La crisi provocata dalla pandemia da COVID ha condotto i paesi membri dell’Unione europea ad uno slancio di solidarietà tra di loro, in particolare in materia economica, adottando misure che vanno nella direzione di una maggiore integrazione e verso la costruzione di una nuova sovranità comune.
In particolare il piano di rilancio delle economie europee, il Next Generation EU (NGEU) con una dotazione di circa 750 miliardi di Euro da reperire in parte sui mercati a nome dell’UE, di cui tra l’altro l’Italia è il maggiore beneficiario.
Ma queste misure restano incomplete e sbilanciate perché riguardano solo un aspetto del bilancio comunitario e non riguardano il lato delle entrate del bilancio UE.
Infatti per l’Unione europea l’imposizione resta un esercizio indiretto e frammentato, tra complicati trasferimenti dagli Stati membri di percentuali dei dazi doganali, dei prelievi sull’IVA, sulle tasse sulle emissioni di carbonio o anche sui rifiuti di imballaggi in plastica.
Anche questi tipi di prelievi sono in continua evoluzione ed esiste già una tabella di marcia che stabilisce ulteriori passi avanti nel contesto del quadro finanziario pluriannuale 2021/2027, il tradizionale piano settennale di programmazione di bilancio dell’UE.
Queste tappe prevedono entro il luglio 2022 un “nuovo meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera, un prelievo sul digitale e una revisione del sistema di scambio delle quote di emissioni ETS”, mentre entro il giugno 2024 sono previste delle proposte per ulteriori risorse proprie che potrebbero includere un’imposta sulle transazioni finanziarie e un contributo finanziario da parte del settore societario oppure una nuova base imponibile comune per l’imposta sulle società.
In ogni caso gli obiettivi di queste evoluzioni sono state chiaramente riassunti in una recente risoluzione del Parlamento europeo e dovrebbero servire a “raccogliere entrate sufficienti per rimborsare la componente di sovvenzione del Next Generation EU, rimanere collegate alle politiche e agli obiettivi dell’UE, quali la lotta ai cambiamenti climatici, l’economia circolare e “Un’Europa pronta per l’era digitale”, oltre a contribuire a una tassazione equa e al rafforzamento della lotta contro la frode e l’evasione fiscali”.
Malgrado tutto questo, allo stato attuale la fiscalità europea resta comunque soggetto ad un meccanismo “indiretto” in cui i cittadini non contribuiscono direttamente versando tasse all’Unione europea, per il suo funzionamento, le sue strutture e soprattutto i numerosissimi programmi – basti pensare ai fondi strutturali – che stanziavano ingenti quantità di denaro distribuite in tutta Europa già ben prima del grande piano di rilancio post COVID.
Ma oggi la situazione è cambiata e, con la prospettiva dell’arrivo dei lauti contributi da parte dell’UE per il rilancio economico, tutti gli Stati membri hanno ormai ratificato la “decisione sulle risorse proprie” lo strumento giuridico che consente tra l’altro alla Commissione europea di ricorrere ai mercati finanziari per reperire i fondi necessari al NGEU e stabilisce il calendario per le prossime tappe in materia di bilancio.
Il primo test sul mercato ha avuto molto successo, con una domanda superiore all’offerta e un rendimento elevato, a dimostrazione del fatto che i mercati considerano positivamente questa iniziativa, e nei prossimi anni la Commissione UE continuerà ad essere uno dei più importanti emettitori di titoli pubblici ad alto rating, rappresentando così un fattore di stabilizzazione dei mercati finanziari, oltre a rafforzare il ruolo internazionale della valuta europea.
Malgrado questi successi sul piano finanziario, la strada verso una vera fiscalità europea, fatta di imposte dirette e comuni è ancora tutta in salita, e stenta a decollare anche la riflessione su come rendere più equilibrato il bilancio europeo anche dal lato delle entrate.
Alcuni segnali incoraggianti vengono per esempio dal recente dibattito a livello internazionale, in sede di G20 e di OSCE su una tassa globale sulle multinazionali, che potrebbero nei prossimi mesi portare ad una proposta di una equivalente tassa europea.
Ma già si sa che le opposizioni saranno molto dure in particolare da parte dei soliti paladini del sovranismo oltre che da parte di quegli Stati le cui economie si basano proprio sulla concorrenza fiscale.
Il primo mito da sfatare sarebbe comunque quello secondo il quale una imposizione diretta da parte dell’Unione europea potrebbe rappresentare un ulteriore aggravio per i cittadini, se si aggiungesse alle imposte, in alcuni casi già molto onerose, a livello nazionale.
Naturalmente questo fatto non è per niente scontato, in quanto le imposte europee potrebbero sostituire in parte i trasferimenti degli Stati verso l’UE, e addirittura riequilibrare i trasferimenti dagli Stati che lamentano di essere contributori netti.
Mentre in realtà una fiscalità europea contribuirebbe ad avvicinare i cittadini all’Unione europea, rendendo più evidente il rapporto tra i propri esborsi e i benefici ottenuti, contribuirebbe alla realizzazione di una vera democrazia, la cui rappresentatività è tradizionalmente basata anche sulle imposte.