Immagine di Maria Giovanna Lanfranchi

Non scrivermi le cose della guerra

È nato nel 1986 a Kramatorsk, regione di Donetsk (Ucraina orientale). Ha studiato giornalismo presso l’Università statale di Mariupol. Dopo la laurea si era trasferito a Kyiv. È musicista, scrittore, poeta ed attivista ambientale ucraino. Cofondatore e capo dell’organizzazione pubblica «Il pianeta unico», che ha scopi ambientali e animalisti. Il primo libro delle sue poesie «Basta che non mi scrivi sulla guerra» è uscito nel dicembre di 2022 ed è subito diventato un bestseller. Nel 2014 ha partecipato attivamente alla Rivoluzione della Dignità, dopo la caduta del regime di Janukovyč, ha lavorato nell’ufficio stampa del Gabinetto dei Ministri dell’Ucraina (comunicazione internazionale e relazioni interministeriali).

Dal 24 febbraio 2022 si è unito alle forze armate ucraine e tuttora difende l’Ucraina al fronte. Continua a mantenere le relazioni con la gente attraverso la sua musica e poesia. I versi si sono trasformati nella voce del tempo.

 

LA MIA GENERAZIONE

 

La storia è lunga nei libri, in diretta è più incalzante,

la mia generazione la scrive con lacrime fiammanti.

Al diavolo le azioni, guardate la nostra tenacia;

guardate, come ridiamo anche in faccia alla morte.

 

Guardate le nostre danze nelle rovine e fra le trincee,

in alto abbiamo i frantumi, sotto i piedi la cenere

contemporanea nelle cantine, per quelli più audaci.

Solo quando nessuno ci vede, la mia generazione piange.

 

Se il sale di tutte le saline lo gettassimo sulle pene del mondo,

sboccerebbe col fiore di Adone nelle nostre ferite profonde.

Con ogni singola vita condividiamo le gioie e i pianti.

Udite — nella prigione nemica si fanno sentire i canti.

 

Noi, prima di andare all’attacco, preghiamo per la soluzione,

il Signore, se esiste, indossa la divisa della mia generazione.

Non si sa, se saremo da lui accettati, in fine, non siamo santi.

Guardate, come ci infuriamo o con che passione amiamo tanto.

 

Quando dal Marik alla Goverla si è estesa la nera ombra

abbiamo combattuto forte. Siamo sopravvissuti. Siamo morti.

E se tu, come noi, convinto, con la gioia, a voce piena

leggi questo in ucraino, abbiamo combattuto bene.

 

05/07/2022, Regione di Donetsk, distretto di Novoukrainka

 

МОЄ ПОКОЛІННЯ

 

Історія в книгах довга, наживо — минає стрімко,

моє покоління пише сльозами й вогнем сторінку.

До біса маневрів список, дивіться, які ми вперті,

дивіться, як сміємося прямо в обличчя смерті.

 

Дивіться на наші танці з руйновищ, постів, окопів,

над головами уламки, з-під ніг вилітає попіл,

контемпорарі в підвалах для тих, хто лихої вдачі.

Моє покоління плаче так, щоб ніхто не бачив.

 

Якщо би всю сіль з копалин жбурнути в страждання світу,

то більшість у наших ранах розквітла би горицвітом.

Із кожним життям навколо недоля і доля спільні.

Прислухайтесь — у полоні ворожому чутно співи.

 

За мить як піти в атаку, ми молимось про спасіння,

якщо Бог і є, він носить форму мого покоління.

Чи прийме він нас, хто знає. Святих серед нас немає.

Дивіться, як ми лютуєм, як пристрасно ми кохаєм.

 

Коли чорна тінь повстала від Маріка до Говерли,

ми билися, як востаннє. І вижили. І померли.

Якщо, як і ми, уголос, ти весело й непохитно

читаєш це українською, значить ми бились гідно.

 

05.07.2022, с. Новоукраїнка Дон. обл.

 

La poesia «La mia generazione» apre il primo libro del poeta Pavlo Vyscebaba intitolato «Non scrivermi le cose della guerra». Anche se la parola “guerra“ non viene pronunciata in questi versi, l’autore descrive i segni più significativi della generazione, che è costretta a scrivere la propria pagina della storia “con lacrime fiammanti“, difendere la sua casa, la sua famiglia, il suo paese e alla fine anche la sua lingua. Di questo scrive nel finale: “se tu… leggi questo in ucraino, abbiamo combattuto bene “.

 

IL DOLORE DELL’ARTO FANTASMA

 

Nel Donbas le città non si svegliano dalle sirene,

la gente le ha lasciate, come il sangue lascia le vene,

il fronte le ha staccate con il bisturi tagliente,

il dolore dell’arto fantasma ognuno di noi lo sente.

Noi guardiamo quell’arto immobile da vicino,

ma soltanto attraverso l’ottica del mirino.

Non in camici bianchi, ma in uniformi con le lettere sporche

ricuciamo il paese con aghi di calibro grosso.

Sorgerà l’alba ucraina sul crinale del Donetsk,

in quella terra oggi senz’altro qualcuno di noi rimane.

Ma il pensiero ti sfiora, mentre guardi dalla feritoia:

hai vissuto da uomo comune, morirai da eroe.

 

22/04/2022, Regione di Donetsk, distretto di Maryinka

 

ФАНТОМНІ БОЛІ

 

На Донбасі міста не прокинуться від сирени,

їх покинули люди, як кров залишає вени,

їх відрізали скальпелем фронту супроти волі,

кожен з нас відчуває у тілі фантомні болі.

Ми вдивляємось в бік знерухомленої кінцівки,

але поки лише через оптику, лиш прицільно.

Не у білих халатах — у формі з брудними літерами

тут країну зшивають голками крупнокаліберними.

Український світанок зійде над Донецьким кряжем,

хтось із нас неодмінно до ночі в цю землю ляже.

Тільки думка майне, як заправиш в ріжок набої,

що ти жив, як простий чоловік, а помреш, як воїн.

 

22.04.2022, Мар’їнський район Дон. обл.

 

 

«Il dolore dell’arto fantasma» di Pavlo Vyscebaba in un certo senso è una poesia autobiografica. L’autore, nativo della regione di Donetsk, racconta con una particolare sofferenza la forzata divisione dell’Ucraina. Il Donbas, che “il fronte ha staccato con il bisturi tagliente“, viene paragonato ad un arto amputato, che provoca i dolori “dell’arto fantasma” per chi è stato operato. Ma infine, la speranza, che “sorgerà l’alba ucraina sul crinale del Donetsk “ aggiunge ottimismo e ipotizza che il dolore subito non sia stato inutile.

 

IL PIÙ

 

Come stai? — io ormai non ti chiedo
lunghi particolari — è un attributo
dei tempi di pace, ora l’obiettivo
è essere. Essere, soprattutto.

 

Il valore della vita è quasi uguale
al barile di petrolio, ma ti prego
dal fronte, dal rifugio, fatti sentire,
metti un semplice „più“ almeno qui.

 

Io faccio una corsa fra mille impegni,
hai da farti stancare anche tu.
Sulla cenere segno i due nostri destini:
una linea, una linea — „il più“.

 

31/03/2022, Regione di Donetsk, distretto di Pokrovsk

 

ПЛЮС

 

Як ти? — не буду тебе питати.
Довгі подробиці — атрибут
мирних часів, нині інший статус.
Просто, будь ласка, будь.

 

Курс на життя зараз не дорожчий
за нафтовий барель, та я молюсь.
Фронт, укриття, чужина абощо —
просто постав тут плюс.

 

Маєш, напевно, чималий клопіт,
часом і я наче з ніг валюсь.
Дві наші долі малюю на попелі:
лінія, лінія — плюс.

 

31.03. 2022, Покровський район Дон. обл.

 

Nella poesia «Il più» Pavlo Vyscebaba racconta di amore in tempi di guerra. Nei casi, quando non è possibile comunicare con la propria famiglia, i militari mandano un semplice “+“, quel segno significa “tutto a posto“. Allo stesso modo le linee dei due destini, rovinati dalla guerra, l’autore nella sua immaginazione li incrocia, formando “il più“, come la speranza per un futuro insieme, dove finalmente tutto andrà a posto.

 

Traduzione e commento di Tania Gryf

 

Pavlo Vyshebaba

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