Foto di Gerd Altmann da Pixabay

La Trasformazione Digitale spinta dalle emergenze della pandemia sarà un elemento centrale nel ridisegno dei nostri rapporti di cittadinanza. Le nuove Tecnologie, in particolare l’Intelligenza Artificiale e la blockchain, possono costituire l’acceleratore principale per acquisire nuove forme di esercizio dei diritti di cittadinanza, per ogni cittadino, come fruitore dei servizi pubblici di amministrazione, sanità e giustizia ad esempio.  Ma in che direzione? Con quali effetti ed implicazioni? Chi ne definisce il percorso? Svilupperemo, in questa sezione del TUTTI Europa 2030, questo tema da diversi punti di vista: quello della definitiva emancipazione o piuttosto della discriminazione del cittadino, e quello degli impatti nazionali dei Regolamenti Europei in materia.

 

Il Cittadino Emancipato.

A metà degli anni ’70 un libro dell’editore Garzanti si intitolava “Il Caso Italiano”. Autorevoli studiosi, economisti e sociologi non solo italiani, dedicavano la loro attenzione alle peculiarità dello sviluppo del nostro Paese, mettendone in luce con un titolo emblematico gli aspetti che ne caratterizzavano un profilo peculiare nello scenario delle economie occidentali ad una generazione dal secondo dopoguerra.

Se lo si rilegge con il filtro del tempo trascorso, tutte le nostre contraddizioni sono ancora lì, quasi che il tratto antropologico che ci contraddistingue fosse ancora la cifra che ci condiziona e che ha limitato il nostro sviluppo nei decenni successivi facendoci perdere, come si evince dalle ultime analisi, il 18,4% di peso del nostro PIL nell’Eurozona negli ultimi vent’anni.

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Nel 1988 il filosofo Salvatore Veca ed il sociologo Francesco Alberoni pubblicavano “L’altruismo e la morale”, un libro in cui tracciavano l’incontro di passione e ragione nelle scelte morali applicando l’analisi al caso italiano ed arrivando alla conclusione che siamo un paese che non è costruito per dare accesso al cittadino “chiunque”. Nella Cultura, come nella Sanità e nella Giustizia, il nostro modello sociale sarebbe costruito sulla relazione, sul fatto che «chi vuole raggiungere un malato, parlare con un medico, deve trovare all’interno dell’ospedale un amico che lo accompagni nella giungla dei regolamenti e nei corridoi. Ciascuno fa qualcosa per qualcun altro, ma non per tutti». A chi non è capitato in un ospedale, in un tribunale, in un ufficio ministeriale? Tralasciamo l’analisi delle cause di questa caratteristica, che gli autori ascrivono alle differenze tra le cultura di origine cattolica e mediterranea verso le radici protestanti del Nord Europa, e applichiamo questa lente alle conseguenze sul rapporto tra cittadino e Pubblica Amministrazione. Se l’arma migliore per combattere il “capitalismo di relazione” – che è il tratto speculare dell’uso economico delle risorse, privilegiato ad uso di circoli di prossimità – è la concorrenza, che cosa accade quando l’obiettivo della comunità di uno Stato moderno è quello di garantire accesso e parità di trattamento nell’esercizio dei diritti civili e nell’accesso ai servizi da parte di un cittadino “chiunque”?

Qualche risposta oggi viene dalla tecnologia e proveremo a spiegare perché.

È ormai materia di pubblica discussione – anche al centro delle discussioni e recriminazioni che hanno portato al recente cambio di Governo – il ruolo che le risorse del PNRR a fronte dell’approccio del Recovery Fund di matrice europea possano avere nella trasformazione digitale e nel conseguente rilancio delle prospettive economiche del nostro Paese. Ma questo non accade senza una parallela trasformazione di alcuni tratti caratteristici della nostra organizzazione sociale tra i quali quello dell’accesso e dell’utilizzo dei servizi erogati dalla PA – come prima evidenza di questa auspicata trasformazione che impatta e coinvolge in misura preponderante proprio l’apparato pubblico delle amministrazioni centrali e periferiche – cambiano la natura del patto di servizio con le strutture pubbliche. Se la “relazione” è l’elemento che può permettere o discriminare l’esercizio di un diritto di cittadinanza economica, proprio in rapporto a questa dimensione assume un peso straordinario la pervasività della risorsa digitale non solo nella organizzazione del servizio, a migliorarne l’efficienza, ma anche la fruizione del medesimo caratterizzata dalla trasparenza, dalla tracciabilità, dalla difficoltà di manipolazione. E questo diventa l’antitesi del privilegio della relazione sia per quanto riguarda la facoltà di accedere che l’equità del trattamento.

Non esiste una dottrina che definisca questo aspetto come “citizen empowerment” pur se nell’ambito della Sanità, come ha ben riportato in una intervista di questa rivista  Vincenzo Fortunato, il “patient empowerment” viene ormai comunemente descritto come un cambio di prospettiva. La distribuzione del peso delle attività, che vanno dalla analisi clinica, alla diagnosi ed alla terapia, cambia e si riposiziona attraverso un ruolo attivo e consapevole delle persone, supportate da una catena di sensori digitali e da una facoltà aumentata di discernere e prevenire le patologie sulla base di un apparato informativo sempre più ricco e facilmente disponibile di cui si può garantire digitalmente l’integrità e la sicurezza.

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Trasferire su un paziente assistito dalla tecnologia sicura e affidabile alcune fasi di questo trattamento non è sottrarre contenuto e valore alla competenza medica, sia dal punto di vista diagnostico che clinico-terapeutico, ma è invece semplificare e ridurre i costi e garantire equivalenza di opportunità e tempestività di intervento. È vero che il cittadino assume più responsabilità, a fronte di maggiore autonomia e minore impatto sulla sua vita personale, ma nel frattempo la struttura sanitaria si predispone ad assisterlo anche da remoto e ad intervenire tempestivamente se necessario. In questo caso efficacia e neutralità delle procedure di prenotazione, facilità di accesso ai servizi ed ai dati, condivisione e tracciabilità degli eventi clinici,  riduzione dei tempi inattivi, feedback trasparenti sul servizio ricevuto sono tutti elementi che, oltre ad utilizzare meglio le risorse comuni, non possono prestarsi ad altra discriminazione che sia quella che nasce dall’ignoranza delle opportunità disponibili (dal lato del cittadino) o alla cattiva organizzazione delle risorse o peggio alla resistenza e incompetenza (da parte delle strutture pubbliche). E l’esempio della Sanità si può facilmente traslare in altri settori.

Il mercato del “digital trust” offre servizi crescenti in questa direzione in quanto, come è apparso già evidente lo scorso anno con l’impennata delle identità digitali considerate una conditio sine qua non per l’accesso ad alcuni istituti di tutela sociale – come il reddito di cittadinanza – esso ormai rappresenta il trend che cambia la natura del patto associativo e comunitario della cittadinanza inserito e trascritto in regole trasparenti e garantite dallo Stato nelle sue norme fondamentali.

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Un altro ingrediente sarà certamente costituito dall’impatto del Decreto Semplificazioni, convertito in legge nel febbraio 2019, che già definisce il valore legale dei dati nella cosiddetta blockchain la cui caratteristica è proprio quella di garantire un dato senza intermediari, come tecnologia che «può definire un quadro di trasparenza, ridurre la corruzione, rilevare l’evasione fiscale, consentire la tracciabilità dei pagamenti illeciti, agevolare le politiche antiriciclaggio e individuare l’appropriazione indebita di beni», in quanto memorizza tutte le transazioni in blocchi connessi tra loro in ordine cronologico al fine di garantire dei dati sicuri e integri. Questo approccio parte già dal “Codice dell’Amministrazione Digitale” che valida un documento elettronico in forma scritta quando il firmatario lo firma utilizzando una firma elettronica qualificata, ma anche una firma elettronica avanzata, previa identificazione informatica del suo autore, in modo tale da garantire la sua sicurezza, integrità e immodificabilità e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità alla persona.

Quale impatto avrà questa semplice norma sul rapporto dei cittadini con la PA e quali conseguenze in termini di semplificazione effettiva nell’esercizio di un diritto o nell’assoggettamento ad un dovere, con la certezza di conformità e non eccepibilità del proprio comportamento? Cosa potrà accadere anche nella riduzione dei contenziosi per effetto di elementi probatori incontrovertibili generati dalla tecnologia? Quale spazio rimane alle potenziali contraffazioni di atti non intercettate da controlli ispettivi di moli enormi di dati cartacei, come avveniva – e non avverrà più grazie all’adozione di una applicazione satellitare sicura – nelle richieste di rimborso dei fondi europei per l’agricoltura? Quale impatto per la riduzione delle occasioni corruttive derivanti dalla catena di transazioni amministrative? È indubbio che non appare comparabile l’effetto di qualunque altra Grande Riforma che si sarebbe resa necessaria per ottenere lo stesso effetto di certe iniezioni mirate di tecnologia digitale. Immaginiamone alcuni effetti e tra questi il più banale, il potenziale risparmio ed il rispetto del tempo del cittadino. Non solo il risparmio, ma anche l’organizzazione del tempo ne beneficia, anche perché il tempo, ammesso che valga ugualmente per ogni cittadino, costa ad ognuno un prezzo diverso in relazione agli impegni lavorativi ed ai supporti di cui beneficiare, ad esempio, tramite altri membri famiglia. E questo carico di lavoro burocratico per l’accesso ai servizi pubblici –  per una risposta sempre insufficiente alla domanda sociale – è spesso un onere che grava sulle donne, aggiungendo un ulteriore elemento di discriminazione della cittadinanza.

Un altro aspetto rilevante è la tracciabilità. Perché un cittadino, che è anche nel frattempo consumatore che ha preso dimestichezza con il livello di servizio fornito dai privati, dovrebbe accontentarsi di informazioni scarse e di difficile accesso, mentre il mercato dei servizi in concorrenza permette di conoscere in ogni momento a che punto è e in che orario arriva al suo domicilio, ad esempio, la spedizione che sta aspettando?

È solo questione di tempo, ma certamente il presupposto della fiducia digitale ci porterà lungo la strada incontro al cittadino “chiunque” per il quale però possono presentarsi altre forme di rischio e di discriminazione

(continua)

Foto di apertura  di Venita Oberholster da Pixabay