“Indignarsi non basta più!”: lo hanno detto il Portavoce, Samuele Ciambriello, e il Direttivo della Conferenza dei Garanti territoriali delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, sottolineando che è arrivato il tempo di agire nella speranza che non sia troppo tardi. Lo ha affermato il presidente Sergio Mattarella: “sui suicidi in carcere servono interventi urgenti”.
Agire come? Serve praticare l’impegno e tradurlo in soluzioni giuridiche immediate, per ridare a più di 60.000 persone, speranza e dignità, quelle che oggi, l’inerzia del Legislatore sta svilendo. Ecco alcuni dati: da gennaio 2024, si sono tolte la vita 34 persone a cui si aggiungono quattro agenti di polizia penitenziaria che hanno deciso di darsi la morte. Preoccupante è anche l’aumento di casi di autolesionismo, fenomeni di violenza all’interno delle carceri: in primis, si ricordano le violenze a danno di minori reclusi all’Istituto Penale Minorile Beccaria di Milano. Quali sono le diverse cause che generano suicidi in carcere? Il 64% aveva commesso reati contro il patrimonio; il 60% si è tolto la vita nei primi sei mesi di detenzione Il 10%, soffriva di patologie psichiatriche. Cosa si deduce da queste percentuali? Che i suicidi e gli atti di autolesionismo in carcere coinvolgono persone vulnerabili, detenuti che hanno commesso reati di bassa o media gravità, spesso alla prima esperienza di detenzione. Preoccupa l’indice di sovraffollamento, pari al 130%: i detenuti sono più di 60.000 contro una capienza di 48.000 posti. Il portavoce e il Direttivo avanzano alcune proposte: l’approvazione di misure deflattive del sovraffollamento, applicando l’istituto di liberazione anticipata; il miglioramento delle condizioni detentive attuali; la praticabilità del diritto all’affettività in carcere.
Il Garante comunale di Padova, Antonio Bincoletto, indica alcune strade su cui muoversi: adottare misure deflattive per ridurre il sovraffollamento degli Istituti Detentivi, per esempio anticipando il ritorno in libertà per quanti hanno residui di pena irrisori e che hanno mantenuto comportamenti corretti; aumentare il numero di telefonate con parenti e le persone care; rendere possibili i rapporti affettivi con intimi e congiunti; limitare al massimo l’isolamento; creare supporti terapeutici.
“Tutto ciò – ha chiarito Bincoletto- potrebbe essere attuato in breve tempo, senza costi di spesa e potrebbe essere un segnale di attenzione verso i molti che, dentro il carcere, perdono la prospettiva del futuro e cadono in disperazione”. Non ultimo, si rischierebbe di andare incontro ad un richiamo della Corte Europea dei Diritti Umani. “Agiamo finché siamo in tempo; anche i detenuti sono persone- ha concluso Bincoletto.