La guerra russo-ucraina continua. Nei grandi uffici vengono discusse le sue prospettive, la stampa internazionale spulcia su ogni nuovo chilometro di territorio ucraino occupato e discute i possibili scenari sul campo di battaglia. Noi, invece, continuiamo a farvi conoscere la vita di persone reali che vivono il terzo anno in condizioni di guerra.

Molte di queste persone tengono una sorta di diario e scrivono storie di questa guerra, perché così è più facile sopravvivere a eventi stressanti. In questo numero raccontiamo storie scritte da medici. Di seguito sono riportati estratti dalle storie del ciclo “Turno di lavoro”

Iryna Medved

 

COSA FARNE DELL’AMORE…

 

Erano in due. La dottoressa e la ragazza di venticinque anni che ne dimostrava quaranta. Capelli neri e unti che le ricadevano sulle spalle in brutti ghiaccioli, mani che si agitavano senza fermarsi, spalle curve e lacrime agli occhi. Lamentele incomprensibili sul sanguinamento, che la dottoressa al momento non vedeva, e sulle quattordici settimane di gravidanza, che invece erano ben visibili.

 

Il padre della ragazza era morto a febbraio. La madre non ce l’ha fatta e a marzo seguì silenziosamente suo marito.

A casa ci sono un figlio piccolo, di poco più di due anni, e il fratello maggiore di lei.

E il marito? I suoi compagni d’armi lo hanno seppellito ieri. Non riuscii ad arrivare alla tomba e rimase seduta sull’erba ingiallita d’autunno del cimitero finché suo fratello maggiore non la prese in braccio e la portò fino all’autobus. Non ricorda più nulla dopo. Forse non c’era nemmeno quell’emorragia, ma non ricorda nulla.

 

L’autrice mentre visita (foto di Natalya Yaremchuk)

 

— Guarda come si vede bene la manina nonostante le poche settimane di gravidanza, – la dottoressa ha girato il monitor dell’ecografo verso la donna incinta. – Puoi contare le dita e persino vedere come il tuo bebè tiene i pugni.

— E perché il bambino tiene i pugni per tutto questo tempo, perché non apre le manine? – Negli occhi offuscati della donna apparve qualcosa di simile alla vita.

— Mi sembra che il bimbo, come se stesse preparando al colpo, si stringe e si raggruppa per resistere a quel colpo.

— Di cosa ha paura?

— Di te. Ha paura della sua mamma, disperata e che vive un periodo duro, incredibilmente duro, tanto duro che non capisce che, nonostante la terribile disgrazia che le è capitata, nonostante il dolore e le prove, lei ha un raggio piccolo, ma molto luminoso e molto splendente. L’unico raggio di sole che irrompe tra le nuvole nere.

Questo raggio è il bambino che ora tiene i pugni e ha una grande speranza che sua madre lo senta.

Qualcosa di simile a un sorriso apparve sul volto della donna:

— Si vede chi è: un maschietto o una femminuccia?

— Non si vede, ma guarda con attenzione: il tuo bebè ha il pugno chiuso e ti saluta con il suo piccolo palmo della mano. Penso anche che questo bimbo sia incredibilmente curioso di conoscere il suo fratello maggiore. È una vera felicità avere un fratello maggiore e tu lo capisci sicuramente.

 

La donna trovò un pettine nella sua borsa e il medico le diede un elastico ricavato da un guanto di gomma. La donna raccolse i capelli in una coda alta e raddrizzò le spalle.

La dottoressa la guardò attentamente e disse seria:

– Hai senz’altro bisogno del consulto di uno psichiatra. – E, vedendo come si contrasse il viso della donna, aggiunse molto gentilmente. – Uno psichiatra è un medico come tutti gli altri. È solo che le prove così difficili possono causare danni alla psiche, danni invisibili che saranno molto difficili da trattare in seguito. Lascia che sia un professionista a capire se hai bisogno o meno di un aiuto dopo un’esperienza così traumatica. Ad essere onesti, molti dei miei pazienti ora si rivolgono agli psichiatri.

Anch’io a volte sento di averne bisogno. Quanto meno, sentire dei suggerimenti.

– Cosa ne faccio dell’amore? Dell’amore per mio marito, che mi stringe tutto dentro e non mi lascia respirare?

 

Cosa farne dell’amore…

La dottoressa aveva un’opinione in merito. Ma non la disse ad alta voce.

L’amore non muore.

Gli eroi muoiono, l’amore no.

È in ogni molecola dell’aria, si diffonde e piove. Quando fa caldo, splende come il sole, quando fa freddo, penetra in altri sconosciuti e dà loro la forza per le imprese, spezza il fiato quando sembra che tutto è già perduto.

Il velo della Madre di Dio è tessuto d’amore.

Questo amore e dolore incommensurabili per gli eroi caduti, che ora governano l’Ucraina, aiuteranno l’Ucraina a resistere e a vincere.

 

La donna incinta se n’è andata da tempo.

Altri pazienti, altre diagnosi, altre storie di vita. Allarme antiaereo, cessato allarme antiaereo, un altro allarme antiaereo.

Ciò nonostante, si lavorava molto facilmente e con calma.

La donna incinta se ne andò, lasciando una particella del suo amore nel reparto di accettazione dell’ospedale di maternità.

 

Memoria eterna e amore eterno a tutti i difensori dell’Ucraina morti nella lotta per la nostra indipendenza!

Gloria agli Eroi!

 

***

– Deve ricordarsi di me. Ho partorito da lei a giugno di due anni fa…

E ora devo partorire di nuovo a giugno! Allora ho dato alla luce una femminuccia e ora ho un maschietto! Tutto come ci ha augurato! Mi ha chiesto di tornare per il maschietto? Ecco, sto per tornare…

 

Allora, nell’estate del 2022, credevo che da noi partorissero le donne rimaste incinte prima della terribile guerra e che non avevano scelta. Quando guardavo il foglio della dimissione dall’ospedale di maternità, il mio cuore si stringeva, perché capivo quali difficili e terribili prove attendono queste famiglie e questo bambino, che è nato con così tanta fatica, che dovrebbe vivere ed essere felice, ma la gentaglia senza anima proveniente da un paese vicino ha deciso in anticipo di strapazzargli la vita e di togliergli il diritto alla felicità.

 

Ora ho compreso che in Ucraina la vita ribolle, nonostante la terribile guerra che mutila e uccide.

 

I nostri incredibili ucraini si innamorano, creano famiglie, danno alla luce bambini e sognano il futuro.

Gli ucraini vivono. Esausti, stanchi, ma vivono.

 

Per qualche motivo ho ricordato la recente nascita, quando un bambino è nato con un vero nodo del cordone ombelicale.

 

Cordone ombelicale (foto di Natalya Yaremchuk)

 

C’era l’allarme antiaereo, echeggiavano esplosioni sopra il reparto di maternità, ma non me ne accorgevo. Guardavo quel nodo così stretto e mi riempiva la gioia perché nonostante tutto sentivo la pulsazione del cordone ombelicale e sentivo il forte grido di un piccolo ucraino, a cui è stato quasi tagliato l’ossigeno, ma ha lottato, è nato e ora informa tutti che la vita continua.

 

“Se stai attraversando l’inferno, non ti fermare.”

Winston Churchill.

 

E noi non ci fermiamo.

 

Grazie alle Forze Armate Ucraine per un’altra mattina!

 

***

 

 

TENDE COLOR PESCA

 

Ho letto in un post di una nota blogger del Kirghizistan, che era rimasta sorpresa dal fatto che in quasi tre anni di invasione su vasta scala, gli ucraini non si siano trasferiti a vivere sottoterra e continuino a essere indignati per il fatto che i russi li stiano bombardando.

Come se avessero dovuto abituarsi e non stupirsi, e tre anni sono sufficienti per costruire case, scuole, ospedali e fabbriche sotterranee.

 

Mi piace molto bere il caffè al lavoro la mattina e guardare fuori dalle finestre della nostra sala medici. Mi piace osservare Kyiv svegliarsi. Si sveglia all’improvviso. Un attimo fa vedevo strade vuote e uccelli solitari sopra le cime degli abeti nel boschetto vicino all’reparto di maternità e ora ci sono già i tram che suonano e le automobili passano una dopo l’altra.

Risuona l’allarme antiaereo. È sorprendente che le persone non si affrettino nemmeno, solo tirano fuori i cellulari dalle tasche e guardano, guardano, guardano. Le foglie sono ormai gialle sotto i piedi e si sente già un leggero fruscio. Giusto appena.

 

Ora finisco il mio turno, tolgo i drenaggi ad una donna postoperatoria, bevo ancora un caffè e me ne vado. Camminerò lungo i sentieri del parco, sorridendo al modo in cui i bambini di tre anni, quasi tutti nati nel nostro reparto maternità, corrono in un modo buffo dietro agli uccelli che volano pigramente da un posto all’altro.

E poi ho intenzione di comprarmi le tende per la cucina. Nuove tende color pesca. In modo che ci sia sempre una sensazione di calore e intimità nella mia cucina.

 

Io vivo.

E vivrò finché l’Universo ne avrà bisogno.

Avrò paura dei bombardamenti e mi nasconderò nella metropolitana, ma poi correrò al lavoro, sorriderò ai pazienti e disprezzerò le carogne russe.

 

Ospedale di Kharkiv danneggiato dal bombardamento (foto Inessa Safonova)

Mi addolorerò e piangerò per coloro che sono stati uccisi dagli assassini russi, e poi mi rallegrerò con sincerità al primo pianto di un neonato.

Lavorerò più duramente del solito per contribuire alle raccolte fondi per le Forze Armate Ucraine, ma comprerò tende color pesca per sentire il calore.

Vivrò e ho il diritto di vivere!

Sulla Terra.

In Ucraina.