La recente consultazione referendaria su alcuni temi della giustizia mi sollecita alcune riflessioni su quello che considero ormai un cadavere, la giustizia appunto.
E non posso non constatare che aver ottenuto poco più del 20% di votanti conferma ancora una volta il clima fortemente giustizialista e populista dei cittadini italiani che, più che attivi sui social, non si assumono poi i loro diritti civili.
Sono passati più di trenta anni dall’entrata in vigore dell’attuale codice di procedura penale ma nonostante le aspettative la situazione è peggiorata ma certamente non per le norme processuali. Il nuovo testo dell’articolo 111 della nostra Costituzione recita : “La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale . La legge ne assicura la ragionevole durata”.
Fino a quando giudici e pm apparterranno alla stessa carriera, avranno lo stesso organo di autotutela e passeranno a svolgere funzioni di pm o di giudici l’imparzialità del giudice sarà solo una affermazione priva di fondamento e l’imparzialità e terzietà del giudice una semplice chimera. Questo ha palesemente comportato in questi anni un’ingiustificato potere delle Procure che decidono dei destini dei cittadini le cui vite sono troppo spesso distrutte e con loro quelle delle loro famiglie.
Sono troppi i casi di cittadini incarcerati e processati dopo anni e che poi vengono assolti. A questo si aggiunge l’uso smodato della carcerazione preventiva con il risultato che il 50% della popolazione carceraria è composta da detenuti in attesa di giudizio con buona pace dell’affollamento carcerario.
Non parliamo poi delle condizioni delle nostre carceri indegne di un paese civile.
Potrei aggiungere considerazioni sull’utilità del carcere, così come è concepito, e ricordo le recenti affermazioni del giudice Colombo : «Ritengo il carcere, così com’è, non in coerenza con la Costituzione. L’articolo 27 della Costituzione dice che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità”. Eppure, basta mettere piede in qualsiasi penitenziario italiano, salvo rare e parziali eccezioni, per rendersi conto che le condizioni in cui vivono i detenuti lo contraddicono scandalosamente». Un minimo senso di giustizia e di senso dell’efficacia delle sanzioni dovrebbe spingere a ripensare i modelli sanzionatori.
Un altro punto fondamentale è la responsabilità del giudice , unico soggetto totalmente irresponsabile che può sbagliare senza mai pagare conseguenze; è libero di commettere errori gravi che distruggono le vite delle persone senza mai pagare conseguenze di alcun tipo.
La verità, e l’ho vissuta da ex parlamentare, è che la politica è succube e prona dinanzi al maggior potere del nostro paese, impaurita e incapace di esercitare la sua sovranità.
Sono assolutamente pessimista e non credo che questo perverso sistema, che coinvolge anche i rapporti tra magistratura e stampa, cambierà.
Ci vorrebbe una classe politica all’altezza e purtroppo così non è e ricordo quell’antico brocardo sempre attuale “quando le campane della giustizia suonano a morte suonano anche per te”.
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