In giugno ci saranno le elezioni europee; un appuntamento importante per i 27 paesi della UE, ma anche per lo scenario della politica mondiale. Nel 2019, dopo settimane di scontri e trattative, il Parlamento Europeo espresse una, sia pur risicata, maggioranza per l’elezione di Ursula Von der Leyen come Presidente della Commissione Europea (di fatto il governo della UE). La particolarità della inedita “maggioranza Ursula” è stata nell’accordo fra i due maggiori raggruppamenti politici europei: il Partito Popolare Europeo (PPE) e (buona parte) dei Socialdemocratici (S&D), con il supporto dei liberali e dei voti determinanti di alcuni partiti euroscettici quale il M5S italiano.
La futura maggioranza europea
Le ipotesi più accreditate per l’estate 2024 sono due: una maggioranza nel Parlamento Europeo più o meno simile a quella attuale, imperniata su PPE e S&D oppure una maggioranza delle destre con parte del PPE che si allea con Identità e Democrazia (I&D), cui aderisce, per l’Italia, la Lega ed anche con Conservatori e Riformisti Europei (ECR), cui aderisce FdI. A livello istituzionale la Presidente del Governo Meloni aveva esordito, nel ’22, con un atteggiamento pragmatico e collaborativo nei confronti della UE e della Presidente Von der Leyen, anche sperando in una rapida erogazione dei fondi PNRR (effettivamente avvenuta) ed in una politica rinnovata sull’accoglimento degli immigrati (ancora inattuata). Però l’avvicinarsi della competizione elettorale ha indotto, negli ultimi mesi del 2023, i due maggiori partiti del governo a rincorrersi nel mostrarsi più a destra possibile ed ha portato alla infelice scelta di far bocciare dal Parlamento italiano la definitiva approvazione del MES -Meccanismo Europeo di Stabilità-, che è fortemente voluto dalla UE ed è già stato approvato, da gran tempo, da tutti gli altri 26 paesi.
Questa è stata una vistosa azione del governo italiano in grado di irritare sia l’establishment UE, sia molti dei paesi aderenti che intendevano utilizzare lo strumento. Nell’ultimo anno al contempo il governo, a volte, i suoi maggiori partiti, altre, non hanno perso occasione per esaltare momenti di attrito con alcuni paesi, fra i quali i due più strategici, Francia e Germania e per flirtare con i partiti estremisti all’opposizione di destra in gran parte dei paesi UE. Questo è nell’interesse dell’Italia?
I sovranisti boicotterebbero la UE
Il clou della super-destra si è avuto con l’incontro, promosso da Salvini a Firenze, di quattordici delegazioni dei partiti aderenti a I&D; le posizioni politiche inaccettabili di molti loro esponenti sono note dalle cronache e non cito, né commento. Interessa aver ben presente che il comun denominatore di questi partiti è il sovranismo e l’euroscetticismo.
Fin dalla sua nascita, ECR è stata composta dai partiti nazionalisti e reazionari; essi, in gran parte, sono attualmente in opposizione al governo del loro paese. Peraltro è in corso un colloquio per l’accesso in ECR da parte del partito di Orban, che governa l’Ungheria in modo non trasparente e contrario ai valori fondanti della UE (procedura di infrazione avviata dall’UE nel ’21).
Insomma se la scelta dei cittadini europei permetterà di favorire una maggioranza imperniata su I&D e ECR, il futuro dell’Europa sarà in mano alla consorteria dei sovranisti, nazionalisti ed euroscettici. Un evidente controsenso! Infatti, sia per demagogia, sia per interessi di partito, queste formazioni saboterebbero le riforme istituzionali del Parlamento e della Commissione Europea, con l’obiettivo di avere una UE poco incisiva, il meno unita possibile, distante dai cittadini.
Bisogna ricordare che la UE è un consesso dove si discutono gli interessi nazionali, per arrivare ad una mediazione che possa essere accettata da tutte le 27 nazioni, al di là dei partiti al governo o all’opposizione in ciascun paese. Questo significa che i rappresentanti nel Parlamento esercitano le capacità diplomatiche per ottenere decisioni significative per tutta la UE, tenendo conto anche degli interessi strategici della propria nazione. Poi la Commissione traduce le indicazioni generali in Programmi operativi che impattano sui vari segmenti delle singole società nazionali in merito a formazione, industria, sanità, agricoltura, ambiente. ecc.
Una maggioranza composta da rappresentanti “nazionalisti” li vedrebbe arroccati a difendere gli interessi specifici del proprio paese in maniera integrale, per cui le, semmai legittime, aspirazioni di altri paesi non sarebbero neanche prese in considerazione se, anche solo in parte, confliggenti con gli interessi nazionali. Assisteremmo non ad un esercizio diplomatico per conseguire accordi di ampio respiro, con alcuni sacrifici per ciascun paese, ma a stentati accordi al ribasso, inconcludenti, di poco o nullo spessore. Peraltro si può anche facilmente ipotizzare una forte instabilità di questo tipo di maggioranza, composta da personaggi non portati alla mediazione e interessati soprattutto al consenso dei propri elettori nazionali.
Serve una UE forte con un autorevole ruolo mondiale
Una UE debole, litigiosa, ostaggio di euroscettici e sovranisti non sarebbe in grado di promuovere grandi programmi e si limiterebbe, probabilmente, a ripartizioni “a pioggia” nell’interesse di piccoli vantaggi locali.
Significherebbe anche contare meno nelle politiche di impatto sociale per i 27 Paesi, dove spesso il supporto complementare della UE è strategico per garantire lo sviluppo; citiamo come esempio Erasmus Plus per la formazione e la mobilità di studenti e docenti, Horizon Europe per la ricerca precompetitiva, il PAC (Politica Agricola Comune) per lo sviluppo rurale, con la gestione sostenibile delle risorse naturali.
Una UE debole, prigioniera di defaticanti discussioni interne e non in grado di essere autorevole nei rapporti esteri, conterebbe poco o nulla nel panorama mondiale, dove USA e Cina condizionano il contesto economico e le potenze locali con le guerre (Russia in primis, ma anche il Medioriente e lo Yemen), con gravi politiche antidemocratiche (Iran, Iraq, N. Korea, Myanmar, Tunisia) o isolazioniste (Venezuela, Argentina), aumentano l’insicurezza e i contrasti, rendono complicati i commerci internazionali e impediscono o rallentano le necessarie attività per lo sviluppo sostenibile indispensabili per il Pianeta.
Davvero ci auguriamo che il voto di cittadini e cittadine della UE con chiarezza esprimi un’indicazione per una maggioranza progressista che possa essere stabile e credibile, senza necessitare del supporto dei sovranisti.
L’interesse dell’Italia per la futura UE
L’Italia ha due caratteristiche che la rendono notevolmente vulnerabile. La prima è l’enorme importo del debito pubblico, stimato in circa 2900 miliardi di Euro al termine del 2023 (5% di incremento rispetto al 2022) e pari a circa il 145% del rapporto con il PIL, penultimo valore in Europa, prima della Grecia e dopo Francia, Spagna e Portogallo (con valori attorno al 115%) e ben distante dalla Germania (66%) e dagli altri paesi del Nord e dell’Est. La seconda è relativa al fatto che il nostro è il primo paese di arrivo per rifugiati e migranti in Europa: nel 2023 i nuovi arrivi sono stati oltre 153.000, il 50% circa in più del numero registrato nel 2022.
Ho ricordato queste emergenze perché è facile comprendere come un buon rapporto del nostro governo, quale che sia il suo orientamento politico, con la UE ed una reale credibilità e capacità decisionale di quest’ultima siano strategici per il nostro paese. Un esempio eclatante di quanto appena detto, lo abbiamo constatato negli ultimi anni: grazie alle capacità ed ai crediti politici ottenuti entrando in maggioranza nella UE, Conte riuscì ad ottenere la più ampia porzione dei fondi del Programma “Next Generation EU”, lanciato per supportare i paesi dopo la pandemia; tali fondi furono poi riconfermati grazie alla tempestiva impostazione delle attività del PNRR durante il governo Draghi e grazie alla grande credibilità di quest’ultimo. Quanto fin qui riportato ci porta a riflettere sul fatto che le elezioni in giugno non saranno solo importanti per i paesi, ma saranno davvero molto importanti per ciascuno di noi, cittadini e cittadine europei. A prescindere dalle idee politiche, poiché l’uscita dalla UE non è un’ipotesi credibile, è evidente che l’interesse dell’Italia e degli italiani è poter ricevere dalla UE il massimo supporto possibile. Se sarà un’entità importante e credibile nel panorama mondiale, potrà contribuire fattivamente nella realizzazione di una pace giusta per l’Ucraina e per Israele e Palestina, potrà evitare dipendenze monopolistiche in ambito energetico, calmierare i prezzi delle materie prime e dei prodotti alimentari fondamentali. Questi eventi non sono solo da auspicare per gli aspetti umanitari e della giustizia internazionale, sono condizioni importanti per il nostro benessere personale e nazionale.
Votare e scegliere bene è il nostro impegno per le Europee
Prima di tutto votare e poi scegliere con cura a chi il voto dare non è solo un diritto-dovere civico di ciascuno, è anche davvero un’azione di importanza per la propria persona, la propria famiglia, la propria società.
L’impegno dei futuri rappresentanti nella UE sarà importante in due ambiti: quello istituzionale e quello delle politiche settoriali. Per il primo ambito TUTTI 2030 ha proposto ai futuri candidati un “decalogo” da sottoscrivere, sono tutte condizioni per migliorare e rafforzare lo strumento UE, realizzando la riforma dei Trattati; condizioni strategiche per una UE che conti internazionalmente e nel supporto concreto ai paesi che la compongono.
Per quello che riguarda le “politiche settoriali” l’invito che mi sento di fare ai concittadini è di effettuare con il proprio voto in ambito europeo una scelta precisa. Mi rendo conto che probabilmente fra le varie liste sarà difficile trovare proposte pienamente collimanti con le proprie idee; bisognerà, a mio avviso, comunque puntare sui punti strategici per il nostro futuro, ricordando che il non-voto, soprattutto in questa situazione, potrebbe aiutare chi più si dedica al marketing, poco impegnandosi negli aspetti concreti per la società.
Se si condivide quanto sopra esposto, la prima scelta sarà quella di votare per i partiti chiaramente europeisti, che vogliono impegnarsi a far crescere la UE e di NON votare per i partiti nazionalisti e sovranisti che comunque, a prescindere dai proclami, lo strumento europeo lo farebbero inceppare. La seconda dovrebbe essere quella di NON votare per i partiti che ricorrono in maniera spudorata alle falsità nelle dichiarazioni pubbliche (la presidente Meloni ormai è una specialista in merito, più volte sbugiardata).
La terza scelta sarà quella di votare per i partiti che si impegnano esplicitamente sugli argomenti settoriali ritenuti più strategici. Personalmente indirizzerò il mio voto al partito, chiaramente europeo, chiaramente non cronicamente mendace, che abbia proposte concrete e condivisibili almeno su alcuni dei seguenti temi: politiche per i giovani, maggior supporto alla formazione, investimenti nella ricerca ed innovazione, impegno per la sanità pubblica, severità contro elusione e evasione fiscale, impegno per le politiche attive del lavoro, contrasto alla povertà, integrazione dei migranti, attenzione all’ambiente ed allo sviluppo sostenibile.
Foto di apertura elaborata con ChatGPT