SOMMARIO

1. Posizione del tema2. La legge n. 86 del 20193. Le perplessità del Comitato Olimpico Internazionale (C.I.O.)4. Il decreto legge n. 5 del 29 gennaio 2021 – a) Il personale – b) I fondi – c) Gli impianti – 5. Considerazioni conclusive

1. Posizione del tema

Il decreto legge varato dal Consiglio dei Ministri il 26 gennaio 2021, ultimo atto del Governo Conte bis prima delle dimissioni, ha dato vita ad una normativa transitoria, finalizzata a restituire la necessaria autonomia e centralità del Comitato Olimpico Nazionale Italiano e, ad un tempo, a tranquillizzare il C.I.O. circa l’indipendenza del CONI dalla politica.

Il decreto legge approvato restituisce al CONI il controllo del personale che, fino ad oggi, dipendeva dalla società pubblica Sport e Salute, la quale, nel tempo, ha sostituito la società CONI Servizi, creata con la legge n. 178 del 2002, quale struttura di supporto all’ente pubblico CONI.

Come è noto, con l’articolo 1 del decreto legislativo n. 242 del 1999, al CONI è stata assegnata “personalità giuridica di diritto pubblico”, mentre le singole federazioni ad esso associate “hanno natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato” (art. 15, comma 2).

Al fine di consentire al Comitato Olimpico una maggiore celerità di movimenti ed evitare gli eccessivi vincoli dei procedimenti amministrativi, che mal si adattano alla velocità decisionale, che la materia dello Sport impone, si dette vita (nel 2002), ad una società di servizi, di natura privata, la “CONI Servizi” con il solo compito di rendere più fluida l’azione del CONI, sia per ciò che concerne l’organizzazione di eventi sportivi, che per quanto riguarda i rapporti con il personale. Quest’ultimo venne trasferito in blocco, nel luglio 2002, alla società di diritto privato, per essere poi, in parte, messo a disposizione del CONI, perché se ne avvalesse.

Tale stato di cose ha funzionato fino alla estate del 2018, quando furono mutati nome e funzioni alla società CONI Servizi dando vita ad un soggetto giuridico totalmente nuovo e lontano dall’assolvere la funzione strumentale della CONI Servizi: “la Sport e Salute” S.p.A.

Poiché la semplice mutazione del nome non era sufficiente ad incidere sul portato della normativa dettata dalla L. 178 del 2002, con la legge di bilancio per il 2019 (L. 145/2018) l’opera fu completata con una ampia definizione delle mansioni della Sport e salute.  Anche il trasferimento di fondi, in precedenza operato dallo Stato direttamente al CONI e solo successivamente, dall’Ente pubblico, alle Federazioni, fu sostituito, con i commi 629 e 630 dell’articolo 1 della legge n. 145/2018, da un passaggio di fondi diretto alla società Sport e Salute e da questa al CONI, in misura minima (40 milioni di euro) ed alle singole federazioni e discipline associate per 360 milioni di euro.

In tal modo, si determinava la perdita del controllo economico del CONI sulle federazioni e le discipline sportive associate, che ricevevano, secondo criteri non chiaramente espressi dalla normativa e non in base ai loro meriti sportivi, le rimesse pubbliche.

Avendo perso anche il controllo del personale, il Comitato Olimpico, dalla mutazione di assetto e finalità della società nata come supporto all’azione del CONI, è uscito dalle modifiche apportate gravemente limitato nella sua azione e nella sua indipendenza.

2. La legge n. 86 del 2019

Per comprendere pienamente tale mutato assetto è necessario svolgere un’analisi ricognitiva delle norme che hanno dettato il nuovo assetto dell’ordinamento sportivo.

La bandiera olimpica

L’otto agosto del 2019 è stata emanata la legge n. 86, con tale normativa sono state date all’Esecutivo alcune deleghe finalizzate a razionalizzare l’ordinamento sportivo, in particolare era stata prevista la definizione degli ambiti dell’attività del CONI, delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate, degli enti di promozione sportiva, dei gruppi sportivi militari e dei corpi civili dello Stato, nonché delle associazioni benemerite, coerentemente con quanto stabilito dall’articolo 1, comma 630 della legge del 30 dicembre 2018 n. 145.

Veniva raccomandato, al legislatore delegato, di «confermare, in coerenza con quanto disposto dalla carta olimpica la missione del CONI di incoraggiare e divulgare i principi ed i valori dell’olimpismo, in armonia con l’ordinamento sportivo internazionale» (art. 1, comma 1, lettera E).

I successivi articoli, della legge in esame, contenevano ulteriori deleghe relative alla riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché del rapporto di lavoro sportivo (art. 5). Delega ulteriore è stata data in materia di rapporti di rappresentanza degli atleti e delle società sportive e di accesso all’esercizio della professione di agente sportivo (art. 6).

Altro conferimento di delega è inerente il riordino e la riforma delle norme di sicurezza per la costruzione e l’esercizio di impianti sportivi (art. 7). Una successiva delega è relativa alla semplificazione di adempimenti degli organismi sportivi (art. 8). Infine, veniva conferita al Governo la delega in materia di sicurezza nell’esercizio delle discipline sportive invernali (art. 9).

Come è facile rilevare il nucleo centrale della riforma dell’Ordinamento sportivo, alla luce di quanto sin qui ricostruito, poggiava sulla corretta individuazione delle competenze del CONI e della società pubblica “Sport e Salute”. Invero, come ricordato in precedenza, quest’ultima a seguito del dettato del comma 630 dell’art. 1 della legge di bilancio per il 2019, ha totalmente mutato la propria missione societaria divenendo soggetto chiamato ad occuparsi, così come il Comitato olimpico, della diffusione dello sport e della gestione degli impianti sportivi, nonché delle vicende collegate alla utilizzazione, nel contesto sportivo, dei centri scolastici (art. 2 della legge n. 86 del 2019).

La mancata individuazione delle specifiche competenze del CONI e della società Sport e Salute, in assenza di un puntuale disegno, regolante i reciproci confini, ha ingenerato non poche sovrapposizioni tra le due strutture individuate dal legislatore, limitando l’azione di entrambe.

Tale stato di cose si è, ulteriormente, complicato a causa del ricordato trasferimento diretto di denaro dall’Esecutivo alla società Sport e Salute e da questa alle singole federazioni e discipline sportive associate. Invero, in base alla ripartizione prevista dalla legge di bilancio per il 2019, le risorse trasmesse al CONI finivano per consentire allo stesso la mera gestione degli eventi Olimpici (invernali ed estivi), ma non certo di coltivare la effettiva vocazione del Comitato Olimpico: quella di promuovere l’agonismo sportivo nel Paese.

La confusione dei ruoli era anche ingenerata dalla circostanza che le due strutture (CONI e Sport e Salute SpA) hanno la medesima collocazione all’interno del palazzo “H”, da sempre sede del Comitato olimpico e con esso immedesimata.

Atlete in gara Foto di Thomas Wolter da Pixabay

Ci si augurava che con l’espletamento della delega, contenuta nella lettera E del primo comma dell’art. 1 della legge n. 86 dell’8 agosto 2019, venissero chiarite le competenze dei due enti evitando, in tal modo la confusione dei ruoli. La dottrina, in più circostanze, aveva suggerito di assegnare al CONI la funzione di presiedere allo sport agonistico, attraverso il controllo delle federazioni, nonché quello da esercitarsi sugli enti di promozione sportiva e sulle discipline sportive associate; lasciando, invece, alla società Sport e Salute la gestione della divulgazione sportiva di carattere amatoriale, con finalità terapeutiche ed educative. Veniva anche suggerito di distinguere le localizzazioni dei due diversi enti, preposti alla diffusione dello sport, onde evitare le confusioni di ruolo che si sono create a partire dall’estate 2018.

Tuttavia, la delega finalizzata al riordino della struttura della organizzazione sportiva, non è stata espletata dall’Esecutivo, a causa delle non poche perplessità suscitate dalla bozza predisposta. Dunque, nel novembre del 2020, è stata varata la regolamentazione finalizzata all’espletamento delle altre deleghe, ma è venuta meno quella, di natura portante, che avrebbe consentito di risolvere la “diarchia” che nel settore sportivo si era andata realizzando, a seguito della mutata missione della società CONI Servizi.

3. Le perplessità del Comitato Olimpico Internazionale (C.I.O.)

A seguito dello stato di cose che si è determinato a partire dall’estate del 2018, ed a causa del mancato espletamento della delega relativa alla corretta individuazione delle competenze del CONI e della società Sport e Salute, si sono manifestate, ad opera del C.I.O., organismo internazionale che costituisce fonte primaria in materia sportiva, non poche perplessità circa la effettiva autonomia del CONI che non aveva personale e strutture proprie. Inoltre, il CONI in base alla legge finanziaria per il 2019 riceve dallo Stato, rimesse economiche assai limitate, che sono state ridotte, dalla normativa in parola, al 10% di quanto precedentemente stanziato, per la gestione dello sport agonistico, risorse evidentemente insufficienti all’espletamento dei compiti del Comitato olimpico italiano.

“Il C.I.O. a Losanna nel 2017” – Foto dello European Olympic Committee (EOC)

Tali circostanze avevano lasciato supporre al Comitato internazionale che potesse dubitarsi dell’autonomia dello sport rispetto alla politica. Autonomia che costituisce, da sempre, l’essenza di ogni manifestazione sportiva, a partire dalle Olimpiadi dell’antica Grecia, che determinavano il cessare di ogni contesa e/o guerra in atto quando, ogni quattro anni, si celebravano i giochi nella città di Olimpia, sancendo, in tal modo, la primazia dello sport rispetto agli interessi delle città – stato greche.

Le perplessità del C.I.O. erano tali da aver fatto ritenere, all’Organismo internazionale, che in mancanza di una chiara autonomia del CONI dalla politica, gli atleti partecipanti alle Olimpiadi, non avrebbero potuto rappresentare l’Italia con inno e bandiera, ma solo partecipare ai giochi a titolo personale, come era già accaduto, ad esempio, agli atleti russi nel corso delle Olimpiadi di Rio de Janeiro del 2016.

Inoltre, il sospetto di mancanza di indipendenza del CONI poteva porre a rischio anche il perfezionamento dell’assegnazione delle Olimpiadi invernali del 2026 alle città di Milano e Cortina, che poteva essere revocata o ricevere risorse molto più limitate di quelle inizialmente stanziate.

4. Il decreto legge n. 5 del 29 gennaio 2021

Al fine di rassicurare il C.I.O. e sgombrare il campo dalle perplessità da questo sollevate il 26 gennaio 2021, cioè il giorno precedente alla riunione del Comitato Internazionale Olimpico, è stato varato con estrema urgenza, un decreto legge di quattro articoli (decreto poi pubblicato il successivo 29 gennaio).

a)  Il personale

Il primo dei quattro articoli, di cui si compone il decreto legge pur rubricato: “organizzazione e funzionamento del Comitato olimpico nazionale italiano”, ha la finalità di restituire al CONI la sua forza lavoro per poter esercitare, in maniera autonoma, la propria attività, ma (tradendo la propria intestazione) non si occupa affatto della organizzazione del CONI, che resta regolata dal Decreto legislativo n. 242 del 1999, continuando ad operare il confuso stato di cose determinatosi con la legge di bilancio per il 2019.

Gare di atletica – Foto di sebo106 da Pixabay

È certamente rilevante ed importante che il CONI sia stato messo in condizione di avere una propria pianta organica ed un personale direttamente dipendente da tale Ente e non utilizzato, con un precario regime di avvalimento (rectius: comando). Tuttavia, questo non appare sufficiente ad incidere, in maniera rilevante, sulla organizzazione del Comitato olimpico.

A ben vedere il numero assai ristretto dei “trasferiti” al CONI, nonché la facoltà di opzione, contenuta nel secondo comma dell’articolo 1, da esercitarsi nei sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto legge rendono aleatorio il nuovo assetto. Del resto anche il limitatissimo numero dei dirigenti, restituiti al Comitato olimpico italiano, dieci, in base al dettato del primo comma, rende difficoltosa la capacità di assolvimento del CONI alle proprie funzioni, se si considera il decentramento territoriale dell’Ente, con l’impossibilità di avere un dirigente per ogni regione.

Inoltre, al fine di consentire l’esercizio dell’opzione e l’espletamento dei nuovi concorsi per il completamento della pianta organica (quale?) sarà necessario dotare, nell’immediato, il CONI di un ufficio per il personale, attualmente inesistente. All’istituzione di tale ufficio non sarà facile provvedere con il personale in comando provvisorio, come ricorda il comma quinto dell’articolo 1, né appare logico che a tale attività sia preposto l’ufficio risorse umane della Sport e Salute, come sembra far ritenere l’ultimo comma dell’articolo 1 del decreto legge n. 5 del 29 gennaio 2021.

b) I Fondi

Al fine di consentire al CONI di esercitare, in piena autonomia, la sua funzione il secondo articolo del decreto legge in esame, opera un ulteriore trasferimento di fondi in suo favore, per far fronte agli oneri derivanti dal pagamento del personale, di cinque milioni di euro (comma 1). Inoltre, vengono trasferiti (rectius: restituiti al CONI) alcuni impianti sportivi necessari all’esercizio delle attività del Comitato Olimpico (comma 4 dell’articolo 2).

La ulteriore rimessa di fondi in favore del Comitato olimpico, non integra, come ricorda l’articolo 3 del decreto n. 5/2021 “nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”, ma costituisce solo una partita di giro che opera limitando i fondi alla società Sport e Salute ed accrescendo il trasferimento in favore del CONI, portandolo, dunque (comma uno, dell’articolo 2), da quaranta a quarantacinque milioni di euro.

Conseguentemente, sono stati abrogati i commi 1,8 e 11 dell’articolo 8 della legge istitutiva della “Coni servizi” che, come detto, consentiva al CONI “per l’espletamento dei suoi compiti” di avvalersi dell’opera strumentale della società di servizi (comma secondo dell’articolo 2).

Mentre le abrogazioni dei commi 8 e 11 sono rese necessarie dalla materia del decreto e non suscitano particolari rilievi, se non ciò che si dirà circa gli impianti in relazione al comma undicesimo, invece più preoccupante è l’abrogazione del primo comma dell’articolo 8.

Infatti, non appare chiaro se con l’abrogazione del primo comma possa dubitarsi che, per il futuro, siano venute meno le attività degli organi periferici del CONI, poiché l’abrogazione non si limita alla sola ultima parte del comma, ma lo travolge completamente.

Tuttavia, tale preoccupazione può ritenersi fugata dalla circostanza che gli organismi periferici, del Comitato olimpico italiano, sono previsti dal terzo comma dell’articolo 2 del decreto legislativo n. 242 del 1999, non attinto da alcuna abrogazione.

c) Gli impianti

Stadio Olimpico a Roma – Foto di Liam McKay su Unsplash

Il quarto comma dell’articolo 2, del decreto legge n. 5 del 2021, afferma «ai fini del perseguimento delle finalità istituzionali del CONI, ad esso sono trasferiti i beni individuati nell’allegato A», inoltre, con un successivo allegato B sono stati individuati dei beni che il CONI potrà utilizzare in comune con la Sport e salute e con l’Università del Foro Italico.

In virtù di quanto stabilito vengono restituiti al CONI solo gli impianti di Formia e Tirrenia, nonché quello di Roma, intitolato a Giulio Onesti, quest’ultimo con alcune gravose inclusioni e servitù in favore della Società Sport e Salute. Inoltre, è stata attribuita al CONI una palazzina, situata nel Parco del Foro Italico, sede di alcuni uffici del Comitato.

Anche l’individuazione di questi tre impianti, attesa la necessità del CONI di far crescere lo sport agonistico ad ogni livello, lascia perplessi e con ogni probabilità non consente al Comitato Olimpico di adempiere alla sua missione nei confronti di tutte le discipline sportive. Nulla si dice degli altri impianti a partire da quelli destinati al tennis ed nuoto, interni al parco del Foro Italico. Essi saranno destinati alle varie federazioni, oppure andranno ancora gestiti da Sport e Salute? Su questo la normativa emergenziale, contenuta nel decreto legge, non consente alcuna valutazione, né ipotesi.

5. Considerazioni conclusive

Il decreto legge n. 5/2021 se ha l’indubbio merito di aver sopito la perplessità del Comitato Internazionale Olimpico e di aver fugato il rischio che gli atleti italiani dovessero partecipare ai giochi olimpici di Tokyo senza inno e bandiera, non restituisce affatto al CONI la possibilità di occuparsi della promozione dello sport agonistico, non solo nella imminenza delle Olimpiadi (estive ed invernali), ma anche per promuovere la crescita, di tutte le federazioni e discipline sportive associate, in ogni momento della vita degli atleti.

Per far ciò è necessario avere le idee chiare sulla ripartizione delle competenze tra il Comitato Olimpico Italiano e la società pubblica “Sport e Salute”, solo così sarà possibile, per il futuro, rimuovere gli ostacoli che hanno, nell’ultimo biennio, paralizzato la crescita dell’intero sistema sportivo italiano.

La società Sport e Salute, quando è stata mutata da struttura di servizio del CONI, nell’idea dell’Esecutivo, che ne ha determinato la mutazione genetica, doveva occuparsi – come suggerisce il nuovo nome – dello sport con vocazione educativa e terapeutica, quindi tutto ciò che non è agonismo, spazio questo certamente rimasto privo di attenzione, forse per l’originario scarso spazio dedicato dai nostri Padri costituenti al “sistema sport”.

Anche l’attenzione alla costruzione degli impianti sportivi deve rientrare nello spazio di competenza della società pubblica. Mentre la gestione degli impianti dovrà essere legata alla misura della loro destinazione d’uso da parte del CONI e delle federazioni.

L’attenzione agli impianti presuppone la trasformazione delle funzioni e delle finalità dell’Istituto di credito sportivo che deve, più incisivamente, promuovere la costruzione di nuovi impianti ed il recupero e la ricostruzione di quelli già esistenti. Al riguardo non è tollerabile che strutture, che costituiscono il patrimonio storico e culturale del Paese, vengano lasciate nel degrado.

Tutto ciò che integra, invece, la crescita e la promozione dello sport agonistico deve essere affidato, in modo chiaro e senza equivoci, al CONI.

Appare evidente che lo sport agonistico non è solo l’organizzazione della spedizione da inviare alle olimpiadi, ma molto di più va fatto al fine di creare le condizioni per individuare, far crescere e promuovere gli atleti che al termine di un lungo e complesso percorso saranno in grado di partecipare alle olimpiadi.

Per fare questo sarà anche necessario ripensare alla distribuzione delle risorse ed ai rapporti tra CONI e federazioni.

In questo contesto dovrà trovare spazio anche la crescita scientifica e la ricerca. Pertanto, il ruolo dell’unica università statale monotematica, quella del Foro Italico, dovrà essere enfatizzato e valorizzato, circostanza questa al momento totalmente disattesa.

Invero, l’Università oggi considerata solo un mero occupante di alcuni palazzi del parco del Foro Italico, dovrà, per il futuro, essere messa in condizione di divenire il luogo propulsivo della crescita del valore medico, culturale, economico e giuridico dello sport. I suoi esperti dovranno essere chiamati a collaborare alla stesura delle leggi che riguardano lo sport in un contesto di recupero della piena dignità costituzionale del sistema sportivo italiano.

In questo quadro anche il Ministero dello Sport non dovrà più essere un mero dipartimento della Presidenza del Consiglio, senza capacità di spesa, ma considerando l’importanza, in termini di prodotto interno lordo (P.I.L.), del sistema sport per il nostro Paese, dovrà essere elevato a Ministero con capacità di spesa (con portafoglio) e dignità propria.

In conclusione, se il decreto n. 5/2021 ha avuto il merito, certo, di aver sopito le perplessità del C.I.O. e salvato l’onore sportivo del Paese, esso non costituisce la risoluzione dei problemi dell’identità del CONI e della società Sport e Salute, ma rappresenta solo il punto di partenza per riprendere il discorso, oggi interrotto, della organizzazione dello sport in Italia.

Tale obiettivo dovrà realizzarsi, partendo dalla legge di conversione del decreto n. 5 del 2021, che dovrà essere modificata in maniera rilevante per poter essere funzionale alla crescita del sistema sportivo italiano, attraverso un corretto ed armonico sistema di competenze tra CONI, società Sport e Salute ed Università del Foro Italico.

 

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