Ora tutti a misurare chi ha vinto e chi ha perso al borsino della nuova Commissione europea, la Ursula II appena presentata al Parlamento europeo e in attesa delle audizioni individuali e del voto finale.
Una volta, con l’immaginazione dei giornalisti, la presentazione era preceduta dalla notte dei lunghi coltelli. Il Presidente si riuniva con i nuovi Commissari in un castello vicino a Bruxelles e là, al riparo apparente dalle pressioni esterne, il castello era in realtà permeabile alle telefonate degli Stati membri, i convenuti si distribuivano i portafogli. Di qui le liti, le soddisfazioni, i mugugni. Peggio ancora quando gli Stati membri designavano due Commissari, con la fratricida lotta fra i due a chi otteneva il portafoglio più ricco. I due erano spesso esponenti di partiti diversi, il loro personale risultato stingeva sul peso del partito.
Ora che il Trattato assegna al Presidente la responsabilità degli incarichi, la partita è meno cruenta, seppure segnata dalle pressioni degli Stati membri, ciascuno dei quali vuole per il proprio Commissario il riconoscimento adeguato allo status della persona, del partito, del Paese.
La Presidente si è valsa appieno dei poteri del Trattato. Ha scambiato il riluttante francese Breton con l’accomodante Séjourné. Il primo era un veterano del Berlaymont: uomo di carattere, come si dice di chi ha carattere difficile, contestatore di Ursula della prima ora. Il secondo lascia il Quai d’Orsay al successore che Barnier vorrà insediare. Giovane, di buon carattere, ha in premio la dotazione più ricca, assieme a quella assegnata alla Commissaria e Vicepresidente spagnola.
Ursula ha sciolto il nodo delle vicepresidenze esecutive, quel ruolo altisonante nel nome e ambiguo nell’applicazione, che assegna ad alcuni Commissari di fascia A il coordinamento di alcuni Commissari di fascia B. Era la battaglia del Piave per il Governo italiano: il goal segnato, come ha dichiarato dallo schermo la Presidente Meloni, per mostrare che non paghiamo il voto contrario a Ursula una prima volta in Consiglio europeo e una seconda in Parlamento. L’Italia è uno Stato membro fondatore, il riconoscimento va al suo rango prima ancora che alla personalità del Commissario ed al colore politico del Governo.
E d’altronde Ursula costruisce una Commissione variegata sotto il profilo politico e alquanto uniforme sotto quello del genere. La maggioranza è maschile e questo sarà un elemento di debolezza di fronte al Parlamento. Qualche maschio rischia.
La maggioranza dei seggi va ai Popolari, seguiti dai socialisti e dai liberali. Seggi residuali vanno alle destre, fra cui il nostro Fitto. L’indicazione è chiara: Ursula intende esercitare in libertà i poteri presidenziali e cercare di volta in volta la maggioranza conveniente, da quella tradizionale all’apertura verso la destra conservatrice. A restare fuori sarebbero la sinistra e la destra estreme.
Qualche commentatore ritiene che questo atteggiamento ondivago indurrà l’ECR, la famiglia politica di Fratelli d’Italia, a fare chiarezza al suo interno fra i sovranisti puri e duri, da mandare eventualmente presso i Patrioti, e gli europeisti timidi. Insomma: allargare la base del consenso non confonde ma chiarisce.
Si creano portafogli nuovi come la Difesa e il Mediterraneo. Il sistema politica estera, di sicurezza e difesa è appaltato ai Baltici. I due titolari dei portafogli PESC e PSDC considerano la Russia nemica capitale dell’Europa: dobbiamo perciò attrezzarci per una tensione di lunga lena con Mosca. I Commissari che non la vedono in maniera così radicale saranno chiamati ad un paziente lavoro di riequilibrio, se davvero non vogliamo acconciarci all’idea che la Russia è irrecuperabile ad un discorso comune.
Conteranno la stessa Ursula, che viene dalla scuola democristiana della sua mentore Angela Merkel, ed il socialista Costa alla presidenza del Consiglio europeo. È prevedibile che sui dossier esterni si registreranno frizioni a Bruxelles quanto, se non più, che sui dossier economici. Sul principale dei quali, gli affari economici, Ursula piazza l’ultra veterano Dombrovskis, noto per le posizioni rigide così care al fronte dei frugali e così ostiche a quello degli “spendaccioni”.
Quanto peserà l’agenda Draghi nella strategia della prossima Commissione? Il consenso generale che riceve il suo autore è sospetto. Troppo facile dirsi d’accordo con una terapia che sconvolge l’approccio tradizionale. Ed infatti il Ministro tedesco delle Finanze dichiara subito la riserva sulla nuova emissione di debito europeo: lo strumento finanziario che, per Draghi, occorre per accumulare gli 800 miliardi necessari ad uscire dall’agonia.
Ursula si pone nella scia di Draghi nelle dichiarazioni di accompagnamento del Rapporto sulla competitività, non assegna le lettere di missione in ottemperanza. Il fatto che Draghi esaurisca il compito da consulente senza responsabilità esecutive la dice lunga sulla possibilità che il Rapporto divenga la bussola della Commissione.