A dieci mesi dalla sua presentazione in Consiglio dei ministri, il decreto sicurezza è stato approvato alla Camera lo scorso 18 settembre. Il provvedimento, che riflette le linee guida del centrodestra in materia di sicurezza e ordine pubblico, ha ottenuto 162 voti favorevoli, 91 contrari e 3 astensioni. Il provvedimento prevede oltre 20 nuovi reati. Sono misure gravissime, tra propaganda e criminalizzazione del dissenso. Il disegno di legge è un condensato di propaganda e populismo istituzionale. Un’ulteriore conferma di quanto questo governo, tutto, compattamente, pensi in tema di sicurezza, declinata solo come azione repressiva dei conflitti sociali e come politica punitiva, di giustizia e carcere.
Un pacchetto di misure divisivo, che include una serie di misure bandiera della destra, come la criminalizzazione del blocco stradale e ferroviario e norme contro le occupazioni abusive. Altri aspetti salienti riguardano il trattamento delle detenute madri e la repressione delle proteste legate a infrastrutture. Tra i punti più controversi, l’equiparazione delle infiorescenze di canapa industriale alla droga ha suscitato reazioni negative dagli operatori del settore, ignorati dal governo. Le opposizioni hanno duramente criticato il ddl, definendolo incostituzionale e ribattezzando alcune norme come “anti-Gandhi” per l’introduzione del reato di resistenza passiva in carcere o nei centri per migranti.
Uno dei nuovi reati previsti riguarda la partecipazione a rivolte o resistenze passive nei penitenziari e nei centri di accoglienza per migranti. Chiunque prenda parte a tali azioni potrà essere punito con pene che vanno da uno a cinque anni di reclusione. In concreto, se solo tre persone detenute o più si rifiutano di adempiere a un ordine impartito, come il rientro in cella, rischiano 5 anni di carcere. Questo vale pure per gli emigranti reclusi nei centri d’accoglienza. Assurdo: se uno reclama un suo diritto, come per esempio l’acqua calda, e si rifiuta di entrare in stanza coinvolgendo tutta la sezione, tutti rischiano una condanna da uno a cinque anni, perché questa si chiama resistenza passiva… Pensate negli anni ’60 e ’70, quando in tutto il mondo si protestava pacificamente, oggi non sarà più possibile se passerà questo obbrobrio di ddl.
Una delle misure più discusse è l’eliminazione del rinvio obbligatorio della pena per le madri detenute con figli fino a un anno. Il testo prevede la possibilità di non differire automaticamente la pena per queste donne, una scelta che ha suscitato critiche. Significa che il giudice non ha più l’obbligo di differire la pena, ma una sua discrezionalità. Con questa misura ci saranno molti problemi, molti più bimbi entreranno in carcere. Che fine ha fatto il diritto?