Durante le festività pasquali ero a Taranto e, parlando con Roberta De Cataldis, ho appreso che lei, affermata avvocato, e un suo collega Nicola Russo, noto magistrato, entrambi tarentini, hanno presentato al Parlamento una Petizione volta a concedere alle donne che abbiano subito una violenza sessuale un fondo previdenziale d’invalidità civile. Mi è sembrata un’iniziativa veramente lodevole; abbiamo, anche di recente, assistito a iniziative parlamentari per inasprire le pene comminate ai responsabili di violenza sulle donne. Un provvedimento giusto, che si spera possa fungere da deterrente, ma chi pensa alla donna violentata? Può lo Stato disinteressarsi della sua cittadina così ignobilmente offesa nella dignità e nel corpo? L’iniziativa promossa dagli amici tarentini merita di essere conosciuta e sostenuta, per questo ho pensato di effettuare la breve intervista che riporto di seguito.

                                                                                                          Pietro Ragni

Avete deciso di proporre, per supportare le donne che hanno subito violenza, una petizione ex art. 50. Come mai questa scelta? Ci sono altri precedenti incoraggianti? Tecnicamente cosa succederà nel prossimo futuro?

Nicola Russo – Ci sono molti precedenti di petizioni esaminati dal Parlamento e, in seguito alla petizione di cui trattasi, ora saranno le Commissioni parlamentari incaricate (Affari Sociali) nei due rami del Parlamento a istruire il processo. Noi abbiamo richiesto l’Audizione a entrambe le Commissioni per dare maggiore informazione sul tema a riguardo.

Roberta De Cataldis – Sicuramente la riflessione sul tema della violenza sulle donne e il connesso riconoscimento dell’invalidità, deriva dalla mia esperienza giuridica nel settore del diritto del lavoro. Proprio il mio lavoro e soprattutto, devo dire, l’incontro umano continuo con i miei assistiti, mi ha portato ad osservare ed a verificare che sarebbe importante provare a migliorare la condizione di queste donne, chiedendo che a loro venga riconosciuto un assegno periodico, oltre ad altri ammortizzatori sociali che possono intervenire in tal senso.

 

La petizione è incentrata sulla necessità di assegnare alle donne vittime di accertati abusi sessuali un fondo previdenziale di invalidità. È una prassi già presente in altri paesi? Può essere collegabile ad altre prassi già previste nel corpus nazionale per vittime di reati?

Russo – Mi risulta che in altri paesi ci sono normative che prevedono un riconoscimento previdenziale. In Italia è riconosciuto al momento solo un indennizzo alle donne che hanno subito violenza. Durante il periodo della pandemia con il D.P.C.M. del 17 dicembre 2020 fu introdotto il “Fondo per il reddito di libertà per le donne vittime di violenza” che prevedeva un contributo di importo pari a 400 euro al mese, concesso in un’unica soluzione e per un massimo di 12 mesi; pensato per le donne residenti nel territorio italiano, vittime di violenza, che siano prese in carico dai centri antiviolenza oppure seguite dai servizi sociali nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza.

De Cataldis – La mia analisi parte dal ruolo che dovrebbe svolgere la donna nella società moderna. Nei casi di violenza si arriva a casi di degradazione che vedono la donna considerata come oggetto e non più come soggetto dell’incredibile storia umana donata a ciascuno di noi. D’altra parte la nostra iniziativa si riferisce al Convenzione di Istanbul, ratificata nel 2014 da 20 paesi, fra cui l’Italia. Noi pensiamo che la nostra cultura occidentale sia la più evoluta fra quelle esistenti, invece la condizione della donna in alcune tribù del Sud America è sicuramente migliore di quella che stiamo vivendo ai giorni nostri, perché la donna è libera di mettere a frutto i suoi talenti, senza essere strumentalizzata o oppressa dagli uomini. Per questo bisogna creare una nuova consapevolezza che tenga conto dei vari componenti della situazione.

Avete accennato alcune ragioni medico-epidemiologiche a supporto della vostra petizione; volete per favore sintetizzarle?

Russo – Sì, ci sono delle valutazioni mediche a livello internazionale e questo ci ha suggerito di intraprendere la via della petizione, in modo da supportare le donne che hanno ricevuto i danni fisici e psicologici a seguito di un episodio di violenza. Forse il più noto, fra i lavori scientifici sulle conseguenze sanitarie a seguito di violenze sessuali, fu quello di Campbell pubblicato nel 2002 su “The Lancet” e a esso molti altri seguirono, confermando la gravità di tali episodi e i gravi danni medici inferti a seguito della violenza.

De Cataldis – Sicuramente a tal merito sono importanti gli studi condotti dalla Dott.ssa Rebecca Thurston, psichiatra dell’Università di Pittsburgh, specializzata in problemi di salute delle donne che, nel 2018, con la sua équipe, aveva pubblicato una ricerca nella quale si evidenziava come le vittime di assalti a sfondo sessuale avessero tre volte più possibilità di soffrire di depressione e due volte più chance di incorrere in problemi di ansia e di insonnia rispetto alle donne non violate. Di recente la studiosa ha dimostrato che gli stupri e abusi in età avanzata possono provocare danni cerebrali come l’insorgenza di ictus e demenza.

Cosa vi aspettate per la vostra petizione presso le Commissioni competenti di Camera e Senato? Ci sono modi per aiutare e velocizzare il successo della vostra petizione?

Russo – Bisogna attendere di essere chiamati dalle rispettive Commissioni
per essere sentiti nelle audizioni. Nel frattempo saremmo molto grati a tutti i media che volessero diffondere l’informazione sulla petizione da noi presentata ed anche ai parlamentari che volessero supportare il percorso per arrivare ad approvare la nuova legge.

De Cataldis – Il successo di un’iniziativa è assicurato dal fatto che se ne parli in vari ambiti e ringraziamo Tutti Europa Ventitrenta per l’opportunità concessa con questa intervista. Sarebbe molto importante che maturi nei giuristi o nei legislatori una visione completa del reato di abuso sessuale, in tutte le sue componenti, considerando anche i possibili danni sulla salute delle donne abusate, che possono svilupparsi nel tempo. Anche da loro ci aspettiamo un supporto per accendere l’attenzione sulla nostra petizione.

 

Nicola Russo è nato a Taranto nel 1954, è iscritto all’Albo degli Avvocati dal 1987, ha più di 30 anni di magistratura onoraria. Gli è stata concessa la pergamena di merito “Premio alla Magistratura 2013” consegnata dal Rettore dell’Università di Bari. È coordinatore del Comitato cittadino TARAS FUTURA, in tale qualità, fra l’altro, ha vinto la causa al TAR di Lecce nel 2009 contro la Provincia di Taranto in quanto non vi era nessuna donna fra gli assessori nominati; l’ente si è poi adeguato a tale obbligo.

 

 

Roberta De Cataldis è nata a Taranto nel 1981 ed esercita la professione di Avvocato. Ha scritto numerosi articoli scientifici tra i quali alcuni sul Trust e la proprietà fiduciaria. È giornalista pubblicista avendo collaborato con varie testate giornalistiche regionali. Scrive poesie e racconti brevi pubblicati da “Edizioni Pietre vive” di Locorotondo. Ha promosso anche attività di crowdfunding, organizzando eventi per l’Università degli Studi di Bari.