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Firmato l’Accordo di Programma per il recupero e la valorizzazione dell’area. Dopo un’attesa durata molti anni, è stata finalmente firmata nella Centrale Idrodinamica l’intesa tra il Comune di Trieste, la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e l’Autorità di Sistema portuale del mare Adriatico orientale per il recupero e la valorizzazione di una grande area sul fronte mare, una delle più vaste d’Europa. Ci riferiamo al Porto Vecchio di Trieste, organizzato da Maria Teresa d’Austria per farne lo sbocco al mare dell’Impero Austro-Ungarico, elemento propulsore e centro vitale dell’economia di quest’ultimo. L’area è stata dichiarata Porto Franco dopo la Seconda Guerra Mondiale ed è rimasta largamente inutilizzata e chiusa al pubblico per decenni — come una città nella città, vagamente somigliante alla Città Proibita di Pechino —, nonostante il suo enorme potenziale.

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È importante porre l’accento sull’evento considerato, perché è comunemente ritenuto tra gli amministratori, gli organi d’informazione e la gente comune, che sia un passo avanti di fondamentale importanza. Il riutilizzo del Porto Vecchio è infatti un intervento in grado di dischiudere grandi prospettive di crescita e sviluppo non solo per Trieste ma per tutto il Friuli Venezia Giulia, una città e una regione che sono naturalmente vocate per i contatti e gli scambi a livello internazionale.

Va dato atto ai firmatari dell’Accordo di avere gettato le basi del futuro di Trieste nonostante la pandemia in corso, a riprova del convincimento delle forze politiche di maggioranza e del management dell’Autorità di Sistema d’iniziare un percorso che guarda al di là di quest’ultima; un atto di fiducia nella ripresa, una dimostrazione della volontà politica di fare di quest’ultima un’occasione di crescita e sviluppo. Resta tuttavia il rimpianto per il tanto tempo perso in sterili discussioni e polemiche.

Il nuovo Porto Vecchio sarà il quarto borgo del centro di Trieste, dopo il Teresiano, il Giuseppino e il Franceschino, tutti d’imperial memoria, quale risultato dell’applicazione in concreto d’una variante al Piano Regolatore recentemente approvata. Le modifiche al Piano prevedono il recupero, la ristrutturazione e la nuova destinazione d’uso dei molti, grandi magazzini che insistono nell’area — vincolati dai Beni Culturali in considerazione del loro alto valore storico e architettonico —, in armonia con il centro abitato.

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Vi saranno ricavati abitazioni, negozi, alberghi, servizi direzionali (con particolare attenzione a quelli digitali) e parcheggi, con una linea fronte mare destinata alla natura, al turismo nautico e alla crocieristica, ma anche un polo culturale e congressuale, nonché un’area destinata allo sport, al verde pubblico e agli spettacoli all’aperto, con la possibilità di realizzare anche una cabinovia per collegare il Porto Vecchio al bordo del ciglione carsico (il Carso è l’altopiano calcareo che si estende a ridosso della città a un’altezza tra 200 e 500 metri sul livello del mare).

L’Accordo di programma prevede la costituzione entro sessanta giorni di un Consorzio con compiti di pianificazione e di marketing internazionale. Questo si chiamerà Ursus, acronimo di Urban Sustainable System. In pratica, dovrà gestire le operazioni di alienazione e concessione dei magazzini. A tale scopo dovrà approvare entro il 31 dicembre di ogni anno un piano di valorizzazione operativo. Dovrà inoltre perseguire l’obiettivo della massimizzazione delle risorse economiche da destinare all’Autorità di Sistema Portuale per gli interventi d’infrastrutturazione del Porto Nuovo e delle aree alle quali sono stati trasferiti i vincoli della normativa del Porto Franco.

Ed è già partito il totonomine, per quanto riguarda l’individuazione del direttore e degli altri dirigenti del Consorzio.

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