Non risultano, a mia conoscenza, opere sistematiche di Silvio Berlusconi sulle relazioni internazionali in generale né sulla politica estera italiana. La sua azione esterna somiglia all’azione interna, un misto di buone intenzioni. Non quindi una visione organica quanto un inseguire gli eventi cercando di piegarli verso l’interesse nazionale se non personale.

L’atlantismo è la bussola. Non può sorprendere che il suo americanismo sia a tutta prova in termini ideali. Fa pendant alla crociata anti-comunista che predica nella costante campagna elettorale, noncurante che i comunisti italiani abbiano conosciuto la diaspora e rinunciato al nome originario a favore di sigle botaniche (Ulivo) e zoologiche (Asinello).

Silvio Berlusconi con George W. Bush al quartier generale NATO a Bruxelles il 22/02/2005 – Foto pubblico dominio da wikipedia.org

Il suo istintivo favor per la causa americana è evidente quando schiera l’Italia nella coalizione dei volenterosi che accompagna gli Stati Uniti nella Seconda Guerra del Golfo. Non vi è una posizione comune europea, Francia e Germania si astengono dal partecipare, altri stati membri lo fanno. È il caso del Portogallo del Premier Barroso, che diverrà Presidente della Commissione, è il caso dell’Italia del Presidente Berlusconi. L’avventura irachena costa sacrifici al paese in termini umani e finanziari, guadagna al leader la gratitudine e l’amicizia del Presidente George W. Bush: sentimenti che sono confermati nelle dichiarazioni da lui rilasciate in morte di Berlusconi. Il suo feeling va ai Repubblicani, li accomuna l’ovvio anti-comunismo nonché il liberismo in economia, fra cui spicca la ripulsa di principio per l’imposizione fiscale. Con i Presidenti democratici il rapporto è di cortesia, con qualche scivolata di gusto quando incontra la First Lady Michelle Obama o quando qualifica Barack di “abbronzato”. Il bagaglio di battute rientra nel personaggio e nel suo desiderio di piacere e compiacere.

Prende le distanze, quando non è più al potere, dalla campagna di Russia condotta dagli Stati Uniti per interposta Ucraina. La sua visione traspare dalle dichiarazioni che è costretto a lesinare per non rompere la parvenza di unità nazionale attorno a Kiev. Qui entra in gioco l’altro pilastro della sua strategia: l’amicizia con la Russia basata sul rapporto personale con il leader del Cremlino e con l’interesse commerciale.

La Germania fa da battistrada nell’entente cordiale, il gasdotto North Stream 2 ne è la plastica rappresentazione, l’Italia non può essere da meno. La convenienza di certe società operanti in campo energetico e la convenienza generale coincidono. Avere idrocarburi a prezzo calmierato e con facilità di trasporto è manifestamente un affare.

Gli Americani e alcuni europei non la vedono alla stessa maniera. Il battage contro il gasdotto è insistente, si ottiene la disattivazione nel mezzo della guerra per fugare qualsiasi velleità “terzista” da parte di Germania e, in subordine, Italia. I due paesi devono cercare altrove le forniture necessarie.

Berlusconi e Putin a Pratica di Mare il 28 maggio 2002 — Foto da wikipedia.org – CC BY-SA 4.0

Che sul conflitto Berlusconi abbia una visione diversa dal pensiero dominante è conclamato. Lo esprime attraverso frasi subito oggetto di interpretazione a cura dei suoi stessi sodali: ad evitare equivoci con l’alleato americano. La sua visione filo-russa traspare lo stesso. Ne è prova l’omaggio commosso che gli rendono le televisioni russe e l’epitaffio di Vladimir Putin. Il Presidente russo ricorda, senza citarlo, il cosiddetto Spirito di Pratica di Mare. Nel 2002 la stretta di mano fra Putin e Bush officiata da Berlusconi è fra le immagini più diffuse del tocco magico del Cavaliere. Qualcuno si spinge a definire l’accordo NATO-Russia come la vera fine della guerra fredda, a undici anni di distanza dal collasso dell’Unione Sovietica. La conseguenza ultima della perestrojka di Mikhail Gorbacev. È comprensibile perciò che venti anni dopo, con l’aggressione all’Ucraina e con lo scontro per procura fra NATO e Russia, Berlusconi si senta deluso dagli eventi e dalla reazione occidentale. Michele Santoro confida di avere ricevuto una lunga telefonata dall’ospedale con la preoccupazione del leader, oramai allo stremo, per l’inadeguatezza della politica italiana riguardo alle conseguenze del conflitto: esiziali per l’Italia e per l’intera Europa. Una posizione, la sua, non isolata anche se minoritaria rispetto all’esigenza di sostenere la resistenza ucraina.

Nella scia del pragmatismo è l’approccio alla Turchia di Erdogan. Quando alcuni dirigenti europei hanno difficoltà a trattare con Ankara, Berlusconi si pone volentieri da messaggero. E questo grazie alla familiarità con il Presidente. Il fronte conservatore, che sia americano o europeo, lo vede parte attiva.

La sua visione europeistica rientra in quella del Partito Popolare cui aderisce Forza Italia. Si colloca nella corrente principale determinata dalla Democrazia Cristiana tedesca e da Angela Merkel. Se si eccettuano certe frasi sopra le righe, il suo rapporto con la Cancelliera è sostanzialmente buono: per un’Europa del fare, inteso come benefici commerciali, senza voli federalisti.

Grande è perciò lo sconcerto quando l’Italia è destinataria della lettera Trichet-Draghi del 2011. Il messaggio mette in mora la politica finanziaria del Governo e ne prefigura la fine.

Problematico è il rapporto con la Francia. Brucia il sorriso ironico di Sarkozy in conferenza stampa, pesa ancor più l’obbligata solidarietà al duo franco-britannico nell’attacco alla Libia di Qaddafi. L’operazione, ammantata di scopi umanitari, si rivela alla distanza la condanna della Libia all’instabilità ed all’Italia ad essere ricettacolo di migliaia di migranti.

È persino banale concludere questa scarna rassegna dicendo che siamo di fronte ad un personaggio complesso e non solo per i tratti caratteriali descritti da chi lo conosceva bene. La sua visione di politica estera può stare in quella che egli usava chiamare “la politica del fare”.

Foto di apertura: Silvio Berlusconi nello Studio Ovale della Casa Bianca il 17/06/2009 con il Presidente degli Stati Uniti d’America Barack Obama– Foto pubblico dominio da wikipedia.org