Il Governo sta discutendo della tassazione dei cosiddetti extra profitti dei produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili.
La parola “extra profitti” ricorda Marx ed i suoi tristi e fallimentari epigoni sovietici e ora venezuelani, mentre si omette di dire che circa il 30% di questi presupposti extra profitti saranno in ogni caso incassati dal governo sotto forma di tasse sul reddito d’impresa. Ma guardiamo i fatti. Nel 2020, in piena pandemia, il prezzo della energia elettrica è precipitato raggiungendo, in alcuni momenti, valori prossimi allo zero nel centro nord del paese e zero al sud. Nessuno allora si preoccupò dei produttori di energia da fonti rinnovabili. Si disse che i produttori colpiti avrebbero potuto firmare accordi di vendita a prezzi bloccati e dunque chi avesse venduto sul mercato spot avrebbe giustamente subito le oscillazioni del mercato. La stessa logica sembra non valere più nel momento in cui i prezzi stanno ristorando quelli di un 2020 disastroso. Gli extra profitti verranno calcolati sui risultati disastrosi del 2020, aggiungendo danno al danno? Inoltre molti produttori, avendo venduto energia in forza di contratti di fornitura di lungo periodo, non hanno assolutamente goduto di alcun vantaggio.
I prezzi attuali dell’energia sono molto elevati. Questi prezzi sono tali perché il sistema Italia ha bloccato per anni la costruzione di una miriade di impianti eolici e fotovoltaici che, se realizzati, nei tempi dovuti avrebbero portato ad una maggiore offerta di corrente elettrica sul mercato, offerta tale da calmierare i prezzi. Inoltre andrebbe ricordato che il governo Renzi (nella persona di un ministro in carico a Forza Italia, che poi fu costretta alle dimissioni per i legami con esponenti di un noto oligopolista di stato operante nel settore energia), violando qualsiasi regola di rispetto contrattuale, unico caso in un paese occidentale, revocò i contratti di vendita di lungo periodo a prezzi fissi della energia prodotta. Se questi contratti fossero stati mantenuti oggi la corrente elettrica da fonte fotovoltaica costerebbe molto di meno (100 euro Megawatt).
Si consideri, inoltre, che nel frattempo diversi piccoli e medi produttori di energia elettrica fotovoltaica, messi in difficoltà finanziaria dall’agire del governo (cosa ben nota ex ante e ampiamente segnalata dalle associazioni di categoria) non sarebbero stati costretti a svendere i propri impianti a grandi gruppi che, guarda caso, erano pronti a rilevarli all’uscita del provvedimento governativo. Un bel modo di fare politica energetica di lungo periodo: si richiedono al mercato investimenti con prezzi programmati di lungo periodo, ma dopo che gli investimenti sono stati effettuati e si vede che funzionano, si revocano unilateralmente i contratti e si creano le condizioni affinché “big” del settore possano fare “shopping” a prezzi di saldo. Lo stato è socio dei due più importanti e ne incassa i dividendi.
Nessun giornale in questi giorni ha ricordato la decisione del governo Renzi ed i suoi nefasti effetti sia immediati che attuali. Meraviglia, inoltre, che è un governo presieduto da un uomo politico con esperienza europea possa valutare una tassazione di dubbia costituzionalità e che, se approvata, non farebbe altro che rendere ancora più difficile la transizione energetica. È difficile pensare che qualcuno possa investire in un paese incapace di politiche energetiche coerenti e che, alla bisogna, scarica tutti gli oneri sugli investitori (meglio se medio-piccoli e senza figure di nomina politica all’interno).
O forse non ci si deve meravigliare perché questo governo è sostenuto da quelle stesse forze politiche responsabili dell’ultimo quarto di secolo di governo. La decisione di non curare la manutenzione dei pozzi di metano in Adriatico è anch’essa politica ed è vecchia di ben oltre due anni: risultato non è possibile pompare subito più metano e quindi abbassare i costi di produzione dell’energia elettrica. I nostri dirimpettai Croati, nel frattempo, hanno pesantemente investito nell’estrazione del metano. Ma i nostri governi non avevano detto che il metano era parte interante della transizione energetica?
Forse ci si aspettava che la Russia, il Nord Africa o altri affidabilissimi e democraticissimi regimi ci avrebbero offerto, gentilmente, a buon mercato il metano?
Magari la palese amicizia tra alcuni politici italiani e Putin potrebbe aver avuto un qualche peso?
Se la discesa del prezzo della corrente elettrica è un obiettivo strutturale, allora è necessario sbloccare i progetti già esistenti di impianti eolici e fotovoltaici, cambiare le farraginose leggi che regolano gli investimenti in energie alternative, gestire con appropriate manutenzioni i pozzi di metano in Adriatico, sbloccare le nuove perforazioni e cercare partner più affidabili per la fornitura di gas naturale.
Per una classe politica mediocre, è più semplice e politicamente redditizio ai fini della usuale politica urlata da “social”, gridare contro gli odiosi speculatori che rendere conto al paese delle politiche energetiche tenute nell’ultimo quarto di secolo. Si tratta della stessa classe politica che ha condannato l’Italia a una crescita economica inferiore alla media UE per quasi un trentennio e che ora si esalta perché, per la prima volta, il PIL cresce più del resto d’Europa. Dimenticando, però, che nel 2020 il Pil era sceso più della media UE e che quindi il rimbalzo è probabilmente maggiore per questo motivo e non per cambiamenti strutturali che non ci sono stati.
L’Italia ha mancato e continua a mancare gli obiettivi UE di produzione di energia da fonti rinnovabili, obiettivi che se fossero stati raggiunti, oggi consentirebbero prezzi più stabili e bassi della energia elettrica. Se la tassazione sui cosiddetti extra profitti passerà gli investitori verranno scoraggiati e avremmo seriamente compromesso la possibilità rispettare gli obiettivi che il paese si è dato riguardo alla transizione energetica.
Ma potremmo, poi, consolarci rivangando il vecchio complotto demo, pluto, giudaico, massonico contro il Bel Paese e nel frattempo inebriarci del toto scommesse sulla figura del prossimo Presidente della Repubblica.