Le abitazioni a basso consumo energetico sono un cruccio dell’Ue. A poche settimane dal “tutti a casa” , il Parlamento europeo ha approvato la direttiva sulla sostenibilità degli edifici. Un pezzo del Green Deal che ha caratterizzato la gestione di Ursula von der Leyen. Il prossimo passaggio è l’esame da parte del Consiglio Ue. I governi alla fine dovranno recepire la direttiva per ridurre l’impatto ambientale delle abitazioni. Le città saranno per questo più sostenibili ?
Il punto di partenza di una fatica politica intensa, durata mesi, è che il patrimonio edilizio è responsabile del 40% del consumo energetico e più o meno della stessa percentuale di emissione di CO2. È il momento di agire contro il riscaldamento climatico, ripulire soprattutto le grandi città dallo smog e quindi, in un modo o nell’altro, siamo arrivati al giro di boa.
La politica come sempre svolge il proprio ruolo. Bisogna ristrutturare gli edifici e favorire l’installazione di impianti fotovoltaici, questo in estrema sintesi lo scopo delle nuove regole. Il sole sarà il nostro alleato. Dal salotto, al bagno, alla cucina, tutta l’energia sarà prodotta dalla grande Stella. Se non ci adegueremo c’è il rischio che un fantasma si intrufoli tra noi. Le caldaie a gas, per esempio, non saranno più tollerate: ma c’è tempo fino al 2040. E poi stop a camini fumanti o altri sbuffi inquinanti.
Quando ci misuriamo con le percentuali di abbattimento dei fattori climalteranti, indicate dalla Commissione, ci prende l’ansia. Possibile che entro il 2030 risparmieremo il 16% del consumo di energia per edificio e il 22% al massimo entro il 2035 ? L’ordine è di farcela. Più che l’ansia, però, i partiti che si sono trovati davanti il provvedimento, si sono preoccupati del consenso. Il voto finale sulla direttiva è stato un arcobaleno. La destra italiana ha votato contro, la sinistra a favore, i popolari si sono divisi e tutte le formazione hanno avuto travagli interni.
Il 2050- anno dichiarato a zero emissioni, per ora – spaventa molto di meno dei passaggi intermedi. Sono passaggi che costeranno soldi a tutti, tanto ai singoli quanto allo Stato. Ci sono due anni di tempo per uniformarsi. Gli Stati dovranno dire cosa e come intendono fare per dare sostanza a ciò che è stato votato. Gli edifici pubblici nel 2028 dovranno essere tutti a posto. Si, tra quattro anni. Sono milioni in ogni paese ed hanno 48 mesi per diventare eco. Li devono sistemare i governi, naturalmente, i quali non avendo un fondo a disposizione- né nazionale, né europeo- chissà a quale Santo si rivolgeranno per trovare i soldi.
Altro interessante capitolo riguarda gli edifici storici, le strutture militari, che possono essere esentate dall’applicazione della direttiva. Insomma, una direttiva patchwork. Diciamolo chiaramente: le norme in materia ambientale e di sostenibilità non ci spaventano. Allo stesso modo la strategia sulla decarbonizzazione, che resta un obiettivo di lungo periodo. Ma a giugno si vota per il nuovo Parlamento europeo e chi conquisterà la maggioranza si ricorderà anche delle case green ? Il Ministro dell’Ambiente italiano Gilberto Pichetto Fratin (molto contrario al provvedimento) se lo augura.
L’associazione Tuttieuropaventitrenta ha promosso un Decalogo per i prossimi parlamentari che andranno a Strasburgo. Dentro c’è anche la transizione ecologica. Ma se il modello per raggiungere i prodigiosi obiettivi verdi al 2030, 2050 è la direttiva sugli edifici, l’ansia ci (mi) soffoca e dispiace.