L’articolo pubblicato nell’ultimo aggiornamento di questa rubrica dal nostro collega Guido Bonarelli ha suscitato un acceso dibattito all’interno della redazione in particolare perché sosteneva che l’Unione europea sarebbe percepita come “lontana dalle aspirazioni dei popoli” e per questo sempre meno attrattiva in vista delle prossime elezioni europee.
Un altro punto della discussione ha riguardato la presunta “difesa dello status quo” riferita all’attuale maggioranza politica formata da popolari, socialisti e liberali, che a livello europeo ha sostenuto nel corso dell’ultima legislatura, la presidenza della Commissione europea di Ursula Von der Lien.
In effetti il cosiddetto status quo corrisponde ad una maggioranza più europeista, favorevole ad una sempre maggiore integrazione europea in senso federale, in contrapposizione a una maggioranza di centro destra che assocerebbe i popolari insieme ai partiti sovranisti che al Parlamento europeo aderiscono ai gruppi ECR, di cui fa parte Fratelli d’Italia, e IDV, di cui fa parte la Lega, più favorevoli ad una Europa delle Nazioni.
In quest’ottica le elezioni del prossimo 8 e 9 giugno possono essere considerate come un confronto tra i sovranisti e i federalisti ma questo non spiegherebbe necessariamente la disaffezione al voto alle prossime elezioni europee sulla base di valutazioni secondo le quali l’Europa sarebbe sempre di più burocratica e verticistica ma potrebbe anche portare ad una maggiore partecipazione.
Un risultato naturalmente auspicato dalla nostra associazione e in linea con le posizione espresse nel nostro sito dichiaratamente europeista, a partire dal suo nome (TUTTI Europa 2030) , che agisce in stretta collaborazione con il Movimento europeo e che ha scelto di avere una rubrica specifica sulle elezioni europee (TUTTI Europa 2024) fino a proporre un decalogo ai candidati alle prossime elezioni per valutarne il grado di europeismo.
In effetti i sondaggi accreditano al momento il partito di Fratelli d’Italia di circa il 25% dei voti, ma queste intenzioni di voto sembrano essere molto più riconducibili ad una valutazione positiva dell’operato della premier Giorgia Meloni piuttosto che basate su considerazioni relative al funzionamento dell’Unione europea.
Anche se in passato abbiamo dovuto constatare la scarsa affidabilità dei sondaggi, è interessante notare che anche lo slogan scelto da FdI per la loro campagna “l’Italia cambia l’Europa” sembra voler valorizzare più la credibilità guadagnata dalla premier in questi mesi tra i partners europei piuttosto che spiegare con più chiarezza in che modo l’Italia intenda cambiare l’Europa.
Anche l’annuncio da parte di Matteo Salvini della candidatura del Generale Vannacci ha sollevato contrarietà all’interno della stessa Lega, per motivi che al momento sembrano molto più legati a dinamiche interne al partito che per considerazioni di carattere europeista.
Così come la presenza nelle liste elettorali dei leaders dei partiti, di destra come di sinistra, con una varietà di opzioni, capolista o in coda, con l’intenzione di andare a Strasburgo o quella di non andarci mai… lascia trapelare una scarsa considerazione per le consultazioni europee da parte dei vertici dei partiti piuttosto che da parte dell’elettorato.
In ogni caso le diatribe di carattere nazionale non sono automaticamente trasferibili a livello europeo, così come auspicano alcuni leader politici nostrani, perché come scrive il Presidente del Movimento europeo Pier Virgilio Dastoli “secondo gli ultimi sondaggi la cosiddetta “maggioranza Ursula” (Ppe, S&D e Renew) avrebbe nel prossimo Parlamento europeo 409 seggi su 720 deputati mentre una teorica “alleanza Meloni” (Ppe, Ecr e Id) avrebbe 353 parlamentari e cioè otto deputati sotto la maggioranza assoluta”.
Sono valutazioni che devono necessariamente attendere conferma dalle urne ma quello che preme ribadire è che le dichiarazioni roboanti su possibili formazioni di maggioranze al Parlamento o rielezioni o meno di attuali vertici, oppure quali “rispediremo le sinistre all’opposizione” , sono da prendere con le pinze perché non bisogna dimenticare che oltre al risultato del voto europeo le scelte saranno fatte da governi che al momento comprendono una maggioranza di forze politiche che non vorranno fare nessuna alleanza con i sovranisti.
Infine nell’accogliere alcune delle critiche che si possono giustamente formulare all’attuale funzionamento dell’Unione europea, ci auguriamo che questo possa servire a migliorare lo “status quo”, ritrovando l’idealismo europeista dell’inizio di questa costruzione spingendo a meglio esprimere i valori a cui si ispira, con l’augurio che queste legittime critiche non si traducano in un moto di allontanamento dalle urne e che, qualunque sia il voto che si vuole esprimere, la nostra posizione è incondizionatamente a favore della partecipazione al voto.