a cura di

Rodolfo Ruocco

Il giornale per ricchi

Ci sono le auto per ricchi, forse ci saranno i giornali per ricchi. Soldi e buona qualità dell’informazione. In molti pensano a questa ricetta per rilanciare la stampa in crisi. Qualcuno, come Ben Smith, invece punta su una formula molto più ardita: quotidiani cari, informazione di qualità ma destinata alle élite della società, non al ceto medio e ai lettori popolari.

Benjamin Eli Smith, più semplicemente Ben, classe 1976, giornalista americano di talento, fa diventare oro tutto quello che tocca. Ha due pallini in testa: gli articoli di politica e le innovazioni nell’editoria. Ha contribuito a fare la fortuna di giornali online come ‘Politico’ e ‘Buzzfeed’. Poi ha fatto centro anche al ‘New York Times’, storico quotidiano di carta, salvato e rilanciato grazie a grandi investimenti nella qualità delle notizie e nella versione digitale. Ben Smith all’inizio di gennaio ha annunciato di voler dare vita, in tandem con Justin Smith, a un nuovo giornale destinato a una fascia alta di lettori, «di educazione universitaria e di lingua inglese».

L’informazione soffre una profonda crisi in Italia come negli Stati Uniti: i quotidiani e le riviste vendono sempre meno copie, molti hanno chiuso, i giornalisti restano disoccupati. Alcune risposte alla crisi, però, sono arrivate. Una risposta è arrivata “dall’alto”: due miliardari hanno comprato il ‘Washington Post’ (Jeff Bezos proprietario di Amazon) e il “New York Times’ (una cospicua quota è del messicano Carlos Slim). Hanno effettuato massici investimenti sulla qualità del prodotto e nelle versioni online delle testate così i due più prestigiosi quotidiani americani sono rifioriti aumentando lettori e producendo utili. L’altra soluzione è arrivata “dal basso”. Alcuni giornali locali sull’orlo del fallimento sono tornati a “tirare” grazie alla creazione di fondazioni-editori, composte da giornalisti e da lettori.

I  giornali per ricchi, invece,  non sarebbero una buona soluzione, non risolverebbero il problema della stampa in crisi. Emergerebbe inoltre un nuovo classismo, una informazione su tre livelli: 1) quella con notizie dubbie o false su Internet (ma gratis); 2) quella di qualità scadente dei giornali popolari (a 1-2 euro); 3) quella di qualità delle testate per le élite (a 4-5 euro). La salute della democrazia di un paese si misura sull’uguaglianza sociale e sulla qualità della stampa. Il termometro già ora segna la febbre alta sia per le disuguaglianze e sia per i giornali.

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