Alla vigilia dei loro congressi in vista delle elezioni europee di giugno, avevamo inviato alla dirigenza del Partito Popolare Europeo (PPE) e del Partito dei Socialisti Europei (PSE) il nostro “decalogo” europeista. Nella lettera di trasmissione, lo avevamo considerato come “una sorta di “cartina al tornasole” del reale impegno delle famiglie politiche europee e dei candidati al perseguimento di “una sempre più stretta unione” o, in altre parole, degli Stati Uniti d’Europa”. Aggiungevamo l’auspicio che “nel preparare il manifesto per le prossime elezioni europee, potessero considerare utili i dieci punti che avevamo suggerito”.
I congressi si sono tenuti a Roma il 2 marzo per il PSE e a Bucarest il 6 e 7 marzo per il PPE. In entrambi i casi, non abbiamo avuto alcun riscontro, né abbiamo alcuna prova che i nostri interlocutori abbiano effettivamente letto il documento. Ma siamo ingenui ed ottimisti. Ci piace sperare che gli abbiano dato almeno uno sguardo e che, in qualche modo, possa essere stato loro utile per affinare una sintonia di fondo con i potenziali elettori europeisti.
Cerchiamo allora nei manifesti elettorali annunciati in occasione dei due congressi qualche elemento utile a corroborare la nostra speranza.
Sarà un’analisi evidentemente sommaria, data la natura di questi documenti, nei quali risulta relativamente facile usare espressioni emotivamente coinvolgenti, accompagnate da impegni squillanti ma generici, mentre poi, come si suol dire, …. “il diavolo sta nei dettagli”.
Abbiamo avuto piena soddisfazione sulla “promozione e difesa dei valori fondamentali” (punto uno). E’ il messaggio più limpido che emerge, di monito a chi, dentro e fuori l’Europa, vuole rimettere in discussione democrazia, stato di diritto e diritti dell’uomo.
Non c’è invece il chiaro impegno che auspicavamo ad introdurre “modifiche dei Trattati prima del prossimo allargamento” (punto due). Altrettanto può dirsi della “ratifica delle modifiche ai Trattati dopo referendum unico europeo” (punto tre) e di una “funzione costituente e iniziativa legislativa del Parlamento Europeo” (punto quattro). Come se agli elettori non interessasse più di tanto far lavorare coloro che mandano a Bruxelles …
Piu’ prevedibile l’assenza di riferimenti alla nostra proposta di “un Presidente unico per l’Europa” (punto cinque). Abolire qualche poltrona? Direbbero i commentatori americani: “E’ come chiedere a un tacchino di celebrare la Festa del Ringraziamento! ”.
Torna invece totale la sintonia sulla necessità di “rafforzare il profilo dell’Unione Europea nel mondo” (punto sei). Magari poi si è meno precisi su cosa fare e come farlo ma sul superamento dell’unanimità, sull’autonomia strategica, sul multilateralismo e sulla difesa europea non sembrano esserci sostanziali differenze.
Ci sono poi toni diversi sulla necessità di un “nuovo protocollo sociale: sanità, istruzione, previdenza, accoglienza” (punto sette), com’è naturale che sia confrontando programmi di centro destra e centro sinistra, anche se forse la faccenda si complica parlando della c.d. “emigrazione illegale”.
Il tema di maggiore sensibilità politica sembra essere peraltro quello del “rispetto degli obiettivi del “Green Deal”” (punto otto), programma del quale ci sentiamo fieri – e con noi anche il Partito dei Socialisti Europei – mentre il Partito Popolare Europeo, pur senza rinnegarlo (e come potrebbe chiedendo la riconferma di Ursula Von Der Leyen?), sembra aperto a non poche misure di alleggerimento degli stretti vincoli che ci attendono per i prossimi decenni. Niente di inaspettato poi sul “completamento dell’Unione Economica e Monetaria con i capitoli bancari e fiscali” (punto nove) con i soliti impegni generici, che sembrano tradire un’ormai consolidata subalternità alle negoziazioni intergovernative in materia.
C’è infine nella nostra lettura un grado maggiore di delusione, e quasi di frustrazione, per la scarsa attenzione che ci pare venga prestata alla richiesta di “rendere permanente lo “Eu Next Generation” verso il “momento hamiltoniano”” (punto dieci). Non mancano certo i richiami al senso di responsabilità nei confronti delle nuove e delle future generazioni ma temiamo che forse non ci si voglia avventurare oltre il varco aperto dal primo grande programma strategico di spesa pubblica europea finanziato anche a debito comune sottoscritto sui mercati finanziari internazionali. Sarebbe stato bello se PPE e PSE avessero voluto ricordare agli elettori la svolta compiuta e farne un elemento portante per le loro strategie per il futuro, nella direzione degli Stati Uniti d’Europa.
Riassumendo, le due principali famiglie politiche europee, coscienti delle responsabilità di governo che esercitano a Bruxelles e negli Stati Membri, hanno detto nei loro manifesti elettorali quello che ci si aspettava dicessero all’elettorato sui temi caldi dei nostri tempi (democrazia e diritti, pace e sicurezza internazionale, cambiamento climatico, energia, migrazioni ecc.) ma sembrano essersi tenute strette al petto le carte da mostrare solo al tavolo dei negoziati interistituzionali nei quali, dopo il 9 giugno, si formerà la nuova “governance” europea.
Ingenuamente, avevamo pensato che qualche più coraggioso messaggio potesse venir recepito già nei loro programmi. Così non è stato. Confidiamo però ancora che qualche candidato delle varie famiglie politiche europeiste voglia assumere un profilo più netto e dire ai propri potenziali elettori qualcosa di più su questi temi.
Foto di apertura di succo da Pixabay