Il voto all’unanimità in seno al Consiglio dei ministri europei è il primo e più urgente ostacolo che bisognerebbe superare, attraverso una riforma dei Trattati, in modo da rendere più efficace il funzionamento dell’Unione europea e ridare un ruolo al nostro continente non tanto come “Europe puissance” ma come soggetto responsabile. È quanto emerge da una conversazione con il Prof. Francesco Gui, docente di Storia moderna dell’Università di Roma la Sapienza e storico esponente dei federalisti europei.
“La situazione oltre Atlantico dovrebbe indurci a pensare che questo è il momento per superare le divisioni interne e mostrare che l’Unione europea può essere più efficiente, capace di avere una sua politica ed essere capace di autotutelarsi” dice il Prof. Francesco Gui, che lancia un allarme sviluppando le sue considerazioni in un ampio contesto geopolitico con particolare riferimento all’incerta situazione statunitense.
“Il mio primo allarme è che a 100 anni della marcia su Roma potrebbe esserci anche una marcia su New York e che si comincia a temere l’emergere di un certo fascismo” dice Gui riferendosi non solo all’assalto a Capitol Hill ma con un occhio anche alle prossime elezioni americane di mid term che potrebbero portare ad una situazione di paralisi politica “e per questo bisognerebbe che l’Europa riuscisse a mostrare di essere un modello democratico solido e nello stesso tempo si schierasse con la parte americana che non vuole arrivare a quei livelli”.
Secondo il Prof. Gui l’Unione europea deve avere coscienza del proprio ruolo e delle proprie responsabilità “visto che siamo potenzialmente un colosso, una Unione di circa 447 milioni di persone, praticamente un quarto di popolazione in più degli americani, con una preparazione culturale media più alta e con un sistema di welfare più elevato. Un Europa che possa essere un modello da imitare potrebbe anche aiutare l’America e portarla a dire che è meglio operare in un clima di collaborazione e di avvicinamento con gli europei per controllare gli equilibri mondiali invece di pensare di fare da soli, un po’ come era con il modello Trump che cercava di dividere gli europei per controllarli meglio”
“In questa situazione l’Europa dovrebbe smettere di bloccarsi a causa delle sue divergenze interne e rendersi invece conto che è quasi un dovere etico da parte nostra di provare ad evitare il peggio. Una stretta alleanza tra Europa e Stati Uniti basati sui valori democratici che li ispirano, riconoscendo agli USA una leadership ma riuscendo ad esercitare un proprio condizionamento – prosegue Gui – questo contribuirebbe a distendere anche i rapporti mondiali poiché anche nei rapporti di forza una area euro atlantica di questo tipo costituisce una imponente realtà”.
Ma come fare per mettere queste 447 milioni di persone in grado di influire sul mondo? Secondo il prof Gui “bisogna superare questo sistema di veto che è illogico per due ragioni”.
Nel complesso il sistema istituzionale è a metà strade fra due logiche quello federale e quello confederale e quindi inevitabilmente un po’ sgangherato “da un lato il sistema di aggregazione dei nostri 27 Stati è anche più squilibrato di quello americano perché tra gli Stati USA per esempio non ci sono disparità così grandi come tra una Germania con 80 milioni di persone e per esempio Malta con circa 500 mila abitanti – prosegue il prof Gui – inoltre c’è una ulteriore disparità in termini storici perché alcuni di questi Stati sono molto antichi, sono arrivati dal Medioevo e sono rimasti tali, come il Lussemburgo, altri invece si sono uniti come l’Italia oppure al contrario si sono separati come la ex Jugoslavia e questo costituisce una incredibile varietà di Stati ai quali è molto pericoloso riconoscere individualmente lo stesso potere di Stati sovrani assoluti”.
“Affidare un tale potere di veto a Stati piccolissimi espone al rischio della corruzione perché possono da un lato diventare agenti di condizionamenti esterni oppure possono minacciare il diritto di veto per aumentare le proprie richieste per avere più denari”.
Ma oltre alle contraddizioni intrinseche in questo diritto di veto, tipico di un assetto confederale c’è un altro elemento di contraddizione ancora peggiore proprio perché il sistema europeo è in parte anche un sistema federale, con un Parlamento, una moneta unica etc. “Come puoi avere una moneta unica, avere un assetto di difesa, chiamare a votare più di 400 milioni di persone e poi permettere che questi elementi siano bloccati da un singolo soggetto statale magari piccolissimo” prosegue il professor Gui secondo cui “alla fine questo è molto più di un solo diritto di veto diventando quindi antigiuridico e dunque quasi illegale”.
Secondo altri invece la riforma prioritaria dovrebbe essere l’aumento dei poteri del Parlamento europeo, raggiungendo una sorta di bicameralismo, prima del superamento del voto all’unanimità, lei cosa ne pensa?
“Al momento a me sembra paradossalmente più democratica la proporzionalità all’interno del Consiglio dove si vota a maggioranza (55% degli Stati che rappresentano il 65% della popolazione) che non quello del Parlamento dove anche a causa dei disparati sistemi elettorali le maggioranze possono non rispondere alla maggioranza del popolo europeo” In pratica – spiega Gui – i paesi più piccoli hanno di fatto proporzionalmente più peso dei paesi più grandi e quindi le maggioranze possono non essere pienamente rappresentative della volontà popolare (come ci ha ad esempio ricordato anche la corte tedesca, secondo cui finché non c’è il principio one man one vote noi non si può assoggettare il parlamento tedesco a quello europeo n.d.r.).
Ma come arrivare a questa riforma dei Trattati? A fronte di molte divisioni interne all’Europa il prof Gui intravede alcuni elementi incoraggianti in particolare sul fronte tedesco con le dichiarazioni del nuovo cancelliere che si è detto favorevole al superamento del voto all’unanimità “Il veto è un esercizio di volontà politica tradizionalmente appannaggio dei sistemi intergovernativi, come spesso ricordava Altiero Spinelli, ma oggi sono addirittura alcuni importanti governi a chiedere che questo sistema sia superato” nota il prof Gui che auspica che il governo italiano possa sostenere questa riforma.
Oltre ai governi però servirebbe anche una mobilizzazione generale “servirebbe un movimento di opinione, una forza di tipo sociale, collettiva per muovere le acque, anche se resta difficile organizzare forze che siano realmente attive e che siano sovranazionali anche per la questione linguistica” conclude il prof Gui secondo cui bisogna mobilitare l’opinione pubblica per esigere qualche cosa che ormai è di diritto e non opzionale “ma se la gente non è consapevole di questi pericoli non si mobilita e per questo e dobbiamo denunciare le cose che ci fanno del male e costruire argomentazioni serie per dimostrare per esempio che il diritto di veto ormai è antigiuridico”.