Nei primi anni del Novecento iniziò in Russia una vicenda che rappresenterà una delle più colossali truffe del secolo appena iniziato, coinvolgendo gran parte del mondo. Mi riferisco alla pubblicazione nel 1905 del piccolo libro “Protocolli dei Savi Anziani di Sion”, il più influente testo antisemita europeo, all’epoca riferito basarsi su documenti in possesso della polizia segreta zarista.
I Protocolli raccontano di una cospirazione rivelata nell’ambito di un’assemblea di anziani ebrei. Sono scritti in prima persona da un “grande vecchio”, che espone le strategie per una graduale presa del potere. In ventiquattro capitoli l’autore traccia le linee di un piano strategico per la conquista e il dominio del mondo. Con tutte le armi dell’intelligenza e dell’economia, inizialmente attraverso prestiti per la spesa pubblica, avvalendosi anche della diffusa corruzione degli amministratori e della negligenza dei gentili. Il racconto contiene una sorta di profezia della parabola della Russia, che cadrà negli anni successivi nelle mani dei bolscevichi, nei cui vertici si annovera una significativa presenza di dirigenti ebrei. Nella parte finale del volumetto si prospetta l’ampliamento del progetto risolutivo giudaico a tutto il mondo, con la costituzione dello Stato Ebraico Mondiale, guidato dal popolo eletto.
Il contesto storico in cui matura la pubblicazione è quello di una Russia che muove i primi passi verso l’industrializzazione. Emerge una classe di imprenditori industriali e finanziari, nella quale gli ebrei hanno un ruolo crescente, in antagonismo con la tradizionale aristocrazia nazionalista imperiale. È oggi riconosciuto che i Protocolli dei Savi Anziani di Sion non sono affatto riferibili alla polizia segreta imperiale, ma piuttosto ai circoli antisemiti e monarchici della Russia a cavallo dei due secoli.
Dopo la prima guerra mondiale, i Protocolli si diffusero in tutta Europa, con titoli adattati alle varie traduzioni. Significativo il titolo dell’edizione polacca: “Attenzione!! Leggi e passa, 1897-1920”, che oggi fa pensare al possibile inizio di un messaggio di rivelazioni da diffondere attraverso i social. I Protocolli approdarono negli Stati Uniti nel 1920, e l’industriale Henry Ford ne promosse la diffusione di mezzo milione di copie per mettere in guardia il paese dal pericolo della finanza internazionale giudaica. Nel frattempo varie inchieste portarono a crescenti dubbi circa l’attendibilità del contenuto, e infine un processo promosso dalla comunità ebraica svizzera alla metà degli anni trenta riconoscerà i Protocolli essere un falso assoluto, contenente anche più di un plagio di opere letterarie e satiriche precedenti. Ciò tuttavia contò poco ai fini della continuazione del loro utilizzo propagandistico. In particolare in Germania, dove la diffusione del testo, iniziata assai prima dell’ascesa di Hitler, si intensificò negli anni del Terzo Reich. E anche in Italia, per iniziativa di Giovanni Preziosi, che tradusse il testo e lo diffuse in varie edizioni. Può apparire non facile da credere che ancora oggi i Protocolli siano considerati un testo verosimile in non pochi contesti del mondo islamico arabo.
Ai Protocolli è dedicata una puntata del programma Passato e Presente di Rai Storia, condotta da Paolo Mieli e con il contributo di Ernesto Galli Della Loggia. Come tradizione del programma, alla fine della puntata vengono consigliati tre libri per approfondire il tema trattato. Riporto qui i tre titoli: I Falsi Protocolli di Sergio Romano, ed. Longanesi 2011, e i due volumi di Cesare G. De Michelis Il manoscritto inesistente, ed. Marsilio 2004, e Giudeofobia in Russia, ed. Bollati-Boringhieri 2001.
L’ormai secolare vicenda dei Protocolli dei Savi Anziani di Sion fa riflettere su come un riconosciuto falso possa aver favorito l’immane crimine dello sterminio degli ebrei. Ma la stessa vicenda fa anche riflettere su altre possibili e purtroppo attuali teorie del complotto. Sembra anzi che oggi vi sia nel mondo un humus ad esse alquanto favorevole. È forse la crescente complessità del mondo a dare spazio alla diffusione di svariate teorie del complotto, la cui forza è l’apparire semplicissime e (sempre apparentemente) spiegare tutto. Alcuni esempi relativi al nostro paese si leggono nel rapporto CENSIS dello scorso dicembre 2021. Impressionanti i dati da cui risulta che il 39,9% degli italiani ritiene che “Cultura e identità italiane spariranno, rimpiazzate da quelle degli immigrati, fatti arrivare dalle élite globaliste”, e che il 56,5% ritiene che “Esiste una casta mondiale di potenti che controlla tutto”.
L’attuale guerra in Ucraina e l’assedio di Kiev rischiano di riportare l’Europa ai decenni più drammatici del secolo scorso. C’è da chiedersi se non vi sia il rischio di ripetere errori del passato. E per esempio, c’è qualche analogia tra i circoli nazionalisti e monarchici russi che più di un secolo fa hanno prodotto i Protocolli e l’attuale gruppo di falchi alla corte di Putin? È in questi ambiti che si declinano i temi del complotto dell’occidente nei confronti di Mosca, dell’ampiamento troppo a Est della Nato, e della “banda di drogati e nazisti” che si afferma controllare l’Ucraina.
Sulle dichiarazioni di Putin e sulle reali motivazioni dell’aggressione all’Ucraina ho trovato illuminanti due editoriali a firma dei già citati (e credo sia un caso) Ernesto Galli Della Loggia e Paolo Mieli, e pubblicati sul Corriere della Sera, rispettivamente il 26 febbraio e il 28 febbraio.
Concludo con le ultime parole dell’articolo di Galli Della Loggia: “La storia della Nato è un puro pretesto. L’Ucraina attuale va spenta perché dà il cattivo esempio, perché Putin deve dimostrare alla sua opinione pubblica che l’unico destino possibile per la Russia è quello che lui incarna. Che dopo il comunismo la storia della Russia non prevede che possa esserci la libertà.”
Foto di apertura “Holocaust Memorial Berlin”, CC BY-NC-ND 2.0