Quello che vedo con sempre maggiore evidenza è il crollo della politica insieme al dissolvimento dei partiti. Ho forse una visione antica ma resto convinto che o la politica riesce a riconquistare un ruolo centrale nella vita dei cittadini o saranno altre forze, la finanza in primis, a conquistare quel primato.
Gramsci vedeva nella politica «lo strumento per arrestare il processo di dissolvimento del mondo civile e gettare le basi di un ordine nuovo nel quale sia possibile una ripresa delle attività utili e uno slancio vitale, energico e rapido verso forme più alte di convivenza». Ho citato Gramsci ma potrei citare tanti altri pensatori politici sul tema della supremazia della politica ma mi sarei dilungherei troppo.
La realtà è del tutto diversa.
Il Costituente aveva visto nei partiti politici e nei c.d. corpi intermedi lo strumento della politica e della partecipazione democratica dei cittadini e su questa base era rinata la politica negli anni del dopoguerra. I partiti popolari erano vivi e presenti nel territorio, i cittadini formavano comunità che non erano solo politiche ma vivevano anche di rapporti personali, talvolta intensi, discutevano, si confrontavano con passione, si dividevano ma erano vitali. I partiti minori numericamente erano per lo più partiti di opinione che raccoglievano e elaboravano il pensiero di borghesi e intellettuali.
Tutto ciò è crollato sotto la scure, spesso inconsapevole ma storicamente colpevole, di “Mani pulite”. Con la morte dei partiti è morta gran parte della politica e abbiamo cominciato a partorire uno strisciante populismo.
La rivoluzione digitale, le nuove forme della comunicazione, il regno dell’algoritmo hanno fatto il resto e la politica, la vera politica è sul letto di morte.
Tutti noi possiamo vedere l’abissale differenza da quel modo di vedere la politica a confronto con la politica dei sondaggi quotidiani che, unica fonte, orienta l’attività della politica e per converso disinteressa la maggioranza dei cittadini. Ciò influisce anche nel modo di vedere le nostre istituzioni sempre più soggette a richieste di riforme, molte volte insensate.
Io so che l’orologio della storia non torna mai indietro e non sono per carattere e formazione un nostalgico ma so anche che ci troviamo di fronte a problemi enormi e globali che però potrebbero anche essere enormi opportunità di crescita ma per fare ciò è necessaria la politica e mi auguro che ci sia chi oltre al fare si dedichi anche al pensare.