A partire dallo scorso 23 febbraio ci siamo abituati a leggere, sui giornali, le notizie concernenti i pacchetti di sanzioni via via adottati dall’UE nei confronti della Russia (e, in misura minore, della Bielorussia) in conseguenza dell’invasione dell’Ucraina.
Può, quindi, essere interessante riepilogare le norme in base alle quali l’UE può decidere di assumere provvedimenti restrittivi di vario genere nei confronti di governi, entità, organizzazioni e individui di paesi terzi.
A tale fine, il titolo V del Trattato sull’Unione europea (TUE), concernente l’azione esterna dell’Unione, indica i princìpi sui quali si fonda la sua azione sulla scena internazionale. Essi sono la democrazia, lo stato di diritto, l’universalità e l’indivisibilità dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, il rispetto della dignità umana, i princìpi di uguaglianza e di solidarietà, il rispetto della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale. L’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza (l’Alto rappresentante), vicepresidente di diritto della Commissione, è incaricato di attuare la politica estera e di sicurezza comune avvalendosi del servizio europeo per l’azione esterna.
Ricordo che proprio per l’azione svolta al perseguimento dei princìpi sopra indicati l’UE ha ottenuto, nel 2012, il Premio Nobel per la pace.
In base all’art. 29 TUE il Consiglio adotta, all’unanimità, le decisioni che definiscono la posizione dell’Unione su particolari questioni di natura geografica o tematica. Ciò è quanto avvenuto nel caso dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia quando, su proposta dell’Alto rappresentante, sono state modificate e inasprite le precedenti decisioni contenenti misure restrittive assunte dal Consiglio nel 2014, al tempo dell’occupazione della Crimea da parte delle truppe russe.
Sulla base delle decisioni di cui sopra e dell’art. 215 TFUE, il Consiglio ha poi approvato, su proposta congiunta della Commissione e dell’Alto rappresentante, alcuni regolamenti, anch’essi di modifica di precedenti regolamenti del 2014, che prevedono le sanzioni economiche e finanziarie ed altre misure restrittive nei confronti di enti e individui di nazionalità russa.
Spetta, invece, agli Stati membri stabilire le sanzioni per le eventuali violazioni, da parte di privati, delle misure restrittive decise dall’Unione europea con gli atti sopra indicati.
Le misure restrittive e sanzionatorie sono oggetto di un costante riesame da parte delle autorità dell’Unione europea e le decisioni – che hanno la durata di 12 mesi – possono essere prorogate per ulteriori periodi. Al contrario, i regolamenti del Consiglio non hanno scadenza ma, ovviamente, possono essere abrogati. Le persone e le entità soggette a misure restrittive possono presentare al Consiglio una domanda di riesame delle decisioni che li riguardano. Esse possono, altresì, presentare ricorso contro le medesime decisioni dinanzi al Tribunale dell’Unione europea. Le misure restrittive di cui sopra possono essere adottate dall’UE o di propria iniziativa o in attuazione di risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Il Consiglio UE può anche decidere di rafforzare le sanzioni adottate dal Consiglio di Sicurezza e, in questo caso, si parla di regimi sanzionatori misti.
Le misure restrittive adottate di propria iniziativa dall’Unione europea sono, invece, espressione della politica estera della medesima.
Non vi è dubbio, in ogni caso, che le sanzioni approvate nei confronti della Russia siano conformi allo Statuto delle Nazioni Unite. Esso, infatti, prevede che le parti di una controversia internazionale debbano ricercare una soluzione pacifica mediante i diversi strumenti previsti dal diritto internazionale, in primis i negoziati e, poi, la commissione d’inchiesta, la mediazione, la conciliazione, l’arbitrato, il regolamento giudiziale e il ricorso ad organizzazioni o accordi regionali. L’aggressione armata di un altro Stato, invece, costituisce sempre una violazione del diritto internazionale.
Nell’ambito delle Nazioni Unite il Consiglio di Sicurezza è l’organo che dovrebbe ricercare attivamente una soluzione alle controversie. Tuttavia, nel caso specifico, come è noto, l’attività del Consiglio di Sicurezza è stata e rimane bloccata dall’esercizio del diritto di veto da parte della Russia. Risulta, quindi, impossibile la ricerca di una soluzione alla controversia da parte di detto organo.
In tale situazione, l’art. 51 dello Statuto prevede esplicitamente il diritto di legittima difesa da parte dello Stato aggredito, ma anche l’intervento, nelle forme più opportune, da parte di altri Stati od organizzazioni nell’esercizio di quello che si chiama il diritto di legittima difesa collettivo. Ciò, naturalmente, fino a quando il Consiglio di Sicurezza non sia in grado di esercitare l’attività di ricerca attiva di una soluzione pacifica della controversia, per la quale è stato creato.
L’approvazione di sanzioni contro la Russia da parte dell’Unione europea, pertanto, non rappresenta soltanto una legittima attuazione della propria politica estera ma costituisce, altresì, un esercizio del diritto naturale di legittima difesa collettiva ai sensi dello Statuto delle Nazioni Unite.
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