Come accade molto spesso nel nostro paese, i femminicidi e quello particolarmente orribile di Giulia Cecchettin, hanno scatenato una pandemia delle più diverse analisi e chiacchiere. Però mi sembra che almeno tutti siano d’accordo che il problema è degli uomini. Con quelli adulti e maturi è più difficile fare qualcosa, ma certamente varrebbe la pena di lavorare con i più giovani. Ma quando sento parlare di educazione affettiva/sentimentale, addirittura “gestione delle emozioni” mi innervosisco perché pochissimi conoscono il contenuto di questi concetti psico-sociologici. Cioè l’obiettivo di promuovere la dignità e il rispetto della donna è molto chiaro ma i metodi sono confusi e incerti, creando perplessità e divisioni nella società.
Io sono un uomo di 74 anni, e ho scritto due libri sulle donne che ho incontrato in tutto il mondo. Molti amici mi accusano di essere un ammiratore incondizionato del mondo femminile. È vero ma lo sono perché ho imparato a guardarle oltre che vederle, e ho faticosamente capito l’incredibile lavoro che svolgono sotto tutti i cieli nel generare e difendere la vita, e rappresentare il più grande sostegno agli esseri umani oltre che al mondo di noi uomini.
Ho studiato in una scuola maschile: cercavamo di uscire dieci minuti prima dell’una per correre davanti al Giulio Cesare (una scuola mista) per vedere quei fantastici esseri umani con la gonna e i capelli lunghi. Soltanto vederle provocava a un ragazzo come me e agli altri ragazzi, la magnifica emozione e meraviglia che conservo gelosamente anche alla mia età, quando sono in mezzo a loro. Poi ho avuto la fortuna di imparare a guardarle, in tantissimi anni di lavoro, con gli uomini e le donne di tutto il mondo. Non ho teorie per insegnare ai ragazzi, agli uomini, a guardare le donne ma ho fatto qualche piccola esperienza che forse ha funzionato.
Faceva caldo in metropolitana, ed ero seduto accanto a due signore della mia età con pesanti sacchetti della spesa. Davanti a me una coppia di ragazzi. Lui la rimproverava aspramente perché lei non lo aveva difeso quando era stato criticato dai genitori (non so se di lui o di lei) per qualcosa che aveva fatto o detto. Lei gli rispondeva con grande pazienza che aveva torto, in quella circostanza e lui continuava ad arrabbiarsi. Tutto il vagone ascoltava, ma a un certo punto non mi sono più trattenuto “quando un ragazzo ha vicino a lui una ragazza così saggia e così bella, cosa vorrebbe di più?” Le due signore accanto a me mi dissero “bravo” e sono stato confortato da un brusio di approvazione di tutti i viaggiatori che erano vicino a noi. Mi aspettavo che il ragazzo mi avrebbe detto di farmi i fatti miei. Invece non è stato così. È rimasto zitto, ma quando mi sono alzato per scendere si è alzato in piedi con uno strano sorriso. L’ho anticipato “non dirlo a me, dillo a lei!”
Ho cambiato il suo comportamento? Non lo so, ma un messaggio, così semplice e stupido ha forse avuto qualche effetto.
Nelle riunioni di lavoro in molti paesi del mondo, pretendevo che ci fossero sempre le donne che partecipavano ai miei progetti. Una volta in Tunisia una di loro, è intervenuta – perché sempre stimolavo le donne a farlo – fornendo una soluzione saggia e concreta. Quando è finita la riunione ho detto al marito che partecipava “dovresti essere orgoglioso di avere accanto a te una donna così intelligente. Sei fortunato”. Non mi ha detto niente ma è corso da lei per riferirgli quello che avevo detto ed aveva un sorriso che andava da un orecchio all’altro. Se cercheremo di basare il rispetto per le donne su regole e criteri di comportamento, non ce la faremo mai. Sono allergico alle regole anche ora che sono un vecchio signore, figurarsi quanto lo fossi quando ero ragazzo. I sentimenti non si possono educare, perché per fortuna ognuno di noi ce li ha: occorre far emergere in primo luogo la curiosità per la primigenia diversità di Eva, quella che avrà colpito Adamo quando se l’è vista accanto per la prima volta, e nessuno gli aveva spiegato niente. Ogni diversità può essere interessante, stimolante, entusiasmante. Non dobbiamo insegnare niente, ma solo stimolarli a guardarle, come ho imparato a fare, anche se io sono stato fortunato, perché ho vissuto con la diversità nel mondo, per tanti anni.
L’amico Claudio mi coinvolse in un progetto di servizio civile. Mi trovai davanti otto ragazze curiose, intelligenti, che non avevano alcun problema a contraddirmi. Dopo qualche ora dissi loro che erano le mie streghe. Prima mi guardarono perplesse, poi si misero a ridere, perché capirono subito che lo stregato ero io. Oggi quando incontro qualcuna di loro, mi dice che era una delle mie streghe. Quanto mi sarebbe piaciuto che anche Giulia Cecchettin avesse potuto essere una delle mie streghe!
All’università, e fra i miei studenti, negli ultimi 10 anni erano le più preparate, le più interessate, e quasi sempre le migliori. E allora le provocavo. Quando spiegavo che per risolvere un problema, la cosa più essenziale era il metodo, mostravo che c’erano sempre molte soluzioni. Il mio sofisticato ragionamento piaceva moltissimo ai ragazzi, che mi guardavano a bocca aperta. Invece le ragazze stavano zitte, per non apparire stupide, ma alla fine una di loro sbottava “E allora?” La verità è che le donne vogliono le soluzioni, sanno che un certo momento si deve decidere. Ecco perché, in un mio recente racconto, ripeto spesso che le scelte le fanno le donne.
Il rispetto non si impone a qualcuno: esso si realizza quando un uomo sarà in grado di riconoscere il valore di una donna e quello che è in grado di offrirgli nel cammino della vita. Spesso un modo diverso di vedere le cose e il più forte sostegno nei momenti di dolore. Sono tutte buone, tutte intelligenti? Certamente no ma soprattutto un giovane deve cercare quella che è straordinaria per lui. Paradossalmente colui che si suicida dopo aver ucciso la sua compagna, ci fornisce la prova di quanto valga una donna per un uomo anche quando è miserabile ed immaturo. Prima di tutto è drammatico e triste ricorrere alla violenza fisica o psicologica per tenere una donna accanto a sé. La vera gioia, la vera soddisfazione di un uomo è quando è lei a volerti stare accanto. Quando la farete ridere. Un ragazzo mi disse una volta “adoro quando ride”. Gli risposi “allora hai capito già molto, hai imparato a guardarla”. Niente corsi e lezioni ma soltanto guardarle, dopo la prima emozione, la prima meraviglia.
Mi preoccupa molto che in un malinteso senso di rispetto potremmo perderci l’emozione e la meraviglia e non essere più capaci di manifestarle. Un mio amico medico partecipava ad un congresso a New York. Un uomo della mia età, si trovò in ascensore, accanto a due dottoresse quarantenni americane. Le guardò e disse “lo so che in questo paese il complimento ad una donna può essere considerato una molestia…” Loro si guardarono e poi una rispose “Lei è italiano, per favore ce lo faccia qualche complimento!!”
In questa essenziale battaglia per combattere discriminazioni e violenze non dobbiamo perdere questo antico e universale sentimento di ammirazione e meraviglia: guardarle, capirle e amarle.
Foto di apertura di Becca Tapert su Unsplash