La guerra di Putin e il terrorismo di Hamas hanno sugellato il ritorno a un periodo di confusione e crisi dell’ordine internazionale, quello che paradossalmente aveva caratterizzato i lunghi anni della guerra fredda.
Esperti e giornalisti di ogni tipo ci parlano di un mondo che non sarà più bipolare, ma pluripolare, come provano le crescenti adesioni all’alleanza dei BRIC.
Molte analisi si sono concentrate su riferimenti storici, che sono sempre utili, anche se a volte servono soltanto a riempire pagine di giornali e ore di talk show, mostrando soprattutto la cultura dei partecipanti: Dario Fabbri ha addirittura proposto la storia dell’Iran dall’epoca dei re persiani.
In realtà il riferimento storico più interessante ed attendibile viene accuratamente analizzato da Henry Kissinger nel suo recente libro Leadership. Sei lezioni di strategia globale (2022). Per quanto questo personaggio della storia recente sia stato molto criticato per essere stato il suggeritore di molte sciagurati interventi militari o golpisti degli USA, la sua cultura e la sua esperienza sono forse uniche al mondo. Il riferimento storico del quale Kissinger parla spessissimo, è la Pace di Vestfalia. Secondo gli studiosi del diritto internazionale quel documento (1648) segnò l’inizio di un ordine internazionale basato su stati sovrani. Non è questo il luogo per una analisi approfondita di questo fondamentale evento storico, ma vale la pena di considerare come ci si arrivò. Non ci fu neppure una conferenza internazionale, come la concepiamo oggi, perché certamente allora neppure si sapeva cosa fosse una conferenza internazionale. In realtà ci furono tre incontri, due a Munster (fra gli stati cattolici) e uno a Osnabruck (fra gli stati protestanti), ma quello che conta fu che essi videro la partecipazione di tutte le realtà belligeranti, anche per motivi religiosi, che in quel mondo lontano rappresentavano il governo e cioè il potere reale, su territori europei grandi e piccoli. Vi parteciparono infatti, in una situazione di strana parità, grandi regni, come la Francia, la Svezia, la Spagna e l’Impero Asburgico, ma anche le Province Unite (Paesi Bassi) che rappresentavano una forma di ‘federazione democratica’, nonché i principati tedeschi, realtà molto più piccole, ma strategiche. Quello che conta però, è perché si giunse a questa pace, per quanto precaria essa si fosse in seguito dimostrata.
L’Europa veniva da una guerra durata 30 anni, iniziata nel 1618, che aveva opposto, con alleanze varie e cangianti, i popoli europei. La copertura formale di 30 anni di orrori, massacri, povertà e malattie, era il conflitto tra la religione cattolica, soprattutto rappresentata dalla Spagna e dall’impero Austro-ungarico e il più recente protestantesimo difeso dalla Svezia e dai principi tedeschi.
Come dicevo sempre ai miei studenti all’Università, le religioni e i sistemi ideologici non sono mai la vera ragione dei conflitti, ma solo la copertura per l’acquisizione o il controllo di nuovi territori, ricchezze minerarie e produttive, e comunità umane di servi e lavoratori. Ricordiamo il “Dio lo vuole” della Chiesa per promuovere le Crociate, le stragi di Albigesi e altri eretici. In tempi più recenti i massacri di Hitler per la potenza del Reich e l’ideologia della razza ariana, fino a quelli di Stalin per l’affermazione del comunismo. Ora assistiamo alle mire criminali di Putin per la ricostituzione della Grande Russia, naturalmente coperte con la protezione della vera fede cristiana, e, da anni, alle atrocità degli estremisti musulmani, utilizzando una loro versione dell’Islam (Al Qaeda, Isis e ora Hamas) che autorizzerebbe lo sterminio degli infedeli.
Tutte chiacchiere, indottrinamenti strumentali per l’acquisizione di potere e ricchezza da parte di dittatori e delle comunità che li hanno seguiti. Voltaire diceva “In tutte le guerre non si tratta che di rubare”.
Se la storia può insegnarci qualcosa è sconcertante e significativo che dal 2022, l’Europa e il Medio Oriente siano stati di nuovo funestati da guerre e orrori, che pensavamo sepolti nelle pagine dei libri di storia. Queste guerre e questi orrori presentano origini analoghe a quelle della guerra dei 30 anni. Dinamiche di potere e di sopraffazione utilizzate da dittatori e gruppi criminali, con la solita copertura di ideologie e religioni. Quelle che sono state definite “l’oppio dei popoli”, servono ancora magistralmente per spingere tanti esseri umani a inauditi orrori e violenze, naturalmente al servizio dei disegni di potere di dittatori ed élites criminali. La Pace di Vestfalia fu soltanto determinata dalla stanchezza per orribili stragi che – ciò che è più importante – non avevano portato a nessun vincitore, ma soltanto a massacri e povertà. Ci vollero 30 anni però perché potenti, piccoli e grandi, si persuadessero che la guerra e la violenza non portavano da nessuna parte. Quindi il riconoscimento di sovranità territoriali grandi e piccole, non fu il risultato di una illuminata visione politica, ma soltanto la constatazione che quelle guerre non avevano condotto a niente.
Putin è impantanato in una lunga guerra, e se molti dicono che l’Ucraina non potrà vincere, pochi ci fanno notare che forse neppure Putin potrà vincere, visti i modesti risultati di più di un anno di orrori. Analogamente molti sono coscienti del fatto che Hamas non potrà vincere contro Israele, ma quando la democratica Israele si convincerà che distruggere Gaza non servirà a vincere la rivolta palestinese? Quanto ci vorrà perché la stanchezza per conflitti inutili che creano soltanto morte e povertà, possa condurre il mondo a nuovi accordi come nella Pace di Vestfalia?
Quello che è più triste è che molti leader brutali e criminali, siano ancora nella fase di guerre ammantate da ideologie e religioni. Ci vollero 30 anni perché gli europei occidentali capissero che le guerre non portano a niente, salvo purtroppo successivamente ricredersi. Quanto tempo ci vorrà adesso e una volta per tutte?
Foto di apertura: Gerard ter Borch – Geheugen van Nederland – Pubblico dominio, commons.wikimedia.org