Frammenti di arcobaleno si confondono
fra le nuvole basse ed i campi di grano
ormai brulli, intervallati da piccoli
rilievi di sabbia umida e scura; veloce
il pullman corre verso Salamanca.
I sette colori ben distinti all’inizio,
poi si mescolano e sfumano,
tremolando come attraversati
da un’onda improvvisa di gelo;
si dissolvono nel grigiore del cielo.
Poche gocce, un turbine di pioggia più forte
che scorre a rivoli sui vetri dei finestrini;
scompare l’ultimo tenue riverbero dei colori,
siamo avvolti da un manto plumbeo e spesso
che fa dubitare di essere in pieno giorno.
Dopo una curva rischiara, le nuvole si aprono,
liberando brandelli inattesi di limpido celeste,
la pioggia è assorbita nel soffio del vento;
lo si indovina dal rapido scorrere e sparire
delle ultime gocce e dal piegarsi degli steli.
Ecco, lontano, fiorire, come d’incanto,
un nuovo arcobaleno in parte coperto
da frattali di nuvole, in parte assorbito
dal cielo già terso: una variopinta
carezza che forse per minuti resisterà.