Il Governo è impantanato in una riforma della Giustizia che presume di risolvere il problema con una specifica sul ruolo dei magistrati. Che, guarda caso, era quella prevista dal gran capo della P2 Licio Gelli. Il grande tradimento costituzionale è in realtà la rimozione dell’avviso “La Giustizia è eguale per tutti” con la derubricazione della lettera maiuscola. Rileggibile come “la giustizia non è eguale per tutti ed è perdente anche per chi vince le cause”. Per non rimanere in un vago pistolotto ideologico mi sfogo con gli episodi personali. Dai due lati di un’aula di giustizia, accusato o accusando. Sono stato condannato a sei mesi di reclusione (a proposito della libertà di stampa, dato apparentabile al trattamento dei giornalisti turchi) per aver diffamato un imprenditore pugliese – tal De Lorenzis – sulla cui reputazione potete aver buona testimonianza googlando su internet. Nel mio libro “Le mafie nel pallone” intercorrevo in un errore in buonafede definendolo pregiudicato. In realtà era stato condannato in primo grado ma assolto in secondo. Da quel giorno in poi sarebbe stato implicato in varie inchieste e vari gradi di giudizio. Difeso da Libera e da Don Ciotti, che mi ha cortesemente messo a disposizione l’avvocato, pagando una provvisionale di 10.000 euro, ho prontamente fatto appello. L’atto di contestazione è stato formulato nel 2016 e la prima convocazione in udienza si è avuta poche settimane fa, all’altezza della primavera 2023. Sette anni per attendere giustizia nei grovigli di una piccola insignificante causa rimasta nel cassetto. L’ovvia aspettativa era per una fine in prescrizione. Niente affatto. Il Giudice ha tirato fuori il plico e l’ha rimesso nel famoso cassetto aggiornando a un anno l’udienza. Questa è una Giustizia lenta e malata che fa fatica anche a prescrivere. Beninteso non era la conclusione che speravo ma in punta di diritto bisogna accontentarsi del salomonico capolinea.
Punctum: il problema non sono i magistrati ma i tempi della giustizia. Ho seguito per dovere filiale la causa che riguardava mio padre defunto malmenato da un camionista per un diverbio autostradale. Venti anni di inseguimento: sentenze favorevoli in ogni grado di giudizio e diritto al risarcimento monetario. Evaporato perché il condannato ha provveduto a liberarsi di tutti i beni diventando patrimonialmente uccel di bosco. Possibilità coercitive della Giustizia? Nessuna! Posso aggiungere un’infinità di denunce querele ed esposti tra Polizia e Carabinieri. Per un negoziante che non mi ha mai rilasciato fattura per un ingente pagamento; per un ente teatrale (quello che governava l’Eliseo) che mi fatto in malafede pagare il costo di un abbonamento senza mai far partire la stagione; per l’hackeraggio del mio profilo su facebook; per una rapina ai miei danni sotto casa con sottrazione di denaro; avverso un meccanico a mio giudizio disonesto; persino per il furto in casa di un prosciutto regalatomi dal presidente della Roma Sensi. Risultati? Zero, virgola zero.
Non credo che l’attuale Ministro della Giustizia abbia il mio stesso punto di vista e stia mettendo mano a efficaci possibili soluzioni.
Questo andamento certo non avvalora da cittadino la mia considerazione per la giustizia italiana e i suoi percorsi. Ma potrebbe valere per milioni di miei consimili. Entrando nell’ordine di idee che la giustizia non può aiutarti anche se sei parte lesa entri in un tunnel mentale di sfiducia che non valorizza certo la tua partecipazione alla società civile e alla sua legittimazione. È una giustizia minuscola che può farti solo paura per la sua burocratica macchinosità. Perché una giustizia che non è celere non è giustizia.