“E adesso, pover’uomo?”. Ci viene in mente di riecheggiare il titolo di un dimenticato romanzo di Hans Fallada, recentemente ripubblicato da Sellerio, per evocare lo stato d’animo dei 169.000 italiani, rispondenti ad altrettanti nuclei familiari, che hanno ricevuto la disdetta del reddito di cittadinanza attraverso l’antiquato ma sempre funzionale mezzo di comunicazione via Sms. E ci è venuta pure in mente una frase del pluri-miliardario Warren Buffett: “Si sta combattendo ogni giorno la guerra tra ricchi e poveri. E la stanno vincendo i ricchi”. La diffidenza per la misura sembra ispirata da una guerra tra poveri. Tra poveri che guardano con sospetto altri poveri o ricchi che non sopportano che i poveri possano diventare meno poveri. Lo stesso sospetto che circonda i migranti (“Ci vengono a togliere il lavoro, insidiano le nostre donne, peggiorano la nostra razza, sfruttano i nostri servizi sociali, etc.”). L’atavica diffidenza italiana questa volta è rivolta contro una misura di sostegno che è universalmente diffusa in Europa e, ca va sans dire, adottata da tutti i paesi più progrediti.
Conoscete altri ritrovati per combattere la povertà che non siano ovviamente gli adottandi provvedimenti palliativi del Governo? Che poi ovviamente nel Paese di Pulcinella gli stratagemmi per entrare nella rete di solidarietà sono stati vari ed eccentrici. Però le irregolarità, le truffe, riguardano solo l’1% dei beneficiati. C’è un’analoga percentuale di legalità nei controlli sulle aziende? Assolutamente no, ma il grande capitale non si tocca. Un 99% di aventi diritto è un dato rassicurante, eppure smontato dalla demagogia del nuovo Governo che offre patenti di occupabilità a chi occupabile non sarà mai e per svariati motivi. Così centinaia di migliaia di persone vengono sospinte verso l’abisso della precarietà, della lotta per la sopravvivenza. E immaginiamo come tutte queste persone possano essere manodopera appetibile per le mafie. Quello che rimane di Cosa Nostra in Sicilia, dell’operatività della camorra in Campania. Così lo Stato sminando il provvedimento, invece che migliorarlo, spinge verso l’anti-Stato se non proprio verso la secessione. E chi si reca nel Comune di residenza per implorare un sostegno scopre che anche i fondi di sussidio municipali sono stati progressivamente svuotati. Mutatis mutandis l’onda revisionista sul reddito sostitutivo è la stessa che mette un potente freno a un’altra misura che l’Europa ha tempo sposato. Sul salario minimo la Meloni cocciutamente prende tempo. Parliamo di una cifra di nove euro lordi non paragonabili ai 12 euro base della Germania. L’Italia anche sul versante dei diritti civili viaggia in terza classe nel continente europeo. Se aboliamo il reddito integrativo svuotiamo la dignità nel virtuale disconoscimento di una cittadinanza, nei fatti meno che passiva. Il libro di Fallada contiene un triste ammonimento e/o presentimento. Il pover’uomo del romanzo è coevo al nazismo, possibile soluzione di tutti i mali. Uno scenario inquietante per l’Italia di oggi. Sette giorni dopo l’invio dei famigerati sms (quanto saranno costati allo Stato?) la Ministra Calderone ha dovuto ammettere che il 65% dei poveri che hanno perso il reddito di cittadinanza è attualmente senza copertura sociale. E chi mai se ne preoccuperà?
Foto di apertura di Frantisek Krejci da Pixabay