Negli ultimi tempi vado raramente al cinema e quasi mai la mia scelta cade su film d’animazione. Ma ogni regola ha le sue eccezioni. L’anno scorso siamo andati con la famiglia a vedere il film “Mavka e la foresta incantata”. Perché in Italia non capita spesso di vedere film ucraini, in più si trattava di una pellicola ispirata alla mia opera preferita di Lesja Ukraïnka, “Il canto della foresta”. È da dire che in quel film è rimasto forse soltanto un decimo del grande classico originale. Tuttavia, con l’aggiunta di nuove trame e moderni effetti speciali, ne è uscita una storia interessante, da guardare con piacere in famiglia.

Ma la visione del film mi ha spronato a rileggere “Il canto della foresta”, e successivamente mi è venuta anche l’idea di tradurre quest’opera in italiano. Ho cercato di convincermi che un compito così serio fosse al di sopra delle mie capacità, ma di tanto in tanto aprivo il mio dramma preferito e traducevo ancora un altro pezzo. Poi ho scoperto che in Italia stava per uscire in stampa “Il canto della foresta” in un’altra traduzione, e poi in un’altra ancora. L’autrice dell’ultima, Yaryna Hrush Possamay, è anche la traduttrice della sceneggiatura del film sopra menzionato.

Ma per non far sì che il mio entusiasmo vada sprecato, lasciate che vi racconti un po’ dell’autrice di questo dramma – Lesja Ukraïnka . Inoltre, il 1° agosto 2024 sono trascorsi 111 anni dalla morte della grande poetessa, e questo è un ulteriore motivo per ricordarla.

Il vero nome della scrittrice è Larysa Kosač, successivamente nel matrimonio Larysa Kosač-Kvitka. Nacque nel 1871, il 25 febbraio secondo il nuovo calendario. Per capire di quale epoca e di quale ambiente stiamo parlando, vi invito a rileggere uno dei miei precedenti articoli, dedicato a Mychajlo Staryckyj. In esso si parla del lavoro della Vecchia Comunità, che operava a Kyiv negli anni ’70 del XIX secolo e si occupava di attività educative, aprendo scuole e biblioteche nei villaggi. I membri della comunità investivano in quest’opera i propri fondi, raccoglievano e trascrivevano anche il folklore popolare. I fondatori e i membri più attivi di questa comunità, oltre a Staryckyj e Lysenko, di cui ho già parlato, erano anche Mychajlo Drahomanov e Petro Kosač.

Il lettore attento probabilmente si sta già domandando: se la Vecchia Comunità operava negli anni ’70, che cosa c’entra Larysa Kosač, che all’epoca era appena nata? Il fatto è che tre anni prima Petro Kosač sposò la sorella di Mychajlo Drahomanov, Olha. Fu l’unione di due antiche famiglie nobiliari, e perciò da entrambe le parti si prestava molta attenzione all’educazione armoniosa dei figli (e i Kosač ne ebbero ben sei!). Poiché la maggior parte delle scuole dell’epoca era già russificata, la famiglia preferì basarsi sull’istruzione privata per i loro figli. Larysa era la seconda figlia e sin dall’infanzia dimostrò notevoli capacità: a quattro anni imparò a leggere, a cinque suonava già abbastanza bene il pianoforte, oltre a studiare le lingue straniere, amava disegnare e ricamare.

Abbastanza presto Larysa iniziò anche la sua attività letteraria. Scrisse la sua prima poesia a 9 anni, a 13 pubblicò alcune poesie già sotto lo pseudonimo di Lesja Ukraïnka, a 14 anni uscì il suo primo poema, “La Sirenetta”, e a 22 anni la sua prima raccolta poetica “Sulle ali delle canzoni”, alla cui pubblicazione contribuì Ivan Franko. Sembrava che la strada verso il futuro di questa ragazza talentuosa fosse già spianata e cosparsa di fiori: lei sognava la carriera letteraria e musicale. Ma a dodici anni arrivò una notizia terribile: i dolori cronici che da tempo tormentavano Lesja non erano reumatismi, come avevano erroneamente pensato i medici, ma tubercolosi ossea. Fu posta una croce sulla carriera musicale: dopo un’operazione per rimuovere alcune ossa della mano sinistra, la ragazza non poteva più suonare il pianoforte.

Lesja Ukraïnka si concentrò sull’attività letteraria. La malattia fu per lei una sofferenza perpetua, che lei stessa chiamava “la guerra di trent’anni”. Tuttavia, questa stessa malattia la spinse a vivere la vita nel modo più pieno possibile: a studiare, scrivere, relazionarsi e viaggiare. Per rallentare un po’ il progresso della malattia, i genitori cercavano costantemente luoghi di cura dove Lesja potesse vivere, curarsi e lavorare con il minor danno possibile per la sua salute. Il più delle volte si recava in Georgia, Crimea, Egitto e Italia, anche se viaggiava molto anche in generale.

Nonostante la grave malattia, Lesja Ukraïnka conduceva una vita sociale piuttosto attiva e aveva una vasta cerchia di contatti. In gran parte, questo era merito della sua famiglia. Il padre partecipava attivamente nella vita sociale del paese, la madre, scrittrice e poetessa, aveva idee piuttosto progressiste sull’emancipazione femminile. Le porte della loro casa erano sempre aperte per gli amici, lì spesso si riunivano scrittori, artisti e musicisti. Tra le persone più vicine a Lesja Ukraïnka c’erano Volodymyr Antonovyč, Mychajlo Staryckyj, Maksym Kovaljevskyj, Mykola Lysenko, e lo zio, Mychajlo Drahomanov, che si ritiene sia stato una figura chiave nella formazione della visione del mondo di Lesja. Nel 1891 Lesja Ukraïnka visitò la Galizia, e qualche anno dopo la Bucovyna; dopo questi viaggi, alla “lista” dei suoi amici si sono aggiunti Ivan Franko, Vasyl’ Stefanyk, Osyp Makovej, Ol’ha Kobylians’ka, Nataliya Kobryns’ka (tutti loro sono anche illustri rappresentanti della comunità culturale ucraina).

A partire dagli anni giovanili, insieme al costante studio, all’apprendimento delle lingue straniere e ai viaggi dovuti alla malattia e non, Lesja Ukraïnka si appassionava sempre di più alla scrittura di poesie, leggeva e traduceva in ucraino i migliori esempi della letteratura mondiale, organizzò con il fratello maggiore Mychajlo il circolo letterario “Pleiade”, si appassionò di drammaturgia, scrisse drammi e articoli pubblicistici sulla condizione delle classi povere e sul ruolo della donna nella società. E se le opinioni di sua madre riguardavano principalmente l’emancipazione, Lesja Ukraïnka, insieme a Ol’ha Kobylians’ka, Nataliya Kobryns’ka e altre attiviste, adottava posizioni apertamente femministe.

E l’amore? A giudicare dalle poesie e dalle lettere, nel cuore di Lesja Ukraïnka spesso si rintanavano burrascose passioni. Carismatica e colta, non passava inosservata nel suo ambiente, e lei stessa non di rado si lasciava trasportare dai sentimenti. Tuttavia, se abbia mai conosciuto la vera gioia di un amore reciproco o la felicità familiare, è difficile dirlo. La “prima cotta” adolescenziale di Lesja Ukraïnka fu probabilmente il giovane letterato Maksym Slavinskyj, amico del fratello maggiore Mychajlo e membro attivo del circolo letterario “Pleiade”. Al momento del loro incontro, lui aveva 18 anni e Lesja 15. Maksym frequentava la casa dei Kosač, lavorava con Lesja sulle traduzioni di Heine e tra i due giovani nacque una reciproca simpatia. Si ritiene che la poesia “Sogno di una notte d’estate” sia stata dedicata da Lesja Ukraïnka proprio a lui. Tuttavia, questo amore quasi infantile non durò a lungo e, dopo pochi anni, Maksym si sposò con un’altra donna e, come affermavano i contemporanei, fu abbastanza felice nel matrimonio.

Più tardi, quando Lesja aveva 24 anni, nella casa dei Kosač a Kiev, una stanza fu affittata da uno studente georgiano, Nestor Gambarašvili. Era una specie di rapporto alla pari: lui si occupava delle lezioni con le sorelle e il fratello minori di Lesja. Fece amicizia anche con Lesja. Lei lo aiutava a studiare il francese, lui la aiutava con il latino. Quando Nestor andava in Georgia, Lesja attendeva con impazienza il suo ritorno, e lui le portava regali e souvenir dal suo paese, una volta, su richiesta di Lesja, le portò persino un vero pugnale. Tuttavia, sembra che il giovane vedesse la loro relazione come puramente amichevole, poiché poco dopo si sposò con un’altra. Lesja Ukraïnka, sebbene cercasse di non mostrarlo, visse questo matrimonio come una profonda delusione.

Nell’estate del 1897, mentre era in cura a Jalta, in Crimea, Lesja Ukraïnka incontrò il marxista bielorusso Serhij Meržyns’kyj. Lui soffriva di tubercolosi polmonare e si stava curando in Crimea. Lei si interessò sinceramente alle sue opinioni politiche e ben presto nacque tra loro una relazione di amicizia; Meržyns’kyj visitò più volte la famiglia Kosač. Sebbene non sembrasse malato, la tubercolosi progrediva inesorabilmente. Nei versi di Lesja Ukraïnka di quel periodo domina l’intreccio tra amore, ansia e morte. Quando la malattia costrinse Meržyns’kyj a letto, Lesja, nonostante le proteste della famiglia, si trasferì da lui a Minsk e rimase con lui fino alla sua morte nel 1901.

Ma tre anni prima, durante una lettura letteraria a Kiev, uno studente di nome Klyment Kvitka si avvicinò a Lesja Ukraïnka. Il diciottenne espresse la sua ammirazione per l’operato della poetessa, che era già nota a quei tempi. Le raccontò del suo interesse per il folklore ucraino, e Lesja Ukraïnka iniziò ad aiutarlo a registrare e sistematizzare le canzoni popolari. La loro collaborazione durò diversi anni, e nel 1903 Lesja Ukraïnka si trasferì da Kvitka in Georgia, dove iniziarono a vivere insieme in un’unione civile. Nel 1907, sotto la pressione della famiglia, Lesja Ukraïnka e Klyment Kvitka si sposarono in chiesa. Gli ultimi anni di vita di Lesja Ukraïnka furono trascorsi in Georgia, con la malattia che avanzava e Kvitka, anche lui spesso malato, con difficoltà economiche frequenti. Tuttavia, questo fu il periodo più produttivo dal punto di vista creativo, durante il quale Lesja Ukraïnka scrisse “Il canto della foresta”, “L’avvocato Martian”, “Il padrone di pietra”. Il 1° agosto 1913 il cuore della grande letterata si fermò.

Naturalmente, la mia storia su Lesja Ukraïnka è incompleta: una personalità così straordinaria richiede uno studio lungo e dettagliato. Tanto più che non sono riuscita a includere nel formato dell’articolo il racconto del mio dramma preferito, “Il canto della foresta”. Spero sinceramente di poterlo fare in uno dei prossimi articoli. Per ora, però, lascerò qui la traduzione di una delle poesie più emblematiche di Lesja Ukraïnka, “Contra spem spero”. Tanto più che le parole di quest’opera corrispondono perfettamente allo stato emotivo della maggior parte degli ucraini, che ormai da tre anni vivono in guerra.

 

 

CONTRA SPEM SPERO

I miei pensieri, voi, nubi autunnali
andate via, c’è la primavera d’oro!
Non voglio la mia gioventù passare
con i rimpianti, i lutti e i rancori!

No, voglio fra le lacrime gioire
nel mezzo ai guai fare i miei canti,
e vivere in pieno! E sognare
senza speranza! Via, pensieri affranti!

Sul terreno arido e povero
Seminerò i fiori colorati
Sul gelo io pianterò quei fiori,
Innaffiando con le lacrime versate.

Le calde lacrime faranno sciogliere
la crosta dura, forte e gelata
E, forse, i fiori belli nasceranno
e la primavera verrà inaspettata.

Sulla collina ripida di selce
trascinerò un sasso ponderoso
Con la fatica di portar quel peso
intonerò una canzone gioiosa.

Nel buio impenetrabile della notte
non mi permetto di dormir ignara,
ma cercherò la stella guidatrice
dei notti scuri la padrona chiara.

Si! in mezzo al pianto metto le risate
e canterò nelle disgrazie mai viste
Senza speranza resterò sognante
Vivrò! Andate via, voi, pensieri tristi!

1890

 

Traduzione  – Tania Gryf

 

CONTRA SPEM SPERO

 

Гетьте, думи, ви хмари осінні!

То ж тепера весна золота!

Чи то так у жалю, в голосінні

Проминуть молодії літа?

 

Ні, я хочу крізь сльози сміятись,

Серед лиха співати пісні,

Без надії таки сподіватись,

Жити хочу! Геть, думи сумні!

 

Я на вбогім сумнім перелозі

Буду сіять барвисті квітки,

Буду сіять квітки на морозі,

Буду лить на них сльози гіркі.

 

І від сліз тих гарячих розтане

Та кора льодовая, міцна,

Може, квіти зійдуть — і настане

Ще й для мене весела весна.

 

Я на гору круту крем’яную

Буду камінь важкий підіймать

І, несучи вагу ту страшную,

Буду пісню веселу співать.

 

В довгу, темную нічку невидну

Не стулю ні на хвильку очей —

Все шукатиму зірку провідну,

Ясну владарку темних ночей.

 

Так! я буду крізь сльози сміятись

Серед лиха співати пісні

Без надії таки сподіватись,

Буду жити! Геть думи сумні!

1890