Per gentile concessione di ‘The Watcher Post’, cui era destinato e che l’ha pubblicato la mattina del 19 Ottobre: https://www.thewatcherpost.it/news/guerra-israele-hamas-biden-non-innesca-la-de-escalation-tensione-resta-altissima/

Era già una missione difficile. La strage dell’ospedale l’ha trasformata in una missione impossibile. Risultato: qualche progresso sul fronte umanitario, ma nessun effetto di de-escalation nell’area, dove la tensione resta altissima.

Il presidente Usa Joe Biden, ieri (17/10) in Israele per appena otto ore, ha incontrato il premier israeliano Benjamin Netanyahu, ma non ha visto, come progettava, gli interlocutori arabi, il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen, il re di Giordania Abdallah II e il presidente dell’Egitto Abdel Fattah al Sisi.

Il bombardamento dell’Al-Ahli Arabi Baptist Hospital di Gaza, rifugio di molte famiglie, ha fatto, secondo fonti palestinesi, 471 vittime e oltre 300 feriti – molti i bambini – e ha innescato reazioni pro Palestina nel Mondo arabo, nonostante la dinamica della tragedia non sia chiara.
Peggiora pure la situazione al confine tra Israele e il Libano: ieri, ci sono stati scambi di colpi lungo la Linea Blu di demarcazione tra i due Paesi. L’Arabia Saudita consiglia ai suoi cittadini di lasciare il Paese dei Cedri.

Israele diviene terra di pellegrinaggio: solidarietà e invito alla moderazione. Prima di Biden, c’era stato il cancelliere tedesco Olaf Scholz; subito dopo arriva il premier britannico Rishi Sunak.

“View of NYC’s Twin Tower” di CreeKree is marked – Pubblico dominio Mark 1.0.

Il primo incontro tra Biden e Netanyahu è avvenuto in diretta televisiva: Netanyahu ha paragonato l’attacco terroristico di Hamas ai civili israeliani del 7 ottobre a “venti 11 settembre 2001” e la lotta contro l’organizzazione islamista palestinese alla lotta contro l’Isis.

Biden lo ha rassicurato: “L’America piange con voi. Continueremo a sostenervi”, ricordando, però, che Hamas non è tutto il popolo palestinese. “Giustizia deve essere fatta – ha detto Biden -… Ma, fin quando la rabbia vi brucia dentro, non fatevi consumare da essa”. Tra i due, i rapporti personali non sono eccellenti, fin dai tempi dell’Amministrazione Obama.

Biden ha annunciato un pacchetto “senza precedenti” di aiuti militari a Israele, ma ha pure ottenuto il via libera all’apertura del valico di Rafah per una missione umanitaria su Gaza, chiesta dagli Usa anche perché ciò permetterà di evacuare i palestinesi con doppia nazionalità bloccati nella Striscia. Gli aiuti Usa promessi a Gaza valgono 100 milioni di dollari.

L’accordo prevede l’ingresso nella Striscia di 20 autotreni con aiuti umanitari, 12 giorni dopo che Israele ha sigillato l’area, bloccando a 2,3 milioni di persone l’accesso a viveri, energia, medicinali.

Le forze armate israeliane negano il bombardamento dell’ospedale e accusano la Jihad Islamica, una fazione armata presente nella Striscia, un tempo concorrente, ma ora alleata con Hamas (ha pure partecipato agli attentati del 7 ottobre). Argomenti e documenti dell’una e dell’altra parte sono al vaglio di giornalisti e fact-checkers: non ci sono per ora prove inequivocabili del coinvolgimento d’Israele o dei palestinesi.

Le fonti militari israeliane hanno pubblicato un video che mostrava, apparentemente, l’esplosione in volo di un razzo sparato da Gaza. L’orario del filmato però non corrispondeva all’ora degli eventi; e il contenuto è stato poi cancellato. Proprio come un tweet di un social media manager israeliano, che esultava per l’attacco contro posizioni di Hamas nell’ospedale.

Le forze armate israeliane hanno poi diffuso altri materiali audiovisivi e analisi a riprova della tesi del razzo palestinese, con una presunta telefonata tra due miliziani di Hamas, la cui veridicità è però contestata.

A Netanyahu. Biden ha detto di “avere capito” che “è stata l’altra squadra” a provocare la tragedia e l’intelligence statunitense pare orientarsi in tal senso, almeno in base agli elementi finora disponibili. Il Consiglio di Sicurezza nazionale parla di valutazioni fondate “su immagini satellitari, intercettazioni e fonti aperte”: l’intelligence statunitense “continua a raccogliere e ad analizzare prove e informazioni”.

Hosam Naoum, arcivescovo anglicano di Gerusalemme CC BY-SA 2.0, Link

Il vescovo anglicano di Gerusalemme ha affermato che l’ospedale aveva ricevuto almeno tre ordini di evacuazione da parte dei militari israeliani prima dell’esplosione e che già sabato due piani del nosocomio erano stati colpiti da bombe israeliane.

Onu e Ue chiedono che i fatti siano accertati, mentre le proteste arabe dilagano, dal Nord Africa all’Asia, passando per la penisola arabica. A Istanbul, a Teheran e altrove sono stati presi di mira consolati e sedi israeliani; ad Amman, in centinaia hanno tentato di fare irruzione nell’ambasciata d’Israele; e migliaia di egiziani sono scesi in piazza in diverse città per solidarietà con i palestinesi della Striscia di Gaza. Il presidente al-Sisi dice: “Se chiedo al popolo egiziano di scendere in piazza, saranno milioni”.

Proteste anche in Cisgiordania e in Libano, a Beirut, dove Hezbollah aveva già invocato il “giorno della rabbia”. Molte ambasciate israeliane sono state evacuate (persino a Buenos Aires). La tensione è palpabile, anche in Europa. In Francia, ieri, è stata di nuovo sgomberata la reggia di Versailles e sono stati evacuati sei aeroporti (Lilla, Lione, Nantes, Nizza, Tolosa e Beauvais, a nord di Parigi), oltre a uno in Belgio.

Con la sua presenza in Israele Biden ha voluto testimoniare “incrollabile sostegno” al Paese colpito dal più grave attacco terroristico della sua storia, ma anche parlare con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che conosce da 40 anni, di come liberare gli ostaggi e alleviare le sofferenze dei civili nella Striscia.

C’è da evitare che il contagio dell’odio contamini tutto il Mondo. L’Europa ne è già stata lambita, insanguinata: a Bruxelles, un killer che si proclama dell’Isis ha fatto due morti e due feriti, prima d’essere abbattuto; in Francia, ci sono stati un’aggressione letale di matrice islamica a un professore in una scuola e allarmi in una moschea, al Louvre, a Versailles. Ovunque, anche in Italia, l’allerta è altissimo. E in America, nell’Illinois, un uomo di 71 anni ha ammazzato un bambino di 6 anni e ferito sua madre, d’origine palestinese, perché volevano “pregare per la pace”.

La missione di Biden in Israele s’intreccia con quella, di segno ben diverso, del presidente russo Vladimir Putin in Cina, che ci riporta all’ ‘altra guerra’, quella di cui parliamo da oltre 18 mesi e di cui ora parliamo di meno: l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, dove combattimenti e bombardamenti non conoscono tregua. Non è l’unico conflitto ‘surgelato’, da diplomazie e media occidentali: Siria, Yemen, Sud Sudan, Africa sub-sahariana, Nigeria, Corno d’Africa, sono tutti angoli di Mondo dove si combatte senza fare notizia da noi, se non quando qualche occidentale finisce vittima di attacchi o rapimenti.

Il conflitto tra israeliani e palestinesi in Medio Oriente, ora divenuto la guerra tra Israele e Hamas, non ha mai trovato pace e ha sempre continuato a covare sotto la cenere dell’ipocrita indifferenza internazionale, nel mancato rispetto d’accordi e impegni, fino a questo sussulto di sangue e d’orrore, proprio quando la situazione appariva più tranquilla.

La storia dei rapporti fra israeliani e arabi e poi fra israeliani e palestinesi è intessuta di accordi che hanno portato grandi speranze e che non sono mai stati rispettati: la pace di Camp David, le intese di Oslo, gli Accordi di Abramo; di lunghi momenti insurrezionali – le Intifade -; di azioni militari israeliane limitate nel tempo ma cruentissime; di attentati sempre seguiti da rappresaglie talora sproporzionate nel numero delle vittime.
Il pretesto della visita di Putin a Pechino è il forum della Nuova Via della Seta, il progetto cinese d’influenza e presenza intorno al Mondo. A Xi, Putin dice che i loro Paesi, “come la maggior parte dei Paesi, condividono il desiderio di una cooperazione paritaria”, in un nuovo ordine mondiale. Che, però, non può essere il frutto di guerre, in Ucraina e nel Medio Oriente.
La situazione a Gaza è di “completa catastrofe”, riferiscono operatori umanitari nella Striscia, assediata da oltre dieci giorni dalle forze di difesa israeliane, che si apprestano ad eseguire l’ordine di spazzare via Hamas, il gruppo che controlla l’enclave. Il 7 ottobre, attacchi terroristici coordinate dei miliziani integralisti hanno ucciso nelle loro case circa 1400 israeliani, bambini, donne, uomini, e ne hanno rapiti circa 150 – 1500 gli incursori ‘neutralizzati’ -.

Centinaia di migliaia di palestinesi cercano di raggiungere il sud della Striscia, eseguendo l’ordine di evacuazione israeliano, mentre il valico di Rafah tra la Striscia e l’Egitto restava ancora chiuso mercoledì mattina. In cambio del transito dei palestinesi con doppia nazionalità – gli americani sono centinaia, ma vi sono pure degli italiani -, il Cairo chiede che entrino a Gaza viveri e medicinali. Nonostante il ritorno dell’acqua in alcune aree, c’è la sensazione di una apocalisse umanitaria imminente: viveri, luce, energia restano tagliati.

Già mezzo milione di residenti hanno lasciato Gaza Nord: un esodo rischioso: 70, soprattutto donne e bambini, sono rimasti uccisi quando il loro convoglio è stato colpito da un raid aereo israeliano.

Foto di hosny salah da Pixabay

Dopo solo tredici giorni il bilancio della guerra tra Israele e Hamas supera le 4500 vittime a Gaza, compresi 14 operatori Onu, oltre 10 mila feriti e un migliaio di dispersi. Nella Striscia, gli sfollati sono almeno 600 mila, su una popolazione di 2.200.000 persone: gli ospedali, sovraffollati, stanno esaurendo il carburante per i generatori; gli obitori sono al collasso – le salme vi affluiscono più rapidamente dei parenti che le reclamano -.

Negli scorsi giorni Hamas ha mostrato per la prima volta il video di un ostaggio, una giovane donna italo-francese. E, intanto, si è appreso che uno dei tre italo-israeliani dispersi non è fra i rapiti, ma fra i deceduti. Save the Children calcola che siano mille i bambini uccisi nella Striscia. E il Comitato per la protezione dei giornalisti conta già 15 vittime nella stampa.

L’attesa della fase di terra della guerra di Israele contro Hamas è di ora in ora più spasmodica, ma, in ogni caso, la visita di Biden e l’incidente dell’ospedale di Gaza ne hanno per ora sospeso l’attuazione. Netanyahu ripete l’intenzione di “demolire Hamas”, anche in una telefonata Putin. L’attacco, quando e se ci sarà, sarà la maggiore operazione militare condotta da Israele dall’invasione del Libano nel 2006; e sarà anche la prima volta che Israele occuperà del territorio, almeno temporaneamente, dall’invasione di Gaza nel 2008.

L’analista Maria Luisa Fantappié, dell’Istituto Affari Internazionali, sostiene: “L’attacco di Hamas riporta la questione palestinese al centro degli equilibri regionali, la carica di un rinnovato potere mobilitante tra le opinioni pubbliche del mondo arabo e intacca le prospettive di normalizzazione tra Israele e Mondo arabo. Il regime di Teheran e suoi affiliati si confermano attori indispensabili per qualsiasi accordo regionale, mentre è messo in discussione il ruolo dell’Arabia Saudita come motore e fulcro della stabilità regionale … La forza torna mezzo per regolare i conti … A perdere sono gli Stati Uniti e l’Europa che rischiano che il conflitto degeneri in un nuovo ciclo di scontri tra Israele e Iran e loro alleati. A perdere è anche Israele, che deve ripensare modi e tempi del processo di normalizzazione”.

Antony Blinken – Public Domain Mark 1.0.

Contro l’allargamento del conflitto, Blinken ha fatto per una settimana la spola fra Israele e diversi Paesi arabi, Egitto e Giordania, che hanno una pace con Israele, ma anche Arabia saudita e Qatar: bisogna agire su più fronti, sbloccare i palestinesi in trappola nella Striscia, liberare gli ostaggi, evitare il coinvolgimento di altri Paesi. Prima di partire per Israele, Biden ha avvertito che occupare Gaza sarebbe un errore e fa un distinguo tra Hamas ed i palestinesi, che non si riconoscono tutti nella sigla.

Ammaestrati da quanto accaduto dopo l’11 Settembre 2001, bisogna evitare di fare qualcosa di cui dopo ci pentiremo: l’Afghanistan, l’invasione dell’Iraq, le renditions, le torture, combattere il terrore con il terrore.

I libanesi – scrive Politico – trattengono il fiato per la paura che la milizia sciita filo-iraniana Hezbollah attacchi da nord Israele: ci sono già state scaramucce e tiri di razzi e missili incrociati, mentre l’aviazione israeliana ha condotto raid preventivi sugli aeroporti di Damasco e Aleppo. Ci sono vittime, ma non è nulla in paragone a quanto avviene a Gaza.

L’Iran, che sostiene Hamas, minaccia “conseguenze” se Israele dovesse occupare Gaza. La Cina pare sposare la causa palestinese. Un po’ ovunque nel Mondo, le testimonianze di sostegno a Israele si intrecciano con le manifestazioni pro – Palestina; e le notizie sull’ospedale di Gaza infiammano ancora di più il Mondo islamico.

L’Ue, dopo un consulto dei ministri degli Esteri, riunisce un Vertice virtuale straordinario, ma non pare avere la forza di incidere. “E’ della massima importanza che il Consiglio europeo, nel rispetto dei trattati e dei nostri valori, definisca la nostra posizione comune e stabilisca una linea d’azione chiara e unitaria”, che tenga conto “della complessità della situazione in corso” in Medio Oriente, scriveva Charles Michel, presidente del Vertice, nella lettera d’invito ai 27. Ma l’Ue fatica a “mettere ordine” a casa sua: produce al massimo un appello per il cessate il fuoco.

In Italia, i sentimenti di solidarietà verso Israele, dopo l’attacco terroristico più grave nella storia, secondo solo all’11 Settembre 2001, sono stati ravvivati, lunedì, dai sensi di colpa risvegliati dall’80o anniversario del rastrellamento degli ebrei nel ghetto di Roma: dei 1260 deportati circa, solo 16 tornarono, 15 uomini, una donna, nessun bambino.