Lunga la galleria di ritratti dei predicatori d’oggi che affollano lo schermo, le onde radio, le maglie della rete. Posture stereotipate, la gran parte con penna o matita tra le mani, taccuini o cartigli cartacei e assai più cellulari in grembo, sul bancone dello studio, anzi degli studi dato che la più parte gironzola tra l’una e l’altra rete con estrema disinvoltura, pur avendo “spazi” propri in tv (oltreché sul cartaceo) che significa minuti di sermoni da poter anche quotidianamente divulgare.
Nella categoria spiccano personaggi di punta, quelli senza il cui pensiero giornaliero non possiamo vivere foss’anche la rubrichetta dal taglio ironico o dal passo crepuscolare, gozzaniano non palazzeschiano, capacissimi di sfornare anche libri e volumi a piè sospinto che spaziano da argute divulgazioni dantesche ( beati loro che riescono a scrivere e soprattutto a pubblicare esegesi della Commedia scrollandosi di dosso secoli e secoli di letture critiche serie e senza alcun metodo esegetico)a medaglioni su campioni del calcio o quant’altro mai appartenga allo scibile umano, nazionale e internazionale. Tuttologi che hanno anche il privilegio di farsi in pochi secondi storici, politologi, economisti, filosofi, teologi, gastronomi, enologi, sociologi, esteti, clinici e chirurghi. Nemmeno la straordinaria verve programmatica di FT Marinetti era arrivata a tanto nei suoi manifesti teorici sullo spettacolo del futuro che in effetti si è poi realizzato: il Teatro di Varietà.
C’è poi la categoria dei facitori/enunciatori di sermoni quotidiani in tv, saltanti da una rete all’altra, rispetto ai quali Giordano Bruno o Torquemada impallidiscono; tra questi, spiace constatare la presenza di stimabili ex colleghi accademici ora riciclati in “personaggi” tv perché nella macedonia degli ascolti da raggiungere sono come il Kiwi, ci vogliono anche se nessuno li mangia e infatti per affermare la loro presenza urlano. Perché l’aggressività è premiata, fa audience. Poi non mancano direttori, vicedirettori, caporedattori, titolisti di quotidiani cartacei che nessuno acquista più e che sopravvivono grazie ad aiuti di stato cioè nostri; alcuni hanno postazioni fisse un po’ qui e un po’ là talmente fisse che invece di guardare l’orologio sai che ora è, quella utile per cuocere la pasta per cena. Mai nessuno che si ponga la domanda: ma quali titoli reali hai, al di là di ciò che dei sermoni, delle prediche, delle lucide (?) analisi, dei pungenti commenti estemporanei che spaziano entro tutto lo scibile umano, quali titoli reali hai, di cultura, di studio (quello vero), di scienza (quella vera) per poter così istantaneamente profferire giudizi, imbastire previsioni, raccontare la realtà, i drammi, le questioni spinose? Cosa hai letto, faticosamente studiato e dunque appreso di politica internazionale, di economia, di ecologia ecc. ecc.? Quali sono le tue fonti del sapere? Da quale pulpito del sapere reale puoi enunciare baldanzosamente Pinco Pallo ha detto, Pinco Pallo farà, questo è il Bene, questo è il Male? Ma il dubbio, la perplessità, la sottile angoscia del sapere di più e meglio, di affidarsi a fonti culturali e scientifiche serie non li assale mai? Perché i facitori di sermoni non li incontro mai in Biblioteca o in Archivio? Da quali riserve concrete, tangibili del sapere estraggono il loro sterminato repertorio di affermazioni o stroncature? Beati loro, i predicatori pagati per comparsate in tv che disinvoltamente e senza fatica intellettuale alcuna dispiegano sermoni, opinioni, giudizi senza studiare.
Foto di apertura: “Rembrandt, il predicatore mennonita cornelis claesz. anslo e sua moglie, 1641” di Sailko licenza CC BY 3.0.