Immaginiamo un mondo “perfetto”, in cui le automobili siano tutte elettriche e non più alimentate in modo tradizionale.

Edward Hopper, opera del 1940

Sarà il paradiso ecologico che pensiamo? Forse no.

Uno dei problemi dei veicoli elettrici, infatti, è la batteria di alimentazione, realizzata con “materie prime critiche” (litio, nichel, cobalto, manganese, carbonio), il cui approvvigionamento è appeso al filo da tensioni geopolitiche, guerre commerciali e non, dalle nuove tecnologie e dal loro controllo.

Questa situazione di “guerriglia” mai dichiarata renderà arduo – senza un intervento politico internazionale – ridurre l’impatto ambientale sui siti di estrazione con l’incremento dell’utilizzo di energia proveniente da fonti rinnovabili da parte delle aziende, per evitare gli effetti devastanti sul territorio da tempo ben visibili. Occorre anche allungare la vita utile delle batterie ritardando quanto più possibile il momento del loro “fine vita” e garantendo il loro riutilizzo e recupero.

Che sia urgente agire è evidente: entro i prossimi 10 anni l’Europa diventerà il secondo mercato al mondo, dopo la Cina, per la produzione e la vendita di batterie per veicoli elettrici. Il numero di batterie al litio aumenterà di 700 volte entro il 2040. Si deve correre ai ripari immediatamente.

La materia è regolamentata da una direttiva europea obsoleta, che risale al 2006.

Il 10 dicembre 2020 la Commissione Europea ha proposto un suo importante adeguamento presentando la prima iniziativa del piano d’azione per l’economia circolare, Green Deal Europeo (https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/fs_20_2359).

Foto di Paul Brennan da Pixabay

Requisiti obbligatori per le batterie saranno in primis l’utilizzo di materie prime ottenute in modo responsabile, senza un selvaggio consumo di territori spesso situati in paesi dall’economia fragile con una situazione di endemica povertà della popolazione, per le quali si vuole garantire il rispetto dei diritti umani. Utilizzo di materiale recuperato, etichettatura tale da garantire la tracciabilità.

Dal 2024 sarà obbligatoria la dichiarazione dell’impronta del carbonio, entro il 2030 il 100% delle batterie dovrà essere riciclata e avere una “seconda vita” come risorse energetiche da integrarsi nelle reti elettriche. Le batterie dovranno essere non solo sostenibili, altamente efficienti ma facilmente sostituibili per poter rientrare nel circuito economico con l’obiettivo di ridurre o eliminare lo smaltimento finale in discarica. È urgente che tali propositi si trasformino in un Regolamento europeo direttamente vincolante per gli stati membri.

Nel frattempo la buona notizia è che è italiano il brevetto europeo depositato alla fine del 2020 sul fine vita delle batterie al litio: una svolta tutta italiana nata dalla ricerca dell’ICCOM, Istituto di chimica dei composti organometallici del CNR e del COBAT, Consorzio nazionale per la raccolta e il riciclo (https://www.cobat.it/comunicazione/rivista-ottantadue/articolo/economia-circolare-la-ricarica-arriva-dalle-batterie-al-litio).

La corsa deve continuare.

Quello che è chiaro è che non bastano scelte politiche “smart” senza un efficace politica di mobilità sostenibile e anche con una programmazione urbanistica coordinata, che tenga conto delle esigenze dei grandi centri come delle piccole realtà così diffuse in Italia.

E questo passa attraverso il superamento della attuale frammentazione degli strumenti di programmazione che vede ciascun Comune, anche il più piccolo, programmare il suo particulare con meri richiami ai programmi regionali e alla normativa comunitaria, cui afferma di “adeguarsi”. Ma, come sempre, la politica e le norme da sole non bastano: il confronto serrato con l’industria e le associazioni di categoria deve diventare un’abitudine … “green”.

 

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