Qualche giorno fa alcuni quotidiani, ma non certo molti, hanno riportato la decisione del Dicastero per la Dottrina della Fede, che ha condannato come scisma il comportamento e le dichiarazioni di monsignor Carlo Maria Viganò, l’ex nunzio apostolico negli Stati Uniti.
Viganò ha definito Papa Francesco come un “falso profeta” e un “servo di Satana“, mettendo anche in questione la legittimità della sua elezione al soglio pontificio e rifiutando i risultati del Concilio Vaticano II. Il prelato aveva chiaramente l’intenzione di ritornare a un’ortodossia tradizionale della dottrina cattolica contro tutte le evoluzioni iniziate con il Concilio Vaticano II, contestando Papa Francesco, che è senz’altro il portatore di alcune importanti innovazioni nel pensiero e nella dottrina.
Non intendo minimamente discutere o criticare la decisione del Dicastero della Santa Sede competente all’applicazione del Diritto Canonico circa il delitto di scisma, sanzionato da tale diritto. Non ho certo le competenze per un’analisi del Diritto Canonico dei teologi e dei più alti interpreti della dottrina cattolica. Questo tipo di crimini sono di tre tipi: eresia, apostasia e scisma, ben codificati nella dottrina, ma chi volesse saperne di più può riferirsi all’articolo di Maria Cives “I delitti contra fidem, aspetti sostanziali e procedurali”.
Per un modestissimo cristiano come me, queste tre fattispecie ricordano soltanto discriminazioni, orrori, massacri, torture e persone condannate al rogo nel corso della storia, e non credo ci sia bisogno di rievocare tragici esempi come Albigesi e Catari, Ugonotti, roghi di streghe, ecc.
Nei tempi in cui la dottrina cristiana e l’autorità del papato esercitavano il potere temporale sulle comunità umane o interagivano con Principi e governi che se ne servivano per rafforzare e consolidare il proprio potere (cuius regio eius et religio), non meraviglia che le punizioni di questi crimini fossero tra le più violente. Oggi, invece, esse comportano essenzialmente la scomunica, e cioè l’allontanamento dei colpevoli dalla comunità cristiana o, se sacerdoti, la preclusione dai riti e dai sacramenti. In un mondo nel quale si possono liberamente esprimere, non solo sui media ufficiali, ma anche sui social media, tutte le idee, incluse le più strane, false e inattendibili possibili, anche l’interpretazione della fede ufficiale diventa sempre più difficile da affermare. Del resto, in questa epoca di confusione, non è un caso che i teologi e i politici conservatori vogliano ritornare ai “bei tempi andati”, e cioè alle interpretazioni del Cristianesimo, dell’Islam e dell’Ebraismo che “loro” pensano essere quelle giuste contro i “progressisti” che le avrebbero dimenticate. Le battaglie di retroguardia non hanno mai avuto successo, e ci siamo presto dimenticati dell’analogo scisma di Mons. Lefebvre.
Molti rimangono peccati, come il sesso prima del matrimonio, l’adulterio e attualmente anche l’omosessualità, ma mi sembra siano diventati talmente veniali da essere passati nettamente in seconda linea. Molti cattolici hanno praticato l’aborto, e molti altri credono che la castità di sacerdoti e monaci sia qualcosa che dovrebbe essere superata. Resta il fatto che se queste rimangono convinzioni individuali, nulla quaestio. Ma se divenissero oggetto di predicazione e anche diffusione, si potrebbe senz’altro incorrere in una delle tre fattispecie citate.
Quando se ne macchia un sacerdote o un alto prelato, la cosa è certamente diversa. Perché nella Chiesa Cattolica, a differenza del mondo Ebraico e dell’Islam, solo il Papa è l’interprete ufficiale dei precetti della religione. Quello che voglio timidamente osservare è però il problema dell’evoluzione dei concetti, e certamente anche delle parole che li esprimono.
In questo mondo sempre più laico, e dove è permesso di credere, dire e scrivere di tutto, eresia, apostasia e scisma sembrano sempre più parole ripescate dalle catacombe del passato. Appena ho letto le dichiarazioni di Mons. Viganò, prima mi è venuto da ridere, poi ho pensato che a questo poveraccio sarebbe stato più utile prescrivere cure psichiatriche, piuttosto che conferirgli l’antica e obsoleta definizione di “scismatico”, che tra l’altro mi domando per quanti cristiani sarà veramente qualcosa che susciti interesse.
Tutte le concezioni, religioni e ideologie invecchiano e spesso esperti di ogni tipo, inclusi i teologi, sono chiusi in gruppi ristretti, impermeabili all’evolversi dei tempi.
Vorrei citare un altro esempio che potrebbe sembrare non avere nulla a che fare col precedente. Si tratta di un’inchiesta giornalistica riprodotta in un podcast intitolato “La Confessione” della durata di più di due ore ad opera di tre giornalisti: Stefano Feltri, Federica Tourn, Giorgio Meletti. Parla degli atti di pedofilia compiuti da un sacerdote di Enna, don Giuseppe Rugolo, condannato a 4 anni di reclusione quando, dopo molti anni, il suo giovane accusatore, Antonio Messina, ha finalmente deciso di portare il caso dinanzi ai tribunali dello Stato. Lascio ad altri esperti e giornalisti la tremenda analisi del fenomeno della pedofilia nella Chiesa, oggetto di molte inchieste in America e in Australia, che hanno condotto a condanne penali e a fantasmagorici risarcimenti alle vittime (c’è anche un bellissimo film a riguardo, “Il caso Spotlight”). Non è questo il punto che vorrei portare all’attenzione, per suscitare riflessione e dibattito. La giovane vittima e i suoi genitori, comportandosi da veri cristiani, hanno tentato per quasi 8 anni di denunciare il caso di Rugolo alle autorità ecclesiastiche, prima al Parroco, poi al Vescovo di Enna e ad altri sacerdoti, e purtroppo il ragazzo ha anche scritto un’accorata lettera al Papa, che non ha avuto risposta. Anzi, lo stesso Papa Francesco, che i conservatori detestano per i suoi atteggiamenti liberali, ha fatto alla fine dichiarazioni ambigue, così come inconcludenti ed ambigue sono state le interviste al Cardinale Zuppi.
Quello che è interessante non è che nella Chiesa, come in tutte le comunità, vi siano dei pedofili; quello che colpisce è l’antico e obsoleto tentativo di coprire questi casi per salvare le “apparenze” e cioè evitare scandali che coinvolgano l’intera Chiesa.
Anche in questo caso mi colpisce l’obsolescenza dei metodi. I giornalisti dell’inchiesta riportano fedelmente scritti e conversazioni telefoniche che, in un non lontano passato, sarebbero rimasti riservati. Pensare che oggi, nel mondo degli smartphone e dei social media, qualcosa rimanga segreto o riservato è pura follia, e tentare di coprire questi fatti fa parte di un metodo obsoleto, che prima di suscitare indignazione è soprattutto stupido e inefficace. Sarebbe stato molto più consono ai tempi denunciare e colpire subito il prete pedofilo, perché questo avrebbe conservato e difeso la dignità della Chiesa e la coscienza dei credenti.
Io sono stato educato dai Fratelli Maristi del San Leone Magno e ringrazio ancora Fratel Alberto Dalla Costa per la sua onestà morale ed intellettuale, che diceva che uno dei più grandi miracoli della Chiesa è stato che essa abbia potuto durare per più di duemila anni.
Per me il messaggio cristiano resta quello delle Beatitudini del Discorso della Montagna, che sintetizza magnificamente il pensiero cristiano e anzi dicevo ai miei studenti che esso era la prima Dichiarazione dei Diritti Umani.
Tutto si evolve paurosamente nel nostro mondo, ma i precetti religiosi devono essere necessariamente interpretati guardando ai tempi: nel Corano non c’è scritto da nessuna parte che le donne devono essere coperte, e tutti i discepoli di Gesù erano sposati. L’Occidente è diventato sempre più laico, ma questo dovrebbe indurre tutte le fedi a distillare sempre più quei principi comuni che ci rendono tutti uguali e tutti esseri umani. Non è un caso che la Bibbia, il Grande Libro, resti la base della dottrina Cristiana, dell’Islam e dell’Ebraismo, ma nessuno penserebbe che molti dei suoi racconti possano essere applicati nel mondo attuale.