Ho avuto più volte modo di constatare la riconoscenza condivisa tra i miei compagni di liceo nei confronti del nostro professore di italiano e latino. Il Professor Vincenzo Capponi, che intendeva l’insegnamento delle sue materie in modo assai ampio, ai nostri occhi ha acquisito progressivo spessore soprattutto dopo il liceo, con il trascorrere degli anni e con le esperienze della vita. Una sua iniziativa che ben ricordiamo, e che anche all’epoca riscosse l’apprezzamento di noi studenti, fu quella di dedicare alcune ore di lezione per educarci alla lettura dei quotidiani, che dunque dovevamo portare in classe.
Eravamo verso la fine degli anni ’60 e la lettura del giornale rientrava tra quei riti di passaggio dall’età della scuola media inferiore a quella delle scuole superiori. In alcune delle nostre famiglie entrava anche più di un giornale al giorno, oltre a qualche rivista settimanale. Le edicole erano allora numerose e vendevano molte copie di diversi quotidiani e settimanali. La lettura dei giornali è stata per la mia generazione un elemento importante della formazione.
Oggi la realtà relativa alle vendite e alla lettura dei giornali, sia cartacei che digitali, è drammaticamente diversa. Ancor più drammatica è l’assenza di ogni altro mezzo che li sostituisca, nella irripetibile fase della formazione dei giovani e nella possibilità per tutti noi di selezionare ciò che è attendibile e degno di riflessione. Vari dati numerici relativi al calo della diffusione dei giornali in Italia negli ultimi decenni sono p.es. contenuti in un recente contributo di Rodolfo Ruocco su queste pagine.
Il forte calo dell’informazione attraverso i canali tradizionali di giornali e televisione è in qualche misura compensato da quanto si può raccogliere nella rete e nei social. Lo spostamento delle fonti di informazione dai giornali alla rete presenta però molteplici ed evidenti aspetti critici.
In primo luogo la rete fornisce un’assai maggiore frammentarietà e superficialità dell’informazione, che lasciano ben poco spazio alla riflessione. Un’informazione in qualche modo assimilabile a quella pubblicitaria, che tipicamente non intende stimolare l’approfondimento, e con una sensibile diminuzione della qualità e attendibilità. Addirittura, come purtroppo ben noto, la rete si presta a rafforzare alcune convinzioni precostituite, magari sulla base di fake news, con la rapida individuazione di “esperti ad hoc” che sembrano essere facili da reperire, e pronti per confortare infondate certezze ed evitare dubbi e sani antidoti.
Inoltre, a fronte di milioni di informazioni disponibili, nella rete e ancor più nei social, manca quasi sempre una vera figura di garanzia, quella garanzia che nei giornali e telegiornali è individuata nel direttore. Nella scuola sono naturalmente gli insegnanti e il dirigente scolastico ad avere un ruolo di garanzia, e sotto questo aspetto i giornali, assai più della rete, possono svolgere un ruolo di ausilio alla scuola per l’educazione alla qualità, alla riflessione e al senso critico.
Qualità, riflessione e senso critico sono d’altra parte ricercati da molti giovani e meno giovani. Un segnale concreto di tale ricerca nel nostro paese è l’affermazione, ormai da parecchi anni, di vari festival a tema (letteratura, economia, filosofia, spiritualità, scienza, antropologia, sociologia, sport, mente, …), tenuti in diverse località, e spesso ogni anno con un tema più specifico. Il moltiplicarsi di questi festival e i numerosi partecipanti testimoniano la diffusa richiesta di spunti qualificati e di prospettive su molteplici temi culturali e di attualità. In particolare, nei giorni scorsi si è tenuta a Torino la 33-esima edizione del Salone Internazionale del Libro, con un programma particolarmente ricco.
Tra i festival più vicini agli argomenti che sto qui trattando vi è certamente il Festival itinerante del Giornalismo e della Conoscenza, quest’anno alla sua sesta edizione, tenuto fino a pochi giorni fa in varie località del Friuli, e con diversi incontri opportunamente ospitati nelle scuole della regione. Non lontano dall’argomento è anche il Festival della Comunicazione, svoltosi il mese scorso nella sua settima edizione a Camogli, che ha trattato quest’anno il tema della libertà nella comunicazione. Di esso vorrei qui segnalare l’incontro videoregistrato su “una seconda rivoluzione di Gutenberg”, condotto dal giornalista Ferruccio de Bortoli e dal professor Francesco Profumo, quest’ultimo come si ricorderà ministro dell’istruzione e università nel governo Monti.
Chi avesse tempo e pazienza di seguire il video poco sopra segnalato troverà interessanti osservazioni sulla necessità di adeguare la formazione scolastica ai tempi attuali. I tempi di una quarta rivoluzione industriale, che secondo un certo schema ci vede essere all’inizio di un profondo cambiamento dopo altri tre, legati rispettivamente a carbone e vapore, a energia elettrica e petrolio, a informatica e automatica, e distanziati l’un l’altro di circa un secolo. L’attuale quarta rivoluzione industriale è caratterizzata dall’intelligenza artificiale, e tra le sue aspettative vi è la possibilità di perseguire una lotta alla disinformazione presente nella rete. Ma anche quando questo auspicabile ma non facile processo fosse attuato, la qualità dell’informazione e il valore culturale garantito dai giornali cartacei o digitali rimarrebbero difficilmente sostituibili.
La recentissima assegnazione del premio Nobel per la pace 2021 a due giornalisti ha ricordato al mondo la grande missione di diffusione della verità di cui il giornalismo è depositario. Senza nulla togliere alle potenzialità della rete, naturalmente già al presente e, lo speriamo, ancor più in un suo futuro più evoluto e più maturo.