Le esperienze personali segnano e forgiano di più degli eventi pubblici. E lasciano un pensiero indelebile su chi si incontra. Dieci anni di permanenza su facebook non mi avevano fatto capire sulla creatura di Zuckerberg quanto la perdita dell’account dovuta ad hackeraggio. Succede che un giorno un’amica di FB (realmente una conoscente) mi chiede aiuto per attivare un nuovo smartphone sul social network. Aderisco alla richiesta (e non ho rimpianti) anche perché in passato una modalità di facebook per validare un account richiedeva il contributo degli amici (scoprirò nell’attualità che la modalità è stata abolita). Le passo dunque un codice che mi viene inviato da fb. In pochi secondi perdo l’account, comprensivo di mail, telefono di riferimento e password. Scoprirò poi che sono stati hacker nigeriani a compiere l’operazione utilizzando il messenger della mia amica conoscente, probabilmente ignara dell’operazione. Inizia il piccolo calvario che perdura da quindici giorni. Decine di segnalazioni a facebook dell’account compromesso, messa a regime della funzione “aiuta Daniele” da parte di veri amici sensibili. Invio continuato di mail alla security di facebook (anche in inglese) per descrivere quanto successo. Risultati? Nessuno.
Il social network che è pronto a bloccarti se mostri un quadro d’autore con un nudo, rispettando una policy molto americana del politically correct non interviene sulla policy di un profilo. Nonostante che sullo stesso i miei hacker vendano bitcoin, macchine, infanghino la mia reputazione per creduloni a buon mercato. Per cautelarmi mi reco alla Polizia di Stato di viale Trastevere a Roma e sporgo una denuncia querela contro ignoti. Ne mando ovviamente copia a facebook perché c’è in ballo il penale e si rischia il carcere per un reato del genere. A dire della gravità dello stesso mi chiedono se voglio nominare un avvocato difensore. Peraltro non c’è da aspettarsi che Polizia postale e facebook collaborino sul caso, sono due entità separate. Ora un social network che regola la vita di alcuni miliardi di persone e che ha un corpo vigilante anche in Italia si rivela disastrosamente assente. Col passare dei giorni ridimensiono la perdita dell’identità anche se in quel pacchetto ci sono i contatti con 4.200 amici, innumerevoli video, un grande pezzo di passato e ricordi la cui proprietà intellettuale dovrebbe appartenere a me e non al mezzo. Basterebbero pochi secondi a facebook per mandarmi un codice per cambiare la password, permettermi di ripristinare mail e telefono. Ma non lo fanno. Ogni giorno che passo ridimensiono la gravità dell’accaduto e mi rendo sempore più conto conto dei limiti della virtualità costruita su un algoritmo. Un esempio. Se scrivo frasi forti contro la guerra queste vengono lette con algoritmo e modalità random solo da alcuni iscritti a facebook della mia cerchia e non certo dai 4.200 “presunti amici”. La labilità e la perforabilità del sistema è palese. Un limite strumentale evidente che per ora mi fa desistere dall’idea di creare un nuovo profilo anche perché il vecchio persiste seppure congelato e abbandonato anche dagli hacker. Due Daniele Poto in circolazione. Forse anche uno solo è di troppo! Sappiatelo anche voi, se vi succederà sarete abbandonati da facebook su un’isola deserta.
Foto di apertura: Mohamed Hassan da Pixabay