Mentre l’attenzione internazionale era giustamente rivolta alle negoziazioni del COP26 a Glasgow e alla crisi migratoria tra Bielorussia e Polonia, il Servizio esterno dell’Unione Europea ha annunciato che a giorni pubblicherà la sua nuova strategia per la politica estera e la sicurezza, il cosiddetto “Strategic Compass”.
Interessante notare che nella stessa settimana di tale annuncio l’agenzia di stampa Bloomberg ha pubblicato presunte conversazioni tra funzionari statunitensi ed europei concernenti preoccupazioni riguardo una possibile massiccia operazione militare russa in territorio ucraino.
Questo segnala che il documento sarà pubblicato in un momento in cui il panorama internazionale si fa denso di sfide per l’Unione, non limitate ai suoi confini o meglio ai suoi mari. Alcuni contenuti del documento sono infatti già trapelati e sta facendo discutere la particolare l’attenzione dedicata alle acque dell’indo-pacifico in una chiara ottica di allineamento con gli interessi americani.
Le attuali dinamiche pacifiche costituiscono un altro polo di tensione che non può lasciare indifferente Bruxelles. Seppure geograficamente lontani, l’inasprirsi dei toni tra Washington e Pechino ci è politicamente nonché economicamente molto vicino. Oltre al fatto che i pilastri stessi dell’Unione affondano nel diritto internazionale, e quindi la sua difesa è elemento intrinseco della politica esterna europea, ulteriori inasprimenti delle contese sul mare cinese meridionale destabilizzerebbero flussi commerciali vitali per gli interessi europei.
Si pensi che solo a Taiwan, oggi al centro delle rivendicazioni cinesi per una possibile riunificazione, è concentrato il 52% della produzione globale di semiconduttori. Chiaramente, interruzioni anche momentanee del commercio di tali componenti avrebbero un impatto pesante sull’industria europea, soprattutto nel settore delle tecnologie avanzate e delle automotive. Ecco spiegati i primi tiepidi cenni di appoggio provenienti dalle istituzioni europee verso Taipei, tra i quali l’invio di una delegazione parlamentare, la pubblicazione un report sullo sviluppo dei rapporti reciproci e incontri tra funzionari europei e rappresentanti taiwanesi a Bruxelles.
In questo contesto si inserisce la nuova strategia UE che potrebbe segnare un punto di svolta per la politica di sicurezza e difesa europea per operazioni out-of-area, ossia in un teatro operazionale relativamente nuovo per l’Unione. Negli ultimi anni il servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) ha infatti sviluppato una forte componente navale che permette di condurre diverse missioni navali su mandato del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, tra le quali figurano le operazioni IRINI per implementare l’embargo di armi in Libia e Atalanta per fronteggiare la pirateria somala.
Quindi la possibilità che lo “strategic compass” sia una valida base per future iniziative per la libertà di navigazione (c.d. FONOP) in acque asiatiche potrebbe essere un salto di qualità dell’impegno europeo per la stabilizzazione internazionale, permettendo di rafforzare i legami sicuritari sia con i partner regionali del ASEAN sia con gli alleati statunitensi e probabilmente verrebbe percepita da Pechino come meno pervasiva delle sole iniziative statunitensi. Non bisogna dimenticare che diversi membri dell’Unione quali Francia e Germania sono già impegnati nel teatro pacifico, ma agire attraverso i meccanismi di coordinamento europeo permetterebbe di razionalizzare le risorse e incrementare la coesione in questo settore.
Alcuni analisti hanno però sottolineato che un’attenzione verso i mari orientali non deve distogliere lo sguardo europeo dai suoi interessi vitali ed in particolari quelli nel “mediterraneo allargato”. In questo contesto delle iniziative di basso profilo nel turbolento bacino del Mar Nero potrebbero rivelarsi utili per chiarire a Kiev l’appoggio incondizionato verso la sua integrità territoriale dopo la sospensione della missione di monitoraggio OSCE nella regione separatista del Donbass, di cui l’Unione era il principale sponsor. FONOPs europee in tale teatro marittimo potrebbero paradossalmente ridurre le tensioni con Mosca, dato che al momento operazioni simili sono condotte esclusivamente nel framework della NATO, suscitando aspre critiche da parte del ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov. Una tale iniziativa permetterebbe di rafforzare la ormai nota “Autonomia strategica”, a lungo reclamata dall’Unione europea, ma dovrebbe necessariamente inserirsi in un’ottica di interoperabilità con le strutture della NATO, che in termini di difesa, expertise e capacità operazionali sono particolarmente avanzate.
L’Italia avrebbe un importante ruolo da giocare quale ponte di collegamento per promuovere sinergie operative tra l’Allied Maritime Command della NATO e le competenti strutture della SEAE. Per questo sarebbe cruciale che le nostre istituzioni riuscissero efficacemente a promuovere un italiano di alto profilo come prossimo segretario generale dell’organizzazione atlantica.