visto che c’è bisogno di una sovranità europea in materia di difesa, e ce ne è stato bisogno in materia sanitaria, e anche per la politica industriale, oltre ad un coordinamento europeo per la lotta contro il cambiamento climatico.
Credo quindi che sarà intorno a questi temi che si articolerà il dibattito in vista delle prossime elezioni europee, su quale intensità di sovranità europea a fronte delle sovranità nazionali.
Cosa pensi della possibilità di costituire una coalizione “Semaforo”, (giallo, rosso e verde/ liberali, socialisti e verdi n.d.r.) come quella che sostiene l’attuale governo tedesco, nel prossimo Parlamento europeo dopo le elezioni?
Naturalmente le forme di coalizioni politiche non possono mai essere le stesse a livello nazionale e a livello europeo e comunque è ovvio che i sovranisti, quelli che non vogliono uscire dall’Europa ma ridurla ad uno “stretto minimo” non saranno maggioranza nel prossimo Parlamento europeo.
Allo stesso tempo non credo ci potrà essere una maggioranza che esclude i popolari del PPE, ecco perché secondo me la coalizione semaforo non potrebbe esistere a livello europeo. Quello che credo è che il PPE cercherà di ridurre il più possibile i consensi dei sovranisti estremisti e quindi si spingeranno molto lontano nella loro campagna elettorale per dire, per esempio, che ci vuole meno green deal. Credo che dopo le elezioni europee il PPE vorrà formare una nuova alleanza con le forze di destra, le più accettabili, in particolare secondo il suo leader Manfred Weber che ha già cominciato a lavorare in questa direzione. Di questa alleanza potrebbe sicuramente far parte il partito di Giorgia Meloni, perché Meloni ha comunque compiuto una evoluzione incredibile sia sull’Ucraina, sull’Europa o sull’Euro, e anche perché Meloni non è Salvini, e quindi il PPE cercherà di formare un’alleanza che possa comprendere Orban, Meloni etc e andare il più a destra possibile per poter rimanere il partito più forte all’interno del Parlamento europeo, ed essere il partito “inevitabile”, necessario per qualunque coalizione.
Ma su questo assisteremo ad una lotta molto serrata tra Weber e Von der Leyen per la prossima presidenza della Commissione europea.
Credi che Von der Leyen rimarrà presidente della Commissione europea anche nella prossima legislatura?
La candidatura di Von der Leyen continua secondo me ad avere un senso perché lei è quella che ha saputo affrontare tutte le crisi ed in effetti Von der Leyen rappresenta la linea più aperta e liberale della Democrazia cristiana tedesca, come lo era già quando era ministro in Germania, e quindi la lotta nel PPE sarà tra una linea più aperta e liberale e una linea più dura sull’immigrazione su tutti gli altri argomenti cari ad una destra più dura.
In Italia si è parlato su qualche giornale di una candidatura alla Presidenza della Commissione europea del ministro degli Esteri e vice premier Tajani, cosa ne pensi?
Tutti i paesi cercano un candidato presidente loro. Ma vorrebbe dire che dovrebbe essere o Scholz o Macron a proporre Tajani. Così come è successo in passato, perché vale la pena ricordare per esempio, che all’epoca di Delors non è stato Mitterand a proporlo come presidente della Commissione europea ma lo propose Kohl. Anche nel caso della candidatura di Von der Leyen non sono stati i tedeschi a proporla ma è stato Macron. Lo so bene perché all’epoca, quando ci parlavamo ancora, ho sostenuto l’idea della candidatura Von der Leyen proprio sottolineando i temi del green deal e non so se è stato proprio per questo ma comunque è stato poi Macron a proporla. Nel caso di Tajani forse i polacchi potrebbero avanzare una candidatura proveniente da Meloni, comunque bisognerà aspettare i risultati delle elezioni in Polonia.
In ogni caso continuo a pensare che Von der Leyen potrebbe benissimo rimanere alla testa della Commissione perché è riuscita, in frangenti molto difficili, a negoziare e conciliare le posizioni dei 27, stabilizzando le risposte europee anche nell’urgenza come imposto dalla pandemia, dalla guerra in Ucraina e anche sul green deal.
Tornando al futuro dell’Europa credi che in questo contesto sarà ancora possibile superare il voto all’unanimità al Consiglio dei ministri dei 27?
Credo che in effetti si troveranno dei modi per superare lo scoglio del voto all’unanimità. Ma non si potrà rimettere la cosa in discussione apertamente ma si troveranno altre strade per superarlo. Lo vediamo adesso per esempio sull’immigrazione, non c’è bisogno di un voto unanime dei ministri dell’Interno, oppure anche sul green deal, si riescono a trovare dei compromessi.
Quindi credo che il Consiglio europeo cercherà di allargare il campo di applicazione del voto a maggioranza qualificata senza rimettere in discussione apertamente la questione dell’unanimità. Per rimettere in discussione questa regola bisognerebbe arrivare ad una realtà di Europa della sicurezza e della difesa con una forza di intervento europea, sia militare che civile, e questo porterebbero alla necessità di prendere decisioni solo a maggioranza. In quel caso non si potrebbe più continuare con l’unanimità ma questo sarebbe l’ultimo baluardo da superare e comunque sarebbe un processo molto lento.
A proposito di guerra e con la tua esperienza nei movimenti studenteschi, qual è la tua posizione personale sulla guerra in Ucraina?
È molto semplice, Io sono nato grazie ad un intervento militare, se gli alleati non fossero sbarcati in Normandia i miei genitori non avrebbero mai fatto un secondo figlio! Sono stato concepito dopo lo sbarco in Normandia nell’estate 44 e io sono stato in aprile nel ’45.
Quindi per me non è stato un problema essere a favore per esempio dell’intervento in Bosnia e non è un problema oggi difendere l’integrità dell’Ucraina. Per me questo fa parte della difesa dei valori fondamentali per le quali sono state create le Nazioni Unite e si sono create tutte le strutture per la gestione geopolitica nel dopoguerra.
Mentre permettere ad un paese come la Russia di invadere ed occupare sarebbe come ritornare indietro, prima della creazione dell’ONU.
Foto di apertura: Daniel Cohn-Bendit (2018) – Foto da wikipedia.org – CC BY-SA 2.0