La corsa impressa alla nostra vita dagli impegni quotidiani ci fa perdere tante occasioni. Spesso non ce ne accorgiamo nemmeno. Fra queste vi sono anche esigenze o desideri inespressi che abbiamo accantonato o non abbiamo mai formulato, forse negati a noi stessi.
G. invece è un tipo che ha i suoi momenti di blackout e non li allontana. Siamo amici dai tempi dell’adolescenza e ricordo che anche alle feste spariva e lo trovavamo ammutolito, immerso nei suoi pensieri. Ebbene, superati i fatidici 50 anni, si concentrò su due grandi desideri: rafforzare i rapporti di amicizia e recuperare la spensieratezza degli anni più verdi. Dalla città degli studi scolastici, per ragioni di studio, di ulteriore formazione e di attività professionale si era trasferito in varie città, partecipando a diverse comunità locali. Fra tanti conoscenti, aveva stretto alcune belle amicizie, poi anche gli amici erano andati per strade divergenti ed erano ormai un po’ distribuiti in tutta l’Italia; era difficile riuscire ad incontrarsi.
A G. nacque un’idea brillante e originale, forse un po’ “pazza”. Se è difficile contattarli, perché non provare a mettere insieme in un evento organizzato ad hoc tanti amici, incontrati in tempi diversi, e farli conoscere l’un l’altro? Nel maggio 2007 ci fu la prima riunione, cui parteciparono sette “fondatori” provenienti da 6 città diverse e da tre esperienze diverse (liceo, università, ambito lavorativo), uno subito decise di non continuare. Per evitare i “paurosi silenzi che spesso capitano quando si improvvisa” e non ci si conosce, G. propose di leggere un libro (“La ragazza delle arance” di Gaarder) e di parlarne durante l’incontro ben strutturato: venerdì pomeriggio discussione sul libro, poi relax nella spa, cena di gruppo; il sabato mattina ripresa della discussione, pranzo e partenza.
La formula risultò subito vincente, ovviamente prendemmo alcune decisioni tutti insieme: incontrarci ogni sei mesi, invitare ciascuno un massimo di tre propri amici, compagna/o incluso, far ruotare la responsabilità di coordinare ogni nuovo evento. Il coordinatore pro tempore (denominato “OTeV” cioè Organizzatore Temporaneo dell’Evento a conferma della caducità dell’incarico e dello spirito goliardico) avrebbe deciso il nuovo libro su cui discutere, l’hotel comodo e raggiungibile dove risiedere e le attività sociali (spa, terme, visite turistiche, passeggiate) da fare insieme. Decidemmo anche di non avere un nome per la formula, in maniera minimalista la chiamammo “Progetto Club”.
Come tutte le cose della vita il Progetto Club iniziò con grande entusiasmo da parte dei “fondatori”, il numero dei partecipanti crebbe fino a consentire incontri con una ventina di presenti, poi ci fu qualche defezione, qualche appuntamento fu saltato per varie ragioni. Ma ormai il seme aveva attecchito ed era un piacere tornare ad incontrarci, ma anche sentirci o scriverci fra un evento e l’altro. In questi giorni c’è stata l’ultimo incontro fra i “fondatori”; assente purtroppo una cara amica che ha completato il suo tragitto terrestre. Sono passati sedici anni, ciascuno ha avuto le proprie vicissitudini liete e tristi, ma è stato bello effettuare questo rendez vous con qualche capello bianco di troppo, ma anche con tanti bei ricordi condivisi.
Questa volta non c’era un libro da leggere prima dell’incontro, ma l’idea di riflettere sul percorso realizzato dal nostro sodalizzo nell’ambito della cornice di tre parole chiave: coerenza, divenire e valore. Siamo riusciti a fare chiacchierate libere su temi che ci interessavano; non si è concretizzata, invece, la possibilità di attivare nuove amicizie. Però la strutturazione degli incontri e la condivisione sul valore dei partecipanti ha generato una forte motivazione a partecipare agli eventi. Quando illustravamo il Progetto Club ad altri amici e conoscenti, non pochi ci dissero di invidiare questa strana consorteria cultural-giovanilista.
Il tempo poi sgretola e cambia ogni cosa; da biennale l’incontro è divenuto annuale, vi furono varie defezioni, si è perso il fascino della novità e per questo abbiamo realizzato l’ultimo incontro in 5 fra i 7 fondatori. Tutti abbiamo convenuto che l’esperienza è stata bella e di valore. Tutti, se dovessimo rifare gli incontri, li faremmo senz’altro, convinti che erano occasioni per incontrare amici o persone gradevoli e tenere “accesi i cervelli” in maniera spontanea e con piacere.
Il Progetto Club è una formula che mi piacerebbe suggerire un po’ a tutti. Lo si è strutturato in modo da poter incontrare i propri amici in un contesto più allargato, poter avere un weekend di riposo intelligente, a volte effettuare visite o passeggiate in luoghi ancora non conosciuti. Inoltre lo spunto di leggere tutti lo stesso libro e poi discuterne insieme ha permesso di recuperare, in parte, lo spirito adolescenziale delle discussioni libere, spensierate e “afinalistiche”, non legate al contingente o alle problematiche politiche e sociali del momento, ma volte ad allargare le proprie conoscenze, a condividere esperienze ed emozioni, senza avere un obiettivo funzionale.
Non l’avremmo pensato, noi reduci dei dibattiti e delle discussioni del ’68 e del ’77, che in questi giorni, anche per colpa di internet e social, si assiste molto spesso sui media, ma anche nelle conversazioni private, ad un tetro conformismo, a pensieri “fotocopiati” oppure a posizioni sterilmente ed inutilmente controcorrenti (il 6% dei concittadini crede che la terra sia piatta e più di un terzo che lo studio non serva per progredire nella vita). Con il Progetto Club abbiamo tentato con successo di ricreare occasioni per discutere, anche accesamente, fra di noi su aspetti esistenziali o esperienziali, senza voler convincere nessuno, senza voler sopraffare nessuno, avendo solo il piacere di condividere le proprie idee e di ascoltare quelle di persone che ci ispirano fiducia e sentimenti di amicizia.
Anche sul lavoro spesso ci si cambia informazioni utili per i propri compiti, ma è molto raro che si abbia voglia e tempo per discutere a cuore aperto. Questa situazione fa affaticare ed intristire, si sente il bisogno quasi fisico di momenti di leggerezza, di spensieratezza, per condividere con persone care esperienze rubate alla routine quotidiana e tali da fornire nuovi spunti alle proprie riflessioni. Se questi momenti non esistono già nella nostra vita, non dovremmo rinunciarci, anzi dovremmo pensare come fare ad organizzarli, servono a coltivare l’amicizia di persone che semmai non possiamo incontrare con continuità, ma anche servono alla salute della nostra personalità.
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