…quando è arrivata la comunicazione della approvazione del 21Op ho avuto un attimo di sussulto, un moto misto a incredulità e paura, non sono riuscito a gustare il senso di gioia che pure c’era.
Paura…un senso di tenaglia che ti prende per l’incerto che senti verso quella libertà che pure è nei pensieri di ogni detenuto costantemente…eppure quella tenaglia che ti impedisce di gioire prevale…
non ricordi più come è la libertà, hai paura del mondo là fuori oltre il muro…
tre anni e due mesi (38 mesi – 1138 giorni)…tanto è il tempo che mi separava da quel giorno, il 20.03.2019 quando varcavo il cancello di Bollate ed incontravo per la prima volta la solitudine del carcere… quel giorno ormai lontano incontravo per la prima volta il dr. Bezzi, l’uomo che mi ha preso per mano sino a divenire il mentore di un viaggio profondo dentro di me alla riscoperta di quella umanità che da sempre mi apparteneva ma che avevo smarrito…un viaggio doloroso, di drammatica solitudine, che non avrei potuto sostenere sin qui senza l’illuminazione con cui il mio mentore ha saputo tirar fuori la parte migliore di me limitando il danno di questa prigionia…
eppure non sono riuscito a gioire …mi assalivano le paure dell’ignoto…come se la mia mente avesse dimenticato come è la vita là fuori.
La notte prima dell’uscita è stata una notte di pensieri, di interrogativi, di momenti che tornavano alla mente nel tentativo di chiarire quali fossero le cose da fare e quelle da non fare…l’alba non arrivava mai e d’un tratto il momento era lì pronto a scoccare, come la campanella del primo giorno di scuola…
il terrore di sbagliare, che quasi paralizza le gambe, come il primo giorno di scuola tutto appare nuovo difficile, anche acquistare il biglietto del metrò è stato difficile…la banconota troppo grande ed il solo distributore automatico a disposizione; allora ti avvicini al tornello esibisci con vergogna la tessera di detenuto, e l’operatore consapevole abbassa lo sguardo e senza proferire cenno apre il tornello evitando di farti sentire maggiore imbarazzo di quello che provi…
la paura di sbagliare fermata ti pietrifica lo sguardo sul pannello delle fermate, e concentrato ascolti una dopo l’altra le chiamate delle stazioni …fino al quella di arrivo; stringo forte la cartella che tengo in mano, come il primo giorno di scuola stringi al petto il libro di lettura quasi a farti scudo dell’ignoto ..
lo sguardo sempre avanti, la mente concentrata, il pensiero all’orologio ed al tempo che scorre troppo veloce: “devo essere puntuale …!”
l’incontro con le persone che ti accolgono è come l’incontro con la maestra il primo giorno di scuola…ti senti accolto, d’improvviso le machine non sono più proiettili da evitare e pericoli da scampare, dentro quel luogo ritrovi un po’ di pace, assapori un poco di libertà … le ore volano in una normalità artefatta, immersa dentro il tempo senza tempo della detenzione, come la ciliegia dentro il vaso di spirito e rum … ed è già l’ora del rientro …!
al ritorno stringe forte lo stomaco, la stessa ansia dell’andata, le strade che si assomigliano e non sai dove stai andando sul quel bus che fa lo slalom tra i cantieri…è un paesaggio che non conosci, ti spaventa abituato come sei al silenzio del carcere dove tutto resta fuori con la libertà… mentre all’andata la paura dell’incerto a cui non hai più abitudine faceva rimpiangere la tranquillità e la monotonia della detenzione, ora il riavvicinarsi ad essa stringe il cuore, toglie il respiro…sembra che la paura vada al contrario…ora a far paura è quel cancello che di lì a poco si aprirà per richiudersi di nuovo dietro le spalle…neppure il tempo di voltarsi a guardare indietro e già siamo entrati, la libertà questa volta è rimasta fuori e …già manca.
Milano 02.5.2022
Foto di apertura di 1866946 da Pixabay