Le forme attraverso cui si costruisce la resilienza delle città ai cambiamenti climatici sono le più impreviste. Non esiste un modello applicabile da ciascuno e ovunque. Inoltre, si sbaglia quando si dice che la responsabilità di città più salubri e organizzate è nelle mani degli amministratori pubblici. Si sbaglia perché è “anche” nelle mani di sindaci e assessori. Da soli gli eletti del popolo non riusciranno mai a cambiare la faccia delle città che amministrano. Hanno bisogno della società, delle pulsioni e dei bisogni che si agitano dentro un corpo vivo che nella stragrande maggioranza dei casi è sensibile alle tematiche ambientali. Una città, quindi, diventa sostenibile se a crederci sono in tanti.
L’Europa che, come è noto ha stabilito un percorso per raggiungere la neutralità climatica al 2050, è il continente più osservato e studiato da quattro anni in qua. Dal 2019 si è data un piano pluriennale di lotta ai cambiamenti climatici e ha cercato di fare la storia. La futura Commissione di Bruxelles ha ricevuto un’eredità impegnativa, ma non per questo immodificabile. Vista dall’Italia la campagna elettorale per il parlamento europeo ha affrontato molto genericamente i temi della sostenibilità ambientale, della riorganizzazione delle città, degli investimenti (con soldi presi in Europa) per migliorare produzione industriale, consumi, qualità della vita. Gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) sono una sfida enorme, ma vanno trasformati in realtà, ha ricordato recentemente l’Anci, l’Associazione dei Comuni italiani.
L’Italia, in altre parole, deve aumentare la propria capacità di spesa in senso orizzontale, creando quella rete pubblico-privata indispensabile a rendere concreti i progetti di transizione ecologica ed energetica. “Vorremmo che la prossima leadership dell’UE si concentri su compiti con un reale valore aggiunto rispetto alle esigenze dei cittadini e degli imprenditori che rappresentiamo localmente” dice Matteo Bianchi Coordinatore in Lombardia del Dipartimento Europa dell’Anci. Il ruolo degli enti locali è quello di salvaguardare sussidiarietà e governance multilivello. Tra questi due punti si inserisce la forza attrattiva della politica locale. Mettere insieme produzione, bisogni, ricchezze e povertà, beni e servizi pubblici, cultura, vuol dire conformare un territorio, avere traguardi definiti, ma migliorabili. La politica diventa così aggregazione sapiente di esigenze diffuse.
I sindaci italiani hanno parlato di finanziare la territorializzazione degli obiettivi di sostenibilità. Si consideri che le Nazioni Unite nel 2023 hanno messo mano alla revisione intermedia degli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Tanti sconvolgimenti hanno richiesto una realese che deve svegliare le classi dirigenti. Il mondo, quindi anche l’Italia, ha dovuto fronteggiare eventi inattesi come la guerra in Ucraina, un’economia globale debole, le conseguenze della pandemia, migrazioni, cose che hanno “ostacolato i progressi verso gli Obiettivi da raggiungere entro il 2030”. Continuo a ritenere il mondo simile a una mela divisa a metà che nella parte meno malata racchiude l’Europa. La voglia di non interrompere il cammino, con le città al centro di qualsiasi modificazione sostenibile, è essenziale. Ci sono tante forze che devono raccogliere questa sfida. In particolare se si ha a che fare con chi non ci crede.