Never more!
Ed invece……!
Perché?
Il problema non è: chi vincerà!
Non siamo allo stadio.
Siamo nella realtà, dove ci siamo risvegliati ancora una volta con esseri umani ammazzati da altri esseri umani; esseri umani feriti da altri esseri umani; esseri umani fatti sparire da altri esseri umani! L’analisi, se vogliamo arrivare ad una risposta utile, deve essere razionale, scientifica, crudele. Anche se costa dolore!
Attenzione: non c’è la pretesa di poter arrivare alla “fonte dell’odio”, ma – più modestamente – a capire da dove sia sgorgato l’odio che ha generato i fatti di questi giorni, comprese le reazioni, così contrastanti, della piazza.
Questa volta dobbiamo, vogliamo capire per poter sperare che anche un semplice confronto – come quello dei giorni scorsi alla Gregoriana – possa portare un contributo a far cessare queste esperienze generate dall’odio. Altrimenti possiamo andare avanti così sino alla prossima esperienza, magari dopo aver scolpito “MAI PIU’” anche nel museo appena votato all’unanimità dalla nostra Camera dei Deputati.
È una scelta anche questa.
Mentre la seconda guerra infuriava con crescente atrocità, alcune Persone delineavano ben altro avvenire per gli esseri umani. L’idea era un’utopia che prefigurava un’Unione addirittura fra quegli stessi Paesi che, in quel frangente, si stavano massacrando per il dominio del mondo, in nome di ideologie tanto variegate, quanto irrealizzabili. La guerra finì e quel disegno venne proseguito, con rinnovata volontà, per concretizzarsi grazie all’agire di quelle stesse Persone che – ritrovatesi in parte a governare i propri Paesi – poterono portarlo avanti sino a vedere attorno al medesimo tavolo una Francia ed una Germania!
L’utopia si concretizzava sotto gli occhi increduli del mondo: dalla C.E.C.A., all’EURATOM, al Mercato Comune.
Sette anni dopo l’apocalisse, alcuni dei Paesi europei, che riemergevano dalle rovine della guerra da essi stessi causate, davano vita al disegno che ci avrebbe poi accompagnato negli anni a venire. Anni che, grazie alla lungimiranza dei Monnet, degli Adenauer, dei De Gasperi videro rinascere i nostri Paesi, ma soprattutto porre le basi di un futuro di pace. Parliamoci chiaro: il dopoguerra vide i nostri genitori lavorare tutti insieme uniti nel silenzio per una ricostruzione materiale e spirituale di un continente distrutto e per poter aspirare con realismo ad offrire un avvenire ai propri figli. Per decenni quelle contrapposizioni ideologiche che tanto male avevano causato, vennero trascurate e, ove necessario, sopite per legge. Basta pensare alla famosa amnistia voluta dal Guardasigilli Togliatti, che – non si può negare – contribuì non poco ad una pacifica ripresa dei rapporti fra gli Italiani, finalmente uniti in uno sforzo condiviso : quello della ricostruzione. È innegabile che quel pietoso velo di oblio steso – al di fuori dei luoghi di Studio – sulla storia europea dal primo dopoguerra in poi, contribuì non poco al raggiungimento di grandi risultati nel volgere di una ventina d’anni.
Ovviamente le lotte sociali non erano magicamente cessate, ma si riuscì a farle progredire entro quel clima di condivisa drammatica lotta per il benessere sociale. Nel complesso non si possono disconoscere i traguardi sociali raggiunti dall’Italia negli anni dello “Statuto dei lavoratori”.
Ma inopinatamente ecco i duri colpi portati da un terrorismo che rianimava e seminava nuovamente morte ed odio. Né va sottovalutato il fatto che proprio nel ‘67 il KGB ideò la questione palestinese. La rivisitazione degli anni di guerra cominciò ad assumere anche una dimensione politica, con particolare riferimento alle ideologie suprematiste rivolte contro le minoranze che si trovavano nel centro Europa allo scoppio della guerra.
Una disamina sconvolgente dei fatti della seconda guerra, che riportava alla memoria i pogrom dell’era zarista e successiva, e disvelava la diffusione in Europa di politiche discriminatorie, ponendoci di fronte ad una realtà che non potevamo più sottacere.
Proprio la mancanza di sicure evidenze fino a quel momento, aveva condizionato persino il processo di Norimberga, che aveva praticamente ignorato quella realtà. Fu proprio l’emozione suscitata da queste rivelazioni a suscitare quella diffusa ondata di compartecipazione popolare che ancora oggi è presente nel vecchio continente.
Per quello che concerne la storia dell’Italia, oltre alla narrazione di rastrellamenti e rappresaglie, si doveva aggiungere la ricostruzione di un gran numero di violenze generate dalla strategia persecutoria degli occupanti nei confronti di genti di così antica residenza anche nel nostro Paese.
Eppure, dopo l’evento di sabato, son bastate le parole di uno che ha poi creduto di poter ritrattare su “La Repubblica”, per leggere in troppe scuole italiane: ”È bello veder bruciare Tel Aviv!”.
Perché?
E perché ciò è stato anche nel mondo? In parte, ciò trova spiegazione nel fatto che un quarto dell’umanità è composta da Musulmani.
Più complesso è capire per quale motivo c’è stata una reazione altrettanto violenta in un Paese che ha sempre partecipato con sofferta solidarietà al ricordo degli eventi vissuti dagli ebrei italiani in quegli anni di odio e di violenza. Odio e violenza che avevano supportato quei fatti nel momento in cui venivano commessi e che ritroviamo nelle parole e nelle manifestazioni di questi giorni. Come se non fossero passati ottant’anni da allora e come se non avessimo compreso il “NEVER MORE” scolpito nei luoghi della rimembranza.
Se la predicazione degli ultimi cinquant’anni fosse stata dedicata ai sogni ed all’azione di quel gruppo di Persone che hanno costruito una nuova Europa – e, quindi, un nuovo mondo – forse le generazioni che allora si formavano avrebbero introitato ben altri valori e sarebbero state in grado di portare avanti quegli ideali di pace senza tentennamenti e senza ripensamenti. Purtroppo, invece, abbiamo trasmesso ai nostri figli, ai nostri nipoti, vecchie ideologie, vecchie contrapposizioni, vecchi odi. E allora come facciamo a proclamarci stupiti che nascano nuove guerre, sia pure tecnologicamente aggiornate, ma con la vecchia ferocia e con il vecchio odio.
La storia non si fa con i “se”, ma non possiamo esimerci dal riflettere sul fatto che se invece di crescere “allattate” a base di vecchie ideologie, di odi antichi, accompagnati dalla minuta narrazione dei fatti commessi nel contesto della guerra, le generazioni della seconda metà del secolo scorso, fossero cresciute anche nello studio ed anche nella consapevolezza dei valori portati avanti dai Monnet, dagli Schuman, oggi non avremmo studenti inneggianti all’una od all’altra parte.
(Forse) semplicemente perché non avremmo esseri umani – civili o militari che siano – che combattono nell’uno o nell’altro fronte.
Gli ideali che movono il sole e l’altre cose non possono essere le rimasticazioni di quelli del secolo passato, ma avremmo dovuto fare in modo che lo fossero quelli “nuovi”, elaborati, o riemersi addirittura, nei momenti più bui del secolo passato.
Comunque: siamo stati bravi nel seminare vento ed ora ……!
Foto di apertura: Memoriale multilingue “mai più” nel campo di sterminio di Treblinka – Foto da wikipedia.org – CC BY-SA 3.0 pl