Art. 77 Cost.: Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni. I decreti perdono efficacia sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.

L’intento e la convinzione del costituente è stata quella di tenere ben saldo il principio della separazione dei poteri, riservando al solo Parlamento la funzione legislativa. Tuttavia, quando si presentano situazioni reali di interventi immediati e necessari, il governo può emettere decreti legge provvisori e il parlamento, entro sessanta giorni, può approvarli, bocciarli o emendarli. Si fa salvo il principio della separazione dei poteri, ma si fa salva anche la necessità di provvedere con immediatezza e solo nei limiti posti di necessità e urgenza.

Bene, questo principio ormai viene tradito da almeno trent’anni con la proliferazione di decreti legge che di fatto fanno sì che oggi l’attività preminente sia di iniziativa governativa e il parlamento svolga una funzione notarile. A niente sono valsi i richiami del presidente Napolitano prima e Mattarella poi, a niente sono valsi i richiami della Corte Costituzionale. Le maggioranze che si sono susseguite in questi anni hanno cambiato la Costituzione nel silenzio generale. È uno dei mutamenti istituzionali del sistema democratico che dovrebbe preoccupare. Le democrazie occidentali, Europa e Stati Uniti, rappresentano circa il 10% della popolazione mondiale e stanno assumendo sempre più connotati che ne mutano le radici e i connotati. Non è un caso che, secondo un sondaggio fatto da La 7, il 53% nella fascia 18-35 anni preferisca sistemi con un uomo solo al comando. Non vi è dubbio che la colpa principale sia del sistema scolastico, largamente deficitario nello studio della storia e privo di educazione costituzionale, ma al di là di questo la tenuta delle democrazie occidentali è in crisi. Non è un caso se, sempre il medesimo sondaggio, prova che il 77% dei cinesi ritiene di vivere in una democrazia. Io lo tocco con mano, in Thailandia, pur essendoci un sistema costituzionale di una quasi-democrazia, la popolazione non sa cosa sia una democrazia. Una delle cause principali è, secondo me, la scomparsa dei partiti. Togliatti diceva che i partiti sono il luogo dove la democrazia si organizza. Altro dato che sta minando le nostre democrazie è il luogo dove si esercita il potere, premesso che i parlamenti contano molto poco. Se vediamo i bilanci delle cinque maggiori multinazionali, a partire da Apple e Microsoft, vediamo che sono di due o tre volte il PIL italiano; la risposta è fin troppo semplice. Il potere oggi è in mano alla finanza che condiziona ogni scelta politica. Come invertire questa tendenza? Prima di tutto promuovendo nelle scuole lo studio della storia moderna e della Costituzione e poi sperando nel ritorno ai partiti politici, unico strumento dove far vivere la democrazia, pena la sua scomparsa. L’abolizione dell’attuale legge elettorale e il ritorno a una legge che consenta ai cittadini libertà di scelta, l’auspicata abolizione del c.d. Premierato che svuota i poteri del parlamento e del Presidente della Repubblica, l’abolizione della legge sull’autonomia differenziata che affida ancora di più alle Regioni poteri straordinari e divisivi, sono momenti fondamentali per riaffermare il valore della nostra democrazia costituzionale. Ai partiti moderni dovremmo affidare una seria riflessione sulla loro struttura: da reali luoghi della democrazia a associazioni liquide e virtuali. Questo è il loro cammino… è necessario invertire la rotta, altrimenti alle prossime elezioni aumenterà ancora il numero dei cittadini che non vanno a votare.”