Le Cop sul clima passano, i problemi del pianeta restano. L’edizione n.28 conclusasi a Dubai pochi giorni fa si è chiusa con un accordo per un futuro- lontano- sulla riduzione delle fonti fossili. Non è stata una grande vittoria, ma un ” mini-passo” come ha detto il climatologo Luca Mercalli.
Il famoso phase-out ,cruccio mondiale delle precedenti conferenze e obiettivo realistico per salvare il pianeta, é scomparso. Chi e in che tempi precisi dovrà mettere i soldi per cambiare rotta non si è capito. Si è capito invece che il traguardo finale è al 2050 :non esattamente dopodomani.
Ai paesi in via di sviluppo o alle isole che stanno scomparendo per l’innalzamento dei mari nel documento finale sono dedicate marginali considerazioni. Un mondo che verrà con una scarsa messa a fuoco con primi attori seduti su distese sotterranee di petrolio. Chiudiamola qui.
Lo sviluppo sostenibile alla fine di un travagliato e caldissimo 2023 con le temperature più alte mai registrate ci vede ancora in surplace. Le attività umane hanno avuto grande impatto sulla salute della terra. Quando abbiamo rivoluzionato il modo di stare al mondo ci siamo affidati alle macchine che nei secoli hanno prodotto qualcosa come duemila miliardi di tonnellate di gas serra.
La rivoluzione industriale ci ha reso moderni, ma l’atmosfera non è stata più in grado di assorbire i fumi della nostra modernità. É troppo facile descrivere così il riscaldamento globale ? Forse sì, ma serve per dire che tutti i guai che dobbiamo gestire partono da lì.
Le Agenzie internazionali sul clima hanno documentato come gli eventi eccezionali che accadevano in media ogni dieci anni, dagli inizi del ‘900 accadono ogni tre anni. Ricordiamo che alla Cop di Parigi 2015 si stabilì di mantenere l’innalzamento della temperatura entro 1,5^ C. Se riusciremo a farlo alluvioni, crolli, smottamenti, si verificheranno un anno si e uno no.
L’Agenzia Europea per l’Ambiente ha calcolato che tra il 1980 e il 2020 gli eventi meteo hanno provocato solo in Italia danni per 90 miliardi di euro. Cambiare il paradigma dello sviluppo per non soccombere non è facile e di documenti su carte intestate blasonate ne abbiamo letti a volontà.
Chi vive nei paesi con economie sviluppate deve rinunciare a qualcosa. Chi vive nei paesi in via di sviluppo vuole, per l’appunto, crescere secondo il modello occidentale che ha maltrattato l’atmosfera. È possibile rinunciarvi per qualcos’altro ? Ecco il punto: rinunciare.
Due contesti netti e distanti che dovrebbero compiere la stessa, medesima azione. Da una parte rinunciare a comodità, benessere, agi; dall’altra rinunciare a sognarli per oggi e per domani. Di tutto questo non c’è traccia nel medio periodo con Cina e India incamminate verso traguardi molto ambiziosi, responsabili con gli USA di quattro quinti delle emissioni mondiali.
Le svolte che sono rimaste incise nella storia dell’umanità spesso sono arrivate per caso. Riunirsi e dibattere, come avviene da lungo tempo ormai, è necessario e importante. Ma anche la partita sul clima si può vincere per un caso : la rinuncia.