La democrazia è spesso considerata solo un sistema politico, ma Romano Guardini, tra i maggiori teologi, filosofi e pensatori cristiani del XX secolo, ci invita a guardare oltre, considerando la democrazia un fatto morale, antropologico e spirituale: essa può esistere solo se l’uomo è capace di verità, libertà e responsabilità.

Guardini visse tra due guerre mondiali, che videro l’ascesa del bolscevismo e del nazismo, e sperimentò la crisi profonda della modernità, riflettendo sulle cause del totalitarismo, sulla deriva della moderna società massificata e sull’indebolimento della coscienza.

In questa temperie, il suo pensiero sulla democrazia emerge come una visione esigente e profetica, capace di illuminare anche il nostro tempo.

La democrazia come forma interiore

Guardini afferma che la democrazia non si regge solo su leggi o procedure, ma richiede un tipo specifico di uomo: l’uomo interiormente libero, capace di discernere, agire e responsabilizzarsi per il bene comune.

Romano Guardini in un’immagine del 1920, Wikimedia Commons

«Lo Stato in noi: di fronte agli amici, ai genitori, ai fratelli, ai compagni di scuola, nel gruppo, nell’ufficio, in fabbrica… perché proprio qui si decide. Infatti sia detto una volta per tutte: lo Stato non nasce solo in parlamento e nel deputato, ma comincia a prendere forma a scuola, in famiglia, nel circolo di conversazione, nell’ufficio. Chi non costruisce in questi luoghi e circostanze, temo che non lo costruirà nemmeno altrove» (R. Guardini, Scritti politici)

La democrazia quindi non è unicamente un sistema istituzionale, ma riflette una visione dell’uomo come essere morale, che vive la responsabilità individuale e collettiva e ha quindi bisogno di uomini maturi interiormente, capaci di giudizio morale e di partecipazione.

«Credo alla possibilità di una soluzione positiva. Non nel senso liberale, secondo cui tutto andrà in fine per il meglio ed ancor meno nel senso storicistico e dialettico, secondo cui ciò che avviene si muove necessariamente verso una meta migliore. Pensare così compromette anzi ogni soluzione positiva; poiché non mette in causa quello che in definitiva importa, la responsabilità dell’uomo libero. E io penso che questa libertà porta con sé la speranza di condurre la storia lungo il sentiero positivo.» (R. Guardini, Il potere)

Il rischio della modernità

Nel suo libro La fine dell’epoca moderna, Guardini descrive il rischio della modernità: la nascita dell’uomo della massa, «una struttura umana che è legata alla tecnica e alla pianificazione», cioè un individuo omologato, senza pensiero critico, guidato dai media e dalla propaganda, incapace di vera libertà.

In una società massificata nella quale la scienza e tecnica riducono l’uomo alla mercé di ciò che è «finito» la democrazia può essere solo apparente, perché facilmente manipolabile. Per questo Guardini insiste sull’educazione della coscienza solidale e sulla formazione dell’anima politica, come premessa per un’autentica convivenza democratica.

«L’antica immagine del mondo […] cercava di esprimere l’armonia immanente di un universo sentito come divino, di cui si faceva garante la nobiltà dell’uomo. Il Medioevo volle ordinare l’esistenza partendo da un punto trascendente di autorità e di sacro potere. L’epoca moderna cercò di conquistare il dominio della natura per mezzo della conoscenza razionale, della precisione tecnica. Che avverrà nella futura immagine del mondo? Mentre il potere aumenta ulteriormente […], il suo carattere si rivela alla coscienza come carattere di pericolo ed il senso essenziale del mondo futuro sarà il domare lo stesso potere.»

Questo potere può portare l’uomo all’autodistruzione:

«Gli eventi capitali della vita umana: concepimento, nascita, malattia, morte, perdono il loro carattere di mistero. Divengono fenomeni biologici e sociali di cui si preoccupa una scienza ed una tecnica medica sempre più sicura di sé. E quando rappresentano dei fatti che non possono essere domati, allora si “anestetizzano”, si sopprime la loro importanza; e qui, ai margini, e non soltanto ai margini, della cultura, appare una tecnica complementare a quella che mira a trionfare razionalmente della malattia e della morte, cioè l’eliminazione di quella vita che non appare più degna di essere vissuta neppure allo stesso vivente, o non appare più corrispondente ai fini che lo Stato si propone.»

Verità e libertà nella vita pubblica

Guardini rifiuta il relativismo etico che spesso accompagna le democrazie moderne. Per lui, la democrazia non significa che si decide tutto a maggioranza: la maggioranza deve comunque rispettare verità morali oggettive, come la dignità umana, la giustizia e la solidarietà.

Romano Guardini, firma autografa del 1944

«La legge dello Stato è più che il semplice complesso delle norme che regolano una condotta pubblicamente approvata; al di là della legge, si trova un che d’intangibile che s’impone alla coscienza, quando la legge sia stata violata. L’ordine sociale è più che non la semplice garanzia di una vita in comune senza attriti; al di là sta alcunché che in qualche senso trasforma la trasgressione in delitto.»

La verità nella vita pubblica e la fedeltà alla coscienza sono quindi i pilastri di una democrazia sana. La menzogna e la manipolazione, al contrario, portano al disfacimento dell’ordine democratico.

La realtà come opposizione: vivere il conflitto in modo fecondo

Guardini non propone un modello di democrazia «armoniosa» in senso utopico. Sa bene che nella società esistono tensioni, conflitti, divergenze. Ma propone un modo maturo di viverli: non eliminarli, non negarli, ma abitare le opposizioni in modo positivo.

Questa idea è espressa in Der Gegensatz (che significa «opposizione»), concetto secondo cui la realtà vive di polarità dinamiche: spirito e corpo, individuo e comunità, autorità e libertà. Una buona democrazia sa tenere queste tensioni in equilibrio, favorendo il dialogo.

«Per “opposizione” (Gegensatz) … viene inteso un ordinamento di due momenti, che stanno l’uno all’altro nel rapporto di reciproca condizione e al tempo stesso di reciproca esclusione (parti dell’opposizione). Ciascuna parte dell’opposizione è capace di esistere e pensabile solo insieme con l’altra, in relazione ad essa e mediante essa; al tempo stesso però essa viene determinata nella sua specificità propria e nella sua propria pensabilità appunto mediante la sua oppositività (Entgegensetztheit) all’altra. Quindi si intende non l’opposizione che esclude e nega ma quella polare (in cui vi è implicazione reciproca).»

Educazione, spiritualità e futuro della democrazia

Per Guardini, una società democratica ha bisogno non solo di buone leggi, ma di persone formate spiritualmente, capaci di vivere la verità in sé stesse e nel mondo. La democrazia richiede un compito educativo profondo: formare la coscienza individuale; educare alla responsabilità; coltivare la libertà come servizio e non come egoismo. Nel suo saggio Il potere, l’educazione viene definita col termine «ascesi»:

Guardini tra i giovani nei giardini del castello di Rothenfels, in Baviera, negli anni Venti, Wikimedia Commons

«Ascesi significa che l’uomo tiene se stesso nelle proprie mani. Perciò deve riconoscere nel suo intimo il male ed affrontarlo in modo efficace […] deve educarsi a possedere in libertà i suoi beni e sacrificare le cose inferiori a quelle più alte. Deve lottare per la libertà e la sanità del suo interno […]. La strada, il traffico, il giornale, la radio, il cinema impongono compiti di autoeducazione, anzi della più elementare autodifesa, che in gran parte non sono neppure sospettati, e tantomeno chiariti ed affrontati. Dappertutto l’uomo capitola di fronte alle forze della barbarie: l’ascesi significa che egli non deve capitolare, ma combattere e al posto decisivo, cioè contro se stesso.»

Questa visione lega profondamente etica, religione e politica, e restituisce alla democrazia una radice spirituale che la protegge dal nichilismo e dalla manipolazione.

Romano Guardini ci offre una visione alta della democrazia: non come sistema perfetto, ma come compito etico ed educativo da costruire ogni giorno. In un’epoca segnata dalla crisi dei valori, dalla sfiducia nella politica e dalla frammentazione sociale, il suo pensiero resta di straordinaria attualità.

Solo una democrazia che supera il relativismo e si radica nella coscienza e nella dignità della persona può affrontare le sfide del presente e costruire una convivenza pacifica e giusta.

Immagine di apertura: Bandiera del movimento Quickborn prima che fosse sciolto dalla Gestapo, anni 20, castello di Rothenfels (Baviera), foto di Johannes Schneider, Wikimedia Commons