L’Italia è in declino e ho poche speranze per il futuro. Un paese che sta sparendo dai radar del futuro e la politica continua a non vedere la luna e guarda solo il dito. Vado per titoli: un paese tecnologicamente fermo mentre quasi tutto il mondo usa le nuove tecnologie sia per la vita dei cittadini che per le imprese. L’Asia, dove vivo, la vita è scandita da un’alta tecnologia che facilita la vita del cittadino e l’attività delle imprese, mentre in Italia la vita è resa più difficile da una tecnologia contraddistinta dalla totale inefficienza. Non è questo il futuro! Una burocrazia degna di un passato remoto. Non è questo il futuro! Un fisco che punisce il cittadino e allontana investimenti e imprese straniere, non è questo il futuro! Un’incapacità di sviluppare lavoro se non si è in grado nemmeno di mettere in piedi un sistema che metta in comunicazione domanda e offerta. Non è questo il futuro! Un sistema che non permette ai giovani di avere speranze con una costante fuga all’estero. Non è questo il futuro! Una scuola che si ferma a guardare il passato fino a prima della Seconda guerra mondiale, con studenti che sanno dell’Impero Romano ma ignorano il secolo scorso e non conoscono la nostra costituzione! Non è questo il futuro! Un sistema pensionistico alla fine del suo percorso e tra pochi anni non saremo più in grado di pagare le pensioni, non è questo il futuro! Una sanità pubblica in via di estinzione e un progressivo trascinamento verso la sanità privata, per chi può permetterselo, non è questo il futuro! Sindacati che difendono statali e pensionati ma ignorano giovani e futuro, non è questo il futuro! Un made in Italy scomparso, non è questo il futuro! Questa è l’Italia oggi! Vivo in Asia, dove vedo capovolti tutti questi problemi, ma non solo in Asia, gran parte del mondo ha meno deficienze. In Asia la tecnologia è entrata nella vita di tutti i giorni, sostenendo cittadini e imprese. Da due anni a questa parte sarò stato in banca al massimo tre o quattro volte, il resto è tutto con il mio cellulare. Tutti i servizi forniscono un’app con cui dialogare in tempi brevissimi e le soluzioni per i cittadini sono velocissime; qui non ci sono sindacati, ma il lavoro è un valore e la gente lavora con applicazione e rigore. Ma se non si è efficienti si viene cacciati, eppure la disoccupazione è sotto l’1%. Il fisco è semplicissimo, ma se non si paga il dovuto si va in carcere. Lo stesso per la burocrazia. La sanità è privata, ma i datori di lavoro sono obbligati a pagare l’assicurazione privata ai lavoratori. L’immigrazione è controllata con intelligenza. Faccio il mio esempio: io vivo con la mia pensione e sono residente in Asia, ma non posso lavorare; in sostanza consumo, porto la mia pensione qui, ma non tolgo lavoro a un asiatico. Se però un’impresa locale ha bisogno di un lavoratore straniero, ottiene il permesso di soggiorno. Se un’impresa straniera decide di investire in Thailandia, a patto di avere un socio locale, viene accolta, le viene regalato il terreno su cui impiantare la propria impresa, può portare manodopera straniera nella misura del 50% e quindi investe con un costo della manodopera molto basso e con facilitazioni burocratiche e fiscali. Mi indicate un’impresa straniera che voglia investire in Italia? Se solo considerassimo che senza una politica migratoria efficiente e la necessaria integrazione di lavoro straniero il nostro sistema crolla, faremmo dei rilevanti passi avanti. Vero, non possiamo definire i sistemi asiatici alla stregua delle nostre democrazie occidentali, ma, di fatto, i cittadini vivono meglio e il lavoro prospera. Vero, il livello culturale è basso, ma si sta mettendo mano alla scuola.
Noi invece avremmo una grandissima eccellenza proprio nella cultura e nella nostra storia, che ha fatto grande l’Occidente, ma ci stiamo applicando a distruggere questo nostro grande capitale. Il mondo è pieno di italiani nostalgici del proprio paese ma che hanno scelto di vivere e lavorare all’estero e non tornerebbero mai indietro, l’ho vissuto nei miei 8 anni in Brasile e lo vivo qui. Insomma, il mondo è cambiato, ma la politica si è distratta, paesi che corrono e noi che ci siamo fermati. Non c’è visione, non c’è progetto futuro che investa le energie dei partiti, o meglio, ciò che resta dei partiti.Abbiamo svenduto marchi storici: Parmalat, Galbani, Invernizzi, Locatelli, Italgel, Motta, Alemagna, San Pellegrino e controllate, Cirio, Bertolli, Ferretti, Loro Piana, Bulgari, Gucci, Valentino, Wind, Telecom, Terna, Snam, Alitalia, Fiat ferroviaria, Ansaldo, Pirelli, Merloni, Fiorucci, Richard Ginori, Pernigotti, Lamborghini, La Rinascente (alla Thailandia), Birra Peroni, BNL, Italcementi, Fiat, Alfa Romeo, Lancia, Ferrari, Maserati e tante altre… in cosa speriamo? Ciò che è forse ancora più importante è la lenta agonia del nostro patrimonio culturale; un tempo si diceva “L’Italia inventa, l’America guadagna, la Cina copia”, oggi questo panorama è invertito: la Cina inventa, noi nulla. La nostra grande eccellenza culturale è la prima nel mondo, ma noi trattiamo la cultura come un fastidioso scarto. Eppure abbiamo regalato al mondo il diritto, invenzioni straordinarie, la letteratura, la musica, l’opera, la scultura, la pittura. Siamo una vecchia, stupenda casa abbandonata che ogni giorno diventa una baracca. Ora stiamo abbandonando a se stessa anche la politica in favore di nulla o del potere della finanza. Ci rimane lo sport… evviva Sinner!