Non appena scattata l’invasione dell’Ucraina, l’UE ha iniziato la guerra economica contro la Russia, suo principale partner commerciale, escludendo di poter assumere ruolo terzo tra 2 paesi europei non membri dell’Unione.
Vladimir Putin non è un santo, forse nemmeno un brav’uomo, ma la sua storia racconta che non ha ordinato l’invasione dell’Ucraina senza rappresentarsi i rischi di una caduta personale, per cui ha una sola via d’uscita: ottenere un risultato. Per questa ragione Biden è comprensibilmente agitato, le elezioni di mid-term USA si giocano anche sulla misura del successo di Putin.
Nel 1989 la sconfitta del Comunismo reale trascinò nel baratro l’ideologia socialista e lasciò il Mondo alla Democrazia Liberale. Senza più rivali, questa prese a specchiarsi e dedicare le sue attenzioni a chi non aveva ancora sedotto. Col Capitalismo aveva sempre avuto un rapporto speciale e il fallimento del modello antagonista, basato su proprietà statale dei mezzi di produzione, pianificazione e piani quinquennali, la convinse a rendere indissolubile il loro rapporto. Poiché non c’era nulla di sbagliato nel volere che tutti beneficiassero di progresso e tecnologia, la Democrazia Liberale consentì al Capitalismo di evolvere da industriale in finanziario, assicurando protezione al sistema economico-industriale. Di lì a poco si trovò di fronte un nuovo interlocutore: il Mercato Unico Globale, frutto della fusione per incorporazione informatica dei mercati nazionali e continentali. In quel momento scoprì di avere perso influenza su Borse e piazze finanziarie, con le quali, fino a quel momento, era riuscita a districarsi, con un certo successo, tra esigenze, aspettative e bisogni di Comunità talvolta in conflitto. Scoprì altresì che il Capitalismo Globale assicura grandi vantaggi e altrettanto grandi svantaggi ma pretende stabilità politica ed economica.
Diversi decenni fa, di fronte alla possibilità di avere energia nucleare i Paesi si divisero.
Da noi vinsero i contrari, la popolazione, all’epoca, era convinta di poter fare a meno del surplus di energia e comunque di poterne avere a rischi inferiori. Altri presero la stessa direzione, altri ancora costruirono centrali nucleari sul loro territorio.
Oggi la fame di energia è insaziabile e ci rivolgiamo a chi ne produce con centrali nucleari appena al di là delle Alpi. Per cui in Italia vige un’asimmetria tra produzione e consumo energetici: il rischio nucleare è come quello dei produttori ma costo e dipendenza energetici dall’estero ci pesano addosso come un macigno.
Il ragionamento ovviamente non vale per chi ritiene le Alpi una valida barriera all’eventuale fuga radioattiva ma, di fatto, rischiamo come avessimo la Centrale Montalto di Castro in attività con bilancia commerciale, famiglie e aziende penalizzate.
La pandemia Covid19 ha invece unito il Mondo così il Capitalismo Globale ha comunitarizzato risultati di ricerca medica e processi di produzione dei farmaci e il Mercato Unico ha messo il sistema in condizione di realizzare, distribuire e somministrare il vaccino a tempo di record.
Qualche settimana dopo lo scoppio della pandemia, si erano levate voci, anche autorevoli, per accertare come il COVID si fosse diffuso. L’intento era individuare eventuali responsabilità individuali e collettive ma gli uomini di scienza presero posizione e le voci furono soffocate di fronte alle prove che il problema era di tutti. Nucleare e Covid confermano, in negativo e positivo, che il Mondo non è costituito da 5 continenti divisi dagli oceani ma un insieme di Comunità con esigenze, bisogni, paure, aspettative e rischi che Capitalismo Globale e Mercato Unico possono “comunitarizzare”. E altresì che la Democrazia Liberale può asservirli al solo costo di stabilità politica ed economica e unità di azione. Sono questi i presupposti per poter presentare i problemi come di tutti e la soluzione giusta come quella conveniente per tutti laddove ogni altra è un danno per tutti.
Il conflitto militare tra Russia ed Ucraina pone problemi, rischi e implicazioni simili a quelli della pandemia COVID19 ma molto più pericolosi. Come nel caso della ricerca del colpevole della diffusione del virus, prima di stabilire chi ha ragione e trarne conseguenze, va fermato (meglio fosse stato evitato ma erano in gioco interessi più numerosi di quanto non si dovrebbe immaginare). Invece tutti la stanno affrontando in modo emotivo, pertanto divisivo. La crisi tra i due Paesi incubava da anni la possibilità di guerra; molti lo sapevano, pochi se ne sono preoccupati, poi, una volta esploso, il conflitto è stato rubricato come questione tra UE e Russia.
In questo modo l’UE si è trovata parte in causa, anziché arbitratrice, nonostante i principi della Democrazia Liberale la rendano unica per il ruolo. I suoi vertici si sono fatti parte attiva impugnando le armi del Capitalismo Globale nonostante i sacrifici per i propri Popoli sarebbero stati pari se non superiori a quelli dell’avversario.
Il default della Russia difatti sembra chimera e se mai avverrà, avrà del surreale: i suoi creditori non sarebbero pagati perché quello Stato non può comprare la valuta necessaria a pagarli pur avendo risorse.
Nel frattempo il 16 marzo, ipotizzato d-day, la Russia ha pagato i 100 milioni di dollari dovuti, reperendo la valuta necessaria, e, giorni dopo, altri 60 milioni e ora usa altre armi del Capitalismo Globale per rafforzare la sua moneta nazionale sul mercato finanziario internazionale.
Infine trapela che il blocco della valuta partirà il 25 maggio, data in cui gli analisti dicono (e gli uomini di buona volontà sperano) che la guerra sarà finita. Negli USA un mese fa circolava un sondaggio, riportato da Bloomberg, secondo cui quasi il 57% degli americani non è disposto ad alcun sacrificio per l’Ucraina, il 20% lo è solo per piccoli, il resto è invece disponibile a qualunque.
Gli USA, nostro insostituibile alleato, hanno ruolo e interesse specifici in questa guerra e l’UE deve contribuire a soddisfarlo ma prendendo in mano la crisi tra Russia-Ucraina.
Biden dal canto, suo con i suoi toni eccessivi e chiamando in causa la Cina, rischia di aumentare i punti dell’agenda politica internazionale.
Molti però considerano la guerra in corso l’occasione per accelerare la nascita di un esercito UE a tutela di un’unica politica estera. Ma siamo sicuri, nel Mondo, ci sia spazio per un’altra superpotenza e non invece necessità di un Arbitratore super-partes che usa Diplomazia, Capitalismo Globale e Mercato Unico per risolvere le crisi internazionali senza nemmeno contemplare la possibilità di ricorrere alle armi?
Perché tre cose sembrano certe: le sanzioni funzionano e sono in grado, a tempo dato, di mettere in ginocchio qualunque paese; l’UE, in breve, avrà messo il manico alla lama bifilare che ancora costringe chi brandisce le sanzioni a ferirsi per colpire l’avversario; ogni alternativa espone l’UE al rischio di scomposizione, non perché i suoi Popoli non siano avvezzi a sacrificarsi, se necessario, (seppure gli ultimi settant’anni di benessere diffuso renderanno più amara la medicina) ma perché tra tutti i Popoli del Pianeta gli Europei sono i più capaci a valutare il rapporto costi-benefici delle scelte alternative.
Subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, Churchill fece un tour negli Stati Uniti, tenendo discorsi in ogni città visitata. Il leit motiv dei suoi interventi era la convinzione che le successive Grandi Nazioni sarebbero stati imperi del pensiero. È in questo modo che l’UE deve affermarsi, come impero del pensiero, perché è nel suo DNA.
La lunga storia di guerre, stermini e genocidi ha temprato e reso sagaci le sue Nazioni, in ciascuna delle quali rimangono il dilemma pacifismo/sovranismo e l’inclinazione a inventare sempre nuove forme di nazionalismo. Meglio dunque un arsenale di armi economiche fornite da Capitalismo Globale e Mercato Unico, che convenzionali assicurate dalla tecnologia. Se difatti è vero che nella guerra economico-commerciale a pagare di più sono ancora i civili, almeno, con le sanzioni, il conflitto tenderà a terminare per implosione, non esplosione di uno dei due contendenti.
Flavio de Luca